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La Stampa Rassegna Stampa
18.01.2020 Iran, Khamenei continua a aizzare all'odio: 'Americani pagliacci'
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 18 gennaio 2020
Pagina: 7
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Iran, torna Khamenei e sfida la piazza: 'Proteste pilotate dai pagliacci americani'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/01/2020, a pag.7, con il titolo "Iran, torna Khamenei e sfida la piazza: 'Proteste pilotate dai pagliacci americani' ", la cronaca di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Ali Khamenei prova a riprendere in mano la crisi che scuote la Repubblica islamica, a rovesciare la narrazione, e far rivivere i tempi «eroici» della rivoluzione, di un Iran solo contro tutti e capace di sopravvivere contro tutte le previsioni. Il sermone del venerdì alla grande moschea Imam Khomeini di Teheran arriva in un momento cruciale. Con l'economia in caduta libera, e le riserve di valuta forte che si stanno prosciugando, l'ayatollah affronta la battaglia più difficile nei suoi 31 anni come guida suprema. Parla al sermone del venerdì per la prima volta dal 2012 e lo fa in uno stile khomeinista, con un attacco a tutto campo contro gli Stati Uniti di Donald Trump, un «pagliaccio», contro la finta solidarietà con le vittime del Boeing abbattuto, una tragedia che in realtà «fa felici» gli avversari dell'Iran, le manifestazioni di protesta «manipolate» dall'estero. Per Khamenei non ci sono spazi per alcun negoziato, neppure con i Paesi europei, Germania, Francia, Gran Bretagna, colpevoli di aver fornito «armi chimiche» e aiuti di ogni tipo a Saddam Hussein.
È stato un inizio d'anno terribile. La guida suprema si affaccia sul minbar dopo che le tv hanno mostrato per ore l'enorme folla che si dirigeva verso la moschea e calpestava con diligenza le bandiere americane stese sul selciato, mentre qualcuno lanciava: «Morte all'America». L'esordio è dedicato a Qassem Soleimani, non un terrorista ma un «eroe nella lotta contro il terrorismo», ucciso in maniera codarda, e non sul campo di battaglia. Ma il raid dell'8 gennaio contro la base di Ayn al-Asad è stato «uno schiaffo in faccia all'America», un segno della «mano divina» e la fine della «invincibilità» statunitense, una «svolta storica» dalla quale il Grande Satana non si riprenderà. Concetti ribaditi anche in arabo oltre che in persiano, per l'audience nei Paesi vicini. Poi Khamenei passa alla politica interna. Gli americani sono «pagliacci che mentono - spiega - quando dicono di essere al fianco del popolo iraniano».


Ma il popolo iraniano non sono «poche centinaia di persone che stracciano i manifesti di Soleimani», sono i milioni che partecipano ai suoi funerali e che andranno a votare alle elezioni legislative di febbraio.
La guida suprema esprime poi il dolore per le vittime del Boeing ucraino. Accusa le potenze occidentali di voler sfruttare la tragedia per «distogliere l'attenzione» dall'uccisione di Soleimani: «Più ha rattristato noi, più loro sono contenti». Sono loro «i veri terroristi», mentre le forze Al-Quds dei Pasdaran sono «combattenti senza frontiere» che difendono «le nazioni oppresse della regione». Per questo non ci può essere dialogo, neppure con le nazioni europee. «Non ci si può fidare», anche perché in passato hanno aiutato Saddam e tutti gli accordi hanno portato soltanto «delusioni». Un attacco anche al fronte riformista guidato dal presidente Hassan Rohani, che nel 2015 aveva ottenuto l'accordo sul nucleare poi stracciato da Trump e ripudiato nei fatti anche da Teheran. Rohani si è fatto notare, alla preghiera, per essere andato via mentre la guida suprema continuava a dirigere la funzione. Un segno di nervosismo, mentre i suoi margini sono a quasi a zero, con l'economia in caduta di un altro 7% quest'anno e le riserve valutarie ridotte di un terzo in soli due anni, a 73 miliardi di dollari.

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