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La Stampa Rassegna Stampa
14.02.2020 Iran: ecco il pericolo per la pace
Claudio Gallo intervista il dissidente Mostafa Tajzadeh

Testata: La Stampa
Data: 14 febbraio 2020
Pagina: 11
Autore: Claudio Gallo
Titolo: «Nave militare Usa sequestra missili fabbricati in Iran - 'I pasdaran vogliono il potere assoluto. I dissidenti resteranno in carcere'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/02/2020, a pag. 11, la breve "Nave militare Usa sequestra missili fabbricati in Iran"; con il titolo "I pasdaran vogliono il potere assoluto. I dissidenti resteranno in carcere", l'intervista di Claudio Gallo.

Ecco gli articoli:

"Nave militare Usa sequestra missili fabbricati in Iran"

Una nave da guerra della Marina degli Stati Uniti ha sequestrato armi ritenute di «progettazione e fabbricazione» iraniane, tra cui più di 150 missili anticarro e tre missili terra-aria. A riferirlo sono le forze armate statunitensi, salite a bordo di un'imbarcazione a vela nel Mar Arabico. «Le armi sequestrate includono 150 missili anticarro» chiamati Dehlavieh (Atgm), «che sono copie prodotte dall'Iran degli Atgm russi Kornet», dichiarano gli Usa. «Altre armi sequestrate a bordo dell'imbarcazione - continuano - erano di progettazione e fabbricazione iraniana e comprendevano tre missili terra-aria iraniani, cannocchiali iraniani per immagini termiche e componenti iraniani per velivoli senza pilota e navi di superficie». Intanto, il Senato americano ha approvato una risoluzione per limitare l'azione militare del presidente Trump contro l'Iran. Il testo, se confermato dalla Camera dei Rappresentanti, obbligherà il presidente a chiedere «dibattito e voto al Congresso», l'unico autorizzato a dichiarare guerra secondo la Costituzione, prima di «un attacco offensivo» contro la Repubblica islamica.

Claudio Gallo: "I pasdaran vogliono il potere assoluto. I dissidenti resteranno in carcere"

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Claudio Gallo

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Mostafa Tajzadeh

Mostafa Tajzadeh, 63 anni, è uno dei riformisti storici iraniani. Dai primi giorni dell'Onda verde ha pagato le sue scelte con sette anni a Evin, il famigerato carcere dei prigionieri politici, chiamato a Teheran «l'università dei dissidenti». Sessantatre anni, ex consigliere del primo presidente riformista Khatami, vice ministro, giornalista. È escluso dalla politica attiva, come Khatami a cui è impedito di parlare e i due leader del 2009, Mir Hussein Mousavi e Medhi Karroubi, ancora agli arresti domiciliari. Nel clima di intimidazione dei giornalisti e degli oppositori che circonda le imminenti elezioni politiche, accetta coraggiosamente di parlare nella sua casa ai piedi delle montagne innevate, nel Nordest della capitale.

Nell'Iran del dopo Soleimani, gli spazi di libertà si stanno restringendo ulteriormente. C'è una svolta iper-conservatrice?
«Sì, ma non credo che sia una causa diretta del martirio del generale Soleimani. La sua morte ha creato le condizioni ideali per una stretta ma era tutto già nei piani. Stanno preparando la successione alla Guida suprema Khamenei e vogliono tutto nelle loro mani, nessuna interferenza. Mai una guerra è stata più vicina e loro sfruttano la paura e le ansie della gente».

Il governo Rohani è pessimo come dice molta gente?
«Bisogna ringraziare Trump, è lui che ha minato il governo di Rohani e la fiducia della popolazione. Prima, circa l'80 per cento della gente era a favore dell'accordo nucleare, adesso si è scesi alla metà. L'America ci ha traditi, l'embargo ha danneggiato chi cercava una politica di conciliazione. Nel periodo di Obama eravamo pronti a discutere tutto, nonostante la Guida suprema fosse contraria. Ora i nostri oppositori dicono che abbiamo concesso troppo e non abbiamo ottenuto niente».

Dopo l'esclusione di molti riformisti dalle vicine elezioni che ne sarà del movimento, è destinato a sparire?
«Abbiamo visto periodi peggiori, nel secondo mandato di Ahmadinejad per esempio. Siamo sempre presenti nella società. Fino a qualche tempo fa ci zittivano chiudendo i nostri giornali, ma oggi i social media ci permettono di restare a contatto con la gente. Se i conservatori prenderanno il parlamento, vorrà dire che tra un anno tutto andrà peggio e anche i loro elettori se ne accorgeranno».

Avete individuato un candidato popolare per il voto presidenziale del prossimo anno, che si annuncia così importante?
«Ci abbiamo pensato, ma non posso fare nomi. In ogni caso è prematuro parlarne, vediamo che cosa succede adesso in parlamento».

Prevede un grande astensionismo?
«Credo di sì, nelle grandi città, molto meno nei piccoli centri».

Come uscire dal vicolo cieco dell'attuale politica iraniana?
«Non se ne esce senza un cambiamento sostanziale, serve una nuova politica estera in grado di fare cadere l'embargo».

Serviranno concessioni dolorose.
«No, penso piuttosto a un gioco win-win, dove tutti vincano qualcosa. Gli accordi che stanno facendo Iran, Turchia e Russia in Siria vanno in questa direzione. Anche gli americani potrebbero essere coinvolti, ottenendo la salvaguardia delle loro linee rosse. Dopo tutto, i problemi con Washington sono sostanzialmente tre. Il primo è il nucleare, su cui si può lavorare, tanto più che la Repubblica islamica è ufficialmente contraria alla Bomba atomica con un decreto religioso della Guida suprema. Il secondo è la geopolitica, ma, come è successo in passato, non è impossibile accordarsi su Siria, Yemen e Iraq. Infine i missili: credo che si potrebbe accettare, da entrambe le parti, la limitazione del loro raggio d'azione a 2 mila chilometri».

Saranno mai liberati i leader dell'Onda verde Mousavi e Karroubi agli arresti domiciliari da quasi undici anni?
«Non penso a breve termine. Recentemente tutti e due hanno espresso feroci critiche contro le autorità. Karroubi ha detto che la Guida suprema non è all'altezza del suo ruolo e Mousavi dopo anni di silenzio ha paragonato le uccisioni durante le proteste di due mesi fa alla strage compiuta dai soldati dello Shah in piazza Shohada, l'anno prima della Rivoluzione».

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