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La Stampa Rassegna Stampa
15.12.2019 Il pioniere delle comunicazioni Andrew Viterbi tra Italia, Usa, Israele
Lo intervista Alain Elkann

Testata: La Stampa
Data: 15 dicembre 2019
Pagina: 26
Autore: Alain Elkann
Titolo: «'Viterbi: anche i robot diventeranno intellettuali'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/12/2019, a pag.26 con il titolo 'Viterbi: anche i robot diventeranno intellettuali' l'intervista a Andrew Viterbi di Alain Elkann.

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Alain Elkann

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Andrew Viterbi

Il pioniere delle comunicazioni Andrew Viterbi è un ingegnere elettrico e un uomo d'affari americano nato in Italia. Cofondatore di Qualcomm Inc., azienda che trasforma concetti teorici in mezzi pratici di comunicazione raggiungendo la maggior parte degli abitanti del pianeta, è famoso per l'algoritmo di Viterbi, che descrive modestamente come «un passo avanti nella produzione del modo più efficace per evitare errori nella trasmissione digitale».
Professor Viterbi, lei è nato a Bergamo nel 1935 ma nel 1939 è emigrato in America per le leggi razziali. La sua famiglia è arrivata a New York, poi ha vissuto a Boston e infine lei si è trasferito in California. Perché? «Ho studiato Ingegneria elettrica al Mit laureandomi nel 1957. Poi mi sono trasferito in California. All'epoca le principali aziende coinvolte nella corsa ai missili, che presto sarebbe diventata la corsa allo spazio, si trovavano sulla costa occidentale. Molte mi fecero un'offerta».
Come ha iniziato la carriera? «Le necessità economiche mi hanno portato a lavorare al Jet Propulsion Laboratory. Arrivando nel 1957, quattro mesi prima del lancio dello Sputnik, ho partecipato allo sviluppo del primo satellite statunitense e ai primi anni dell'esplorazione dello spazio. Nel 1962 ho preso il dottorato di ricerca alla University of Southern California. L'anno successivo ho ricevuto un'offerta come professore associato alla Ucla, dove sono poi diventato professore senior».
Nel 1967 la sua vita è cambiata quando ha scoperto l'algoritmo che prende il suo nome. Come è andata? «L'algoritmo è stato un passo avanti nella ricerca del modo più efficace per evitare errori nella trasmissione digitale. All'epoca l'industria delle telecomunicazioni non era preparata per la trasmissione digitale e favoriva la tradizionale tecnologia analogica impiegata nelle trasmissioni AM e poi FM. Gli argomenti contro il digitale erano il costo e la complessità. I primi sistemi di comunicazione digitale sono stati impiegati solo nella comunicazione satellitare e spaziale. Con la progressione esponenziale dell'elettronica a stato solido, secondo la Legge di Moore la complessità e i costi sono diminuiti al punto che ora dominano il mercato dell'elettronica di consumo. I maggiori utenti della tecnologia di comunicazione digitale sono le trasmissioni tv, il cellulare e internet».
Con Irwin Jacobs ha fondato prima Linkabit Corporation e poi Qualcomm Inc. nel 1985. In Qualcomm ha contribuito alla tecnologia CDMA usata nelle reti di telefonia cellulare e altrove. Cosa è successo? «All'inizio Qualcomm era un piccolo laboratorio di ricerca che ha sfidato i titani della comunicazione negli Usa, in Europa e Asia. Poi, negli Anni 90, le invenzioni che abbiamo brevettato sono diventate la base per i sistemi 3G. Poi è arrivato il 4G, introdotto da Flarion Technologies, uno spin-off Bell Labs che all'inizio è stato acquisito da Qualcomm».
Perché nel 2000 si è ritirato da Qualcomm e ha fondato il gruppo Viterbi? «Mi sono dato un termine, i 65 anni, che ha coinciso con l'inizio del nuovo millennio, per ritirarmi da un ruolo commerciale. Ma non ho rinunciato completamente ai miei interessi tecnologici, faccio consulenze per le società in cui ho anche investito e faccio parte dei cda di società grandi e piccole, comprese Motorola Mobility e Flarion prima della sua acquisizione».
Pensa che il progresso tecnologico cinese sia un pericolo per gli Usa e l'Occidente? «La Repubblica popolare cinese ha circa 5 volte la popolazione del Nord America. Si dice che in poco tempo la Cina abbia fondato un migliaio di college e università di studi tecnologici. Con una tale supremazia numerica, ci sarà una percentuale di persone intelligenti e capaci. Il problema sono le tradizioni culturali che non favoriscono individualità o originalità del pensiero. Anche la corruzione e la propensione all'affiliazione di classe e a partiti politici sono endemiche. Gli asiatici vivono in società chiuse, al contrario, gli americani accolgono gli stranieri e l'élite culturale e tecnica favorisce la meritocrazia a prescindere dall'origine. Questo è vero anche in tempi di esclusione politica degli immigrati, come avviene oggi».
L'America perderà il suo primato? «Non sono un economista, ma è evidente che le guerre commerciali indeboliranno le economie dei Paesi coinvolti, soprattutto Usa e Cina. La Cina però gode d i vantaggi ingiusti. Ad esempio il furto della proprietà intellettuale e il mancato rispetto della protezione dei brevetti. Il sostegno del governo attraverso finanziamenti e speciali regimi fiscali è un altro modo per giocare sporco, anche se non vale solo perla Cina».
Come pensa che i robot e l'intelligenza artificiale cambieranno la nostra vita? «I robot diventeranno sempre più versatili e sostituiranno sempre di più gli umani nei compiti ripetitivi. L'intelligenza artificiale e il machine learning, con i vantaggi dell'enorme memoria e dell'elaborazione veloce, metteranno alla prova anche quello che oggi è considerato lavoro intellettuale. Insieme, creeranno un problema per la società e forse favoriranno la tirannia sulla democrazia».
Vede un futuro per l'uomo oltre la Terra? «Sostenere la vita umana sulla Luna e ancora di più sui pianeti è uno sforzo difficile e costoso, che rende le missioni spaziali con equipaggio più impegnative di quelle senza pilota. No, non ci saranno colonie umane su altri pianeti, almeno durante la vita dei neonati di oggi, ma molto probabilmente ci saranno attrezzature per scopi scientifici e forse anche per lo sfruttamento delle risorse».
Lei è cittadino americano ma è molto legato alle sue radici ebraiche italiane e a Israele. «La mia adesione al giudaismo ha le sue radici nell'Olocausto e nelle Leggi razziali italiane del 1938, che hanno sradicato la vita dei miei genitori privandoli dei mezzi economici e del loro precedente status sociale. Inoltre, siamo rimasti affascinati dalla nascita di Israele, dalla sua ascesa dalle ceneri dell'Olocausto, dalla sua sopravvivenza e dal suo successo nonostante le forze schiaccianti determinate a distruggerlo. Sento un forte senso di identità ebraica. Per impartirlo a figli e nipoti, da adulto ho anche introdotto un certo grado di pratica religiosa, assente nella mia infanzia. La scoperta dell'esistenza di un'istituzione ebraica italiana a New York, intitolata alla memoria del mio straordinario cugino Primo Levi, ha finalmente riunito le mie due origini alla mia esperienza americana».

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