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La Stampa Rassegna Stampa
05.05.2020 Arabia Saudita: Mohammed bin Salman progetta la città del futuro
Analisi di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 05 maggio 2020
Pagina: 18
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Taxi volanti, grattacieli e sangue. La città del futuro sul Mar Rosso che cancella la terra dei beduini»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/05/2020, a pag.18, con il titolo "Taxi volanti, grattacieli e sangue. La città del futuro sul Mar Rosso che cancella la terra dei beduini", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Saudi Vision 2030: US envoy praises the developments taking place ...

Quel giorno dell'ottobre 2017, al Ritz Carlton di Riad, c'erano Tony Blair, Christine Lagarde, e tutti i nomi del Gotha finanziario mondiale. Il principe ereditario Mohammed bin Salman lanciava la sua Vision 2030, il piano di trasformazione di un Paese più ambizioso della storia, investimenti da migliaia di miliardi per passare da un sonnolento Regno petrolifero a una società tecnologica e interconnessa, basata sul «petrolio della conoscenza». Già la presentazione, diretta dal creativo franco-marocchino Richard Attias, era uno spettacolo di luci, video e colonne sonore, con il suo clou nell'introduzione di Neom, la «città del futuro», una «start-up grande come una nazione». Il fiore all'occhiello e il progetto preferito dal nuovo uomo forte dell'Arabia Saudita. Una megalopoli da 500 miliardi di dollari, automatizzata, estesa su una superficie pari a quella del Piemonte, al confine con Egitto e Giordania, dove le aziende delle tecnologie all'avanguardia si sarebbero sposate con le spiagge immacolate in residenze e alberghi da sogno. Il principe ha un debole per il Mar Rosso, nella sua Vision 2030 ha inserito anche lo sviluppo delle isole Farasan, finora disabitate, un paradiso dalle acque cristalline. Mbs, come lo chiamano, predilige passare i weekend sulla costa, invece che nelle tende beduine in mezzo al deserto, dove di solito gli altri esponenti della famiglia reale, settemila principi in tutto, preferiscono rilassarsi nello stile di vita beduino, fra bicchierini di caffè al cardamomo e battute di caccia con il falco.

L'apertura al mondo L'erede al trono vede nella costa sul Mar Rosso, uno dei tratti di mare con meno insediamenti umani, la nuova frontiera del Regno, la sua apertura al mondo, invece della chiusura nella tradizione e nell'ortodossia religiosa. Anche il nome scelto per la città dei suoi sogni, da «neo», nuovo in greco, e «mustaqbal», futuro in arabo, serve a sottolinearlo. «È un'area vergine, dalla bellezza incredibile», aveva sottolineato il principe al Ritz Carlton, mentre i video mostravano taxi volanti, robot domestici per le pulizie di casa, parchi divertimento in stile Jurassic Park, con lucertolone automatizzate. Da quell'ottobre 2017 molte cose sono cambiate. Neom ha cominciato a prendere forma, lo scorso luglio è stato inaugurato il nuovo aeroporto, il primo al mondo a usare la rete 5G, strade e resort si espandono verso l'interno.

Il lato oscuro Il principe ha però perso parte del carisma, l'immagine da innovatore visionario. Le stanze dorate del Ritz Carlton, un mese dopo il lancio della Vision 2030, si sono trasformate in celle per 500 principi e uomini d'affari, riapparsi poi smagriti e segnati, dopo essere costretti a versare nelle casse dello stato 100 miliardi di dollari, destinati a finanziare le costosissime riforme. Nell'ottobre del 2018 l'assassinio del giornalista dissidente Jamal Khashoggi, ha gettato un'ombra ancora più sinistra sui suoi metodi di governo. Quest'anno Mbs ha scatenato una nuova purga e messo agli arresti tutti i possibili concorrenti all'ascesa al trono, compreso il fratello minore di suo padre, Re Salman, Ahmed bin Abdulaziz. La pandemia di coronavirus e il crollo del prezzo del greggio, meno 60 per cento dall'inizio dell'anno, hanno inferto un ulteriore colpo alle sue ambizioni.

