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La Stampa Rassegna Stampa
02.12.2019 Iraq: ancora scontri, oltre 400 i morti, via il premier
Cronaca di Francesca Paci

Testata: La Stampa
Data: 02 dicembre 2019
Pagina: 15
Autore: Francesca Paci
Titolo: «Il Parlamento accetta le dimissioni del premier»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/12/2019, a pag.15, con il titolo "Il Parlamento accetta le dimissioni del premier" l'analisi di Francesca Paci.

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Francesca Paci

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Alla fine, dopo due mesi di rivolte costate la vita a 400 persone, in una domenica segnata dalle parole allarmate del Papa per le violenza delle forze di sicurezza, il premier iracheno, lo sciita Adel Abdul Mahdi, si è dimesso: mentre gli scontri continuano a insanguinare Baghdad, Najaf e Bassora, i deputati, riuniti ieri in sessione d'emergenza, hanno recuperato così il mandato di Mahdi per assegnare al presidente, il curdo Barham Salih, il compito d'interpellare il maggior blocco parlamentare (quello filo-Iran in un Paese però a maggioranza sunnita) e nominare rapidamente il successore. L'Iraq entra adesso in una fase nuova, imprevedibile, l'esito niente affatto scontato delle proteste cominciate a inizio ottobre con migliaia e migliaia di cittadini in piazza per chiedere lavoro e denunciare insieme alla corruzione diffusa l'abbraccio mortale di Teheran. Le proteste, che hanno avuto diverse fasi ma si sono caratterizzate abbastanza velocemtene come una rivendicazione di autonomia rispetto al patron iraniano (esattamente come quelle diverse e simmetriche in corso in Libano), hanno avuto una brusca impennata quando è prevalsa l'impressione che nulla si sarebbe materializzato del rimpasto di governo e degli tagli agli stipendi degli alti ranghi vagheggiati con toni concilianti dal premier.

Le violenze di piazza La piazza è di per sé imprevedibile e al pari di quanto, mutatis mutandis, sta accadendo a Hong Kong, le richieste inizialmente circoscritte dei giovani disoccupati sono confluite in un movimento più grande che oggi mette in discussione l'intero establishment politico e che di fronte a una sfida diventata ormai all'ultimo sangue risponde colpo su colpo alla repressione (le forze di sicurezza usano proiettili veri), blocca le infrastrutture e i porti, raccoglie i feriti sul campo (se ne contano quasi 20 mila) e riparte. Mahdi, incaricato appena un anno fa sbandierando promesse di riforme economiche in realtà neppure accennate in questi mesi, ha resistito fino all'ultimo, forte (ma anche ostaggio) delle indicazioni del capo dei pasdaran Suleiman. Poi venerdì, dopo una giornata funestata da almeno 40 morti e il biasimo pubblico del grande ayatollah Ali al Sistani, una delle massime autorità sciite superiore in autorevolezza alla guida suprema dell'Iran Ali Khamenei, si è deciso al passo indietro compiuto di fatto nelle ore in cui Bergoglio dedicava l'Angelus domenicale al martoriato Iraq già menzionato un mese fa dal Pontefice e in testa alla sua lista dei Paesi da visitare. Anche le Nazioni Unite e l'America di Trump chiedono la settimane la fine della violenza e l'adozione di riforme pacificanti.

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