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La Stampa Rassegna Stampa
08.03.2020 Libano in bancarotta
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 08 marzo 2020
Pagina: 13
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Il premier si arrende: 'Il Paese è in bancarotta'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 08/03/2020, a pag.13, con il titolo "Il premier si arrende: 'Il Paese è in bancarotta' ", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Beirut

Il Libano è in bancarotta e non potrà ripagare l'enorme debito pubblico accumulato. La notizia era nell'aria da settimane ed è stata confermata ieri dal nuovo primo ministro Hassan Diab, in un discorso televisivo alla nazione. È la crisi più grave dal 1990, quando dopo 15 anni di guerra civile e 100 mila morti, il Paese dei Cedri era in macerie. Questa volta a crollare è stata l'economia basata sulla finanza, che pure aveva permesso il boom negli Anni Sessanta, e di nuovo nei Novanta, quando la ricostruzione, l'afflusso di capitali attirati dal segreto bancario, una flat tax al 19 per cento, e una rete di istituti di livello mondiale, avevano permesso la rinascita.


Il cambio insostenibile 
Il modello ha funzionato bene per anni, anche grazie al tasso fisso con il dollaro, a 1507 per un biglietto verde, ma ha cominciato a scricchiolare con la crisi mondiale e la guerra in Siria, che hanno avuto un impatto pesante. 
Alla fine il Libano è rimasto impiccato a un cambio non più sostenibile, tanto al mercato nero il dollaro è arrivato 2600 lire, e un deficit pubblico cronico, oltre il 10 per cento, che ha creato un debito pubblico valutato ormai nel 170 per cento del Pil. Domani scade una tranche da 1,2 miliardi di dollari e il governo non ha i soldi per rimborsarla. Il premier Diab ha dichiarato la sospensione del pagamento, in quanto le riserve in valuta forte sono «pericolosamente basse».


L'aiuto del Fmi

Il debito «è diventato troppo grande, il Libano non può più sostenerlo», ha continuato. Il Paese, grande come le Marche e con cinque milioni di abitanti, ha un Pil di cinquanta miliardi di dollari e adesso cercherà una ristrutturazione con l'aiuto dell'Fmi. Ieri si è svolta una missione «tecnica» per vedere come l'istituzione mondiale può sostenere le autorità. 
E' in vista una manovra lacrime e sangue, sul tipo di quella proposta lo scorso ottobre dal governo guidato da Saad Hariri, poi travolto dalla "saura", la rivoluzione libanese. 
Quattro mesi buttati da una classe politica corrotta, che si è arricchita mentre lo Stato affondava nei debiti. Il nuovo governo è espressione dell'alleanza fra Hezbollah, il partito-milizia vicino all'Iran, e i cristiani guidati dall'anziano presidente Michel Aoun. Adesso però avrà bisogno dell'aiuto americano. Incombono 31 miliardi di bond che il governo vuole "ristrutturare", ma in cambio dovrà dare segnali di credibilità.

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