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La Stampa Rassegna Stampa
16.04.2020 Coronavirus, 'aiuti' russi all'Italia: la realtà è ben diversa
Analisi di Jacopo Iacoboni, Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 16 aprile 2020
Pagina: 1
Autore: Jacopo Iacoboni, Paolo Mastrolilli
Titolo: «Nella spedizione dei russi in Italia il generale che negò i gas in Siria»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/43/2020 a pag.1-15 con il titolo "Nella spedizione dei russi in Italia il generale che negò i gas in Siria" il commento di Jacopo Iacoboni, Paolo Mastrolilli.

A destra:
Sergey Kikot

Rousseau, Jacopo Iacoboni:
Jacopo Iacoboni

Immagine correlata
Paolo Mastrolilli


Ai 104 militari russi impegnati a Bergamo nella missione concordata da Giuseppe Conte e Vladimir Putin si sono aggiunti fin dall'inizio 50 italiani dell'Unità specialistica dell'Esercito italiano, il settimo reggimento CBRN (chimica, biologica, radiologica, nucleare). Il comandante italiano è un tenente colonnello, Dario De Masi; il comandante del contingente russo è un generale, Sergey Kikot, e ha una storia importante alle spalle. Kikot è il vicecapo del reparto chimico e batteriologico della Russia, sottoposto direttamente al Ministero della Difesa russo (è il numero due di Igor Kirillov), ed è un esperto chimico al quale la Russia ha fatto ricorso in dossier di enorme rilevanza politica. Il più celebre è forse quello sull'uso delle armi chimiche sulla popolazione civile in Siria, a Douma, da parte di Bashar Assad. L'11 marzo del 2019, a L'Aja, toccò a Kikot sostenere la relazione dell'ambasciatore russo presso l'OPCW (l'Organismo per la prevenzione di armi chimiche e batteriologiche), Alexander Shulgin, che contestava tutte le accuse ad Assad e sosteneva che le prove dell'attacco chimico erano state "messe in scena". «La Federazione Russa continua a insistere sul fatto che l'incidente di Douma e le prove a sostegno siano stati falsificati», concluse Kikot la sua relazione. Sputnik annunciò che non vi erano tracce di organofosforo e altre sostanze chimiche. Kikot mise in dubbio anche le analisi balistiche e la conta delle vittime, 43, più 500 feriti, dell'attacco avvenuto il 7 aprile 2018, conta che definì irrealistica e incongruente. Non un medico qualunque Arriva insomma in Italia non un medico qualunque, ma un esperto chimico e batteriologico al quale la Russia ha affidato questioni di primaria rilevanza geopolitica per il Cremlino (il contro-dossier sulla Siria fu esposto all'OPCW in tandem, da Russia e Siria stessa), che hanno assai diviso la Russia dall'Unione europea e dalla comunità occidentale. Un'inchiesta indipendente commissionata dall'OPCW smontò poi quelle conclusioni russe, ma questa sarebbe un'altra storia. Di sicuro il curriculum di Kikot è ragguardevole e merita di essere conosciuto, il generale è stato per conto della Difesa, almeno dal 2009, nel board di società che si occupavano di produzione e riparazione di armi e di apparecchiature chimiche, radioattive e di protezione biologica. È un grande esperto nello smaltimento delle armi chimiche e nello stoccaggio di materiali pericolosi. Fonti della struttura Onu impegnata nelle ispezioni sugli attacchi chimici in Siria confermano a La Stampa di averlo incontrato, e spiegano che veniva considerato come un diretto emissario del Cremlino, inviato per mettere in pratica le direttive di Mosca al massimo livello. Il suo in sostanza non era un incarico tecnico, per il quale c'era personale di livello più basso, ma politico. Una fonte operativa vicina alla comunità dell'intelligence americana riferisce questo: «Ogni volta che il Cremlino manda personale ufficiale in una missione diplomatica, è una regola ferrea che ci sono operativi dell'intelligence tra di loro. In questo caso, la mia valutazione è che la vasta maggioranza del personale inviato in Italia siano membri del GRU, il servizio di intelligence militare. Non c'è alcun dubbio che la Russia abbia approfittato di questo invito per condurre attività di intelligence». La ricerca su Ebola Risultano interessanti anche altri profili, dei russi arrivati nella missione intitolata "Dalla Russia con amore". Il gruppo comprende anche il tenente colonnello Alexander Yumanov, il colonnello Alexei Smirnov, il tenente colonnello Gennady Eremin e il tenente colonnello Vyacheslav Kulish. Si tratta di ufficiali che hanno preso parte al progetto riguardante la ricerca sul vaccino per il virus Ebola, progetto che era in capo al 48esimo Central Research Institute e a Vector SE del ministero della difesa russo, la società che fin dai tempi dell'Unione sovietica era impegnata nello sviluppo di armi biologiche. Le comunicazioni ufficiali russe li presentano come membri dell'Accademia medica militare con sede a Kirov, anche se diverse tracce riportano poi al 48esimo Central Research Institute. Kirill Shamiev, un analista di cose militari non sospettabile di russofobia, ha scritto qualcosa su di loro: Eremin, colonnello, è esperto in guerra batteriologica e ha lavorato contro la febbre suina. Il colonnello Viacheslav Kulish è un esperto nello sviluppo di attrezzature protettive contro agenti biologici virali, ha lavorato anche lui nei programmi contro Ebola e la peste. Alexander Yumanov, ha lavorato in Guinea su Ebola. Il colonnello Alexej Smirnov, è epidemiologo esperto in prevenzione delle malattie infettive, e fu coinvolto nello sviluppo di vaccini contro Ebola. Quando i primi grandi aerei Ilyushin sono arrivati a Pratica di mare, i comandanti della missione russa hanno chiesto che fossero gli italiani a pagare le cospicue spese di volo e carburante degli aerei, con l'Italia che si è dunque trovata in una posizione geopolitica non paritaria, come invece avviene di solito nelle relazioni tra alleati. Abbiamo infine chiesto alla parte italiana di questa storia con quali passaporti i militari russi siano entrati sul suolo italiano. Non riuscendo ad avere risposta da fonti governative, ci è stato infine detto dal Copasir che sono «info classificate». Inusuale, per una missione umanitaria.

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