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La Stampa Rassegna Stampa
15.01.2020 Cibo di confine: il ristorante sulla frontiera Israele-Giordania
Commento di Fabiana Magrì

Testata: La Stampa
Data: 15 gennaio 2020
Pagina: 26
Autore: Fabiana Magrì
Titolo: «Cibo senza confini»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, a pag.26, con il titolo "Cibo senza confini" il commento di Fabiana Magrì.

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Fabiana Magrì

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Il ristorante Rutenberg a Gesher

Le finestre di vetro antiproiettile orientate a est, nella sala del ristorante Rutenberg, appartato sul confine tra Israele e Giordania, a Gesher, non si possono aprire. Sono un retaggio dell'attentato del 1997 in cui un soldato giordano uccise sette studentesse israeliane in gita all'Isola della pace di Naharayim, ad appena due chilometri da qui. Erano passati tre anni dagli accordi di pace tra Israele e Giordania e due dalla morte del primo ministro Yitzhak Rabin che, con Re Hussein, aveva firmato il patto. Due anni dopo morì anche il re hashemita e la cordialità tra i due Paesi cedette definitivamente il passo alla freddezza con cui oggi, dopo 25 anni, per una clausola non rinnovata l'enclave di Naharayim è tornata sotto il controllo giordano. 
Il ristorante Rutenberg era la stazione di quarantena per gli animali al valico di frontiera della ferrovia, il vecchio ponte ancora visibile vicino al recinto che separa Israele e Giordania. 
Chef e responsabile di sala
Porta il nome dell'ingegnere Pinhas Rutenberg, fondatore, negli Anni Trenta, della prima centrale idroelettrica della regione, di cui restano le rovine dove l'affluente Yarmouk sfocia nel fiume Giordano. «Siamo in un luogo unico, che per migliaia di anni è stato un incrocio di conoscenze e scambi», spiega Hila Ronen Sahar mentre accoglie gli ospiti. Alla tavola dello chef Yizhar Sahar e di sua moglie, esperta di vini e foraging, il confine tra i due Stati è un artificio della politica che non ha senso in cucina. «La nostra posizione ci consente di studiare strade inesplorate nella storia culinaria della regione. Quest'anno i rapporti tra i Paesi sono più tesi ma per diversi anni - racconta Ronen - siamo andati in Giordania per approfondire la conoscenza delle ricette e delle persone che vivono sull'altra sponda del fiume. Per questo motivo abbiamo sempre tanto da raccontare». 
Ogni settimana il menu gioca con i prodotti locali e con i piatti della tradizione, offrendo una miriade di stimoli. La cucina iper-locale è rielaborata con immaginazione dallo chef Sahar e raffinata dalla costante ricerca di Ronen. Come la filosofia nose-to-tail (dal naso alla coda, cioè la valorizzazione di ogni parte dell'animale), applicata a mucche e anatre che provengono da allevamenti di fiducia nella zona. O l'uso di erbe stagionali spontanee e le tecniche di fermentazione. Più che i singoli piatti, sempre in divenire, è il lungo elenco di prodotti (formaggi, miele, olio d'oliva, farine) e fornitori locali (allevatori, contadini, pescatori, birrifici e distillerie artigianali, piccole cantine, torrefazioni) a rivelare che ogni portata è espressione di un'intera comunità. Spesso, nella bella stagione, oltre il confine, a qualche decina di metri dal ristorante, qualche famiglia giordana si riunisce per un pin-nic sui prati. «Li consideriamo amici ormai - sorride Ronen -. Siamo così vicini che a volte riusciamo a comunicare, alzando un po' la voce». E di cosa parlate? «Di cibo, naturalmente».

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