La terra non è «vergine» Il principe è però determinato a portare avanti il progetto Neom, a tutti i costi. Solo che sulla sua strada si è trovato l'avversario che meno si aspettava. La «terra vergine» dove sorge la nuova città non è poi così «vergine», perché da millenni è abitata da una tribù beduina, gli Al-Huwaiti, abituati a muoversi in libertà oltre i confini con Egitto e Giordania e poco propensi a rinunciare alle loro tradizioni di vita nomade. Almeno tre villaggi sono destinati a essere demoliti per far posto alle nuove costruzioni. Le famiglie dovranno trasferirsi in altre città del Regno, dietro compensazioni in denaro, ma non ci stanno. Uno dei capi tribù, Abdul Rahim al-Huwaiti ha sfidato le autorità. In un video ha accusato la polizia di minacciarlo e di voler «piazzare armi a casa mia» in modo di avere la scusa per arrestarlo. Alla fine, il 13 aprile, le forze di sicurezza hanno fatto irruzione nella sua abitazione, nel villaggio di Khuraibat, e lo hanno ucciso. Gli Al-Huwaiti lo considerano un «martire» e sono decisi a continuare la battaglia. La tribù ha ramificazioni in tutto il Medio Oriente, come è tipico dei beduini, e anche in Europa. Da Londra sono emersi nuovi video di Abdul Rahim. Lo si vede affrontare le forze di sicurezza e denunciare: «Arrestano tutti quelli che di oppongono alle deportazioni. Non vogliamo i loro soldi, vogliamo restare nelle nostre case». I suoi famigliari denunciano «una esecuzione extra giudiziaria». Per Alia al-Huwaiti «lo hanno ucciso per dare un esempio, far capire che chiunque apra la bocca farà la stessa fine». A Mbs «non interessa nulla della tribù», che all'inizio «credeva in lui». Poi «ha deciso di svuotare i villaggi, costringere le persone a trasferirsi». Vuole costruire la sua città «sul nostro sangue». Per il gruppo in difesa dei diritti umani Al-Qst le autorità cercano adesso di «coprire» l'uccisione e hanno chiesto ai principali sceicchi della tribù di «rinnegare Abdul Rahim e confermare il loro giuramento di fedeltà al re». Non è un dettaglio da poco. Il Regno è sorto nel 1932 da un'alleanza fra sovrano, tribù e religiosi. La bayaa, il giuramento di fedeltà, è uno dei pilastri dello Stato.

Le compensazioni Anche il consiglio di amministrazione di Neom ha assicurato che le compensazioni per le famiglie «saranno generose, come è tradizione». Ma tutta la tribù resta sul piede di guerra. Gli Al-Huwaiti sono orgogliosi del loro passato di combattenti. Nel 1917 furono decisivi nella vittoria dei britannici guidati da Lawrence d'Arabia contro i turchi. Anche un secolo fa il futuro aveva fatto di colpo irruzione nelle loro vite. L'Impero ottomano aveva costruito la ferrovia Damasco-Medina, fra il 1900 e il 1908, e aveva prosciugato le vie carovaniere che attraverso il deserto e le oasi portavano i pellegrini nei Luoghi Santi. I cavalieri beduini avevano poi consumato la loro vendetta con azioni di guerriglia e sabotaggi contro la stessa ferrovia. Erano risaliti fino a Damasco, al fianco di Lawrence e dello Sceriffo della Mecca, Al-Hussein, fondatore della dinastia hashemita che regna ancora sulla Giordania. Gli Al-Huwaiti oggi vivono di turismo, specie nel Wadi Rum in Giordania, dove fanno da guide e gestiscono spartani resort nel deserto. Una visione in fondo romantica, la loro, che si scontra con la volontà modernizzatrice del principe.

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