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La Stampa Rassegna Stampa
29.11.2019 Inghilterra, scontro Johnson-Corbyn mentre si avvicina il voto
Analisi di Bill Emmott

Testata: La Stampa
Data: 29 novembre 2019
Pagina: 13
Autore: Bill Emmott
Titolo: «Gaffes, accuse di antisemitismo e debolezza. Così Corbyn fa volare la Brexit di Johnson»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/11/2019, a pag.13, con il titolo "Gaffes, accuse di antisemitismo e debolezza. Così Corbyn fa volare la Brexit di Johnson" l'analisi di Bill Emmott.

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Bill Emmott

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Boris Johnson è considerato il primo ministro britannico meno affidabile a memoria d'uomo. Il suo indice di gradimento è sorprendentemente basso, considerando che è in carica solo da quattro mesi. Eppure, i sondaggi d'opinione sono unanimi nel prevedere che il partito conservatore, da lui rappresentato, vincerà con una netta maggioranza parlamentare le prossime elezioni generali del Regno Unito, il 12 dicembre. Pur scettici come tutti siamo riguardo ai sondaggi in questa era politicamente instabile, è tempo di iniziare ad anticipare le possibili conseguenze di una vittoria di Johnson. L'ultima prova dell'apparente forte vantaggio del leader Tory è arrivata con un sondaggio del 27 novembre condotto da YouGov, basato su dati nazionali dettagliati, che gli attribuisce un sorprendente vantaggio di 68 seggi, il più ampio mai ottenuto dal suo partito dal 1987. Quell'indagine si basava sulle stesse tecniche che, durante le ultime elezioni del 2017, avevano previsto con precisione il risultato finale. Il vantaggio di Johnson è la conseguenza di due opzioni vincenti correlate: in primo luogo, ha offerto agli elettori una proposta semplice e chiara («Realizziamo la Brexit»), mentre i suoi principali avversari sono apparsi ambigui o incomprensibili; in secondo luogo, Jeremy Corbyn, il leader laburista che alle elezioni del 2017 aveva impressionato tutti con la sua popolarità tra i giovani elettori, ora appare debole e indeciso. Magari Johnson non è così popolare, ma Corbyn piace ancora meno. Peggio ancora, Corbyn ha perso la sua precedente reputazione di idealismo e sincerità gestendo male una serie di scandali sul tema dell'antisemitismo all'interno del suo partito. Nel frattempo, la nuova leader pro-Ue del terzo partito, minoritario, i liberaldemocratici, Jo Swinson, è tuttora in gran parte sconosciuta alla maggior parte degli elettori. E l'estremista pro-Brexit, Nigel Farage, ha lasciato che Johnson si appropriasse del suo ascendente. Il voto pro-Ue è diviso, mentre il voto pro-Brexit è stato monopolizzato da Johnson. Che, grazie alla paura nei confronti di Corbyn, sembra persino attirare molti elettori conservatori pro-Ue. Mancano due settimane al voto, quindi le cose possono cambiare. Ma lo slancio che sta dietro ai conservatori di Johnson sembra così forte, che vale la pena pensare in anticipo a cosa significherebbe per lui una vittoria. Significherebbe, innanzitutto, che il nuovo parlamento di Westminster ratificherebbe al più presto l'accordo di recesso che Johnson ha concordato in ottobre con l'Ue. Dovrebbe comunque essere approvato anche dal Parlamento europeo, cosa che probabilmente si verificherà a gennaio. Ma, in ogni caso, il Regno Unito uscirebbe ufficialmente dall'Ue entro il 31 gennaio ed entrerebbe nel periodo di transizione concordato durante il quale non avrebbe deputati al Parlamento europeo, né commissari Ue e nessun voto in seno al Consiglio europeo, ma dovrebbe comunque rispettare tutte le leggi dell'Unione, comprese quelle nuove che sono state approvate nel corso dell'anno.

Le liberalizzazioni stile Trump Il periodo di transizione dovrebbe durare solo fino al 31 dicembre 2020, e questo significa appena 11 mesi per risolvere tutto il resto. Se il Regno Unito desidera prorogarlo, in base all'accordo di recesso è tenuto a presentare la sua richiesta entro il 1 ° luglio 2020. Pertanto, anche se in politica qualsiasi scadenza può essere rivista, ciò metterà sotto pressione il Regno Unito affinché raggiunga nel minor tempo possibile un nuovo accordo commerciale con l'Ue. La principale difficoltà nel farlo è stata creata dallo stesso primo ministro Johnson. Ha abbandonato l'impegno del suo predecessore a mantenere una «parità di condizioni» tra i regolamenti del Regno Unito e le norme dell'Ue per poter perseguire un programma di liberalizzazione in stile Trump. I settori che hanno esercitato maggiori pressioni per avere regole meno restrittive rispetto a quelle imposte dall'Ue includono le aziende agroalimentari che vogliono essere in grado di innovare più liberamente utilizzando l'ingegneria genetica e le aziende farmaceutiche che vogliono accelerare le sperimentazioni cliniche per i farmaci. L'accordo commerciale tra Regno Unito e Ue sarà il primo nella storia in cui due entità negoziali iniziano con le stesse condizioni e devono concordare su come gestire le future divergenze, anziché partire da regole diverse e negoziare poi un avvicinamento. Poiché l'entità della futura divergenza è per definizione ignota, non sarà facile progettare e concordare procedure e regole per governarla. Allo stesso tempo, è probabile che, dopo la vittoria, Johnson debba affrontare un violento contraccolpo nella travagliata provincia dell'Irlanda del Nord, che nell'accordo di recesso ha trattato come una zona economica speciale separata, con una nuova frontiera doganale tra l'Irlanda del Nord e il resto del Regno Unito. Avendo perso la leva parlamentare esercitata sul precedente governo conservatore, è probabile che gli unionisti nord-irlandesi passino alle manifestazioni di piazza e anche, si teme, alla violenza, per manifestare la loro opposizione all'accordo sulla Brexit di Johnson. Rispetto all'Irlanda del Nord, la pressione della Scozia per un secondo referendum sull'indipendenza (il primo è stato nel 2014) sarà più facile da gestire, poiché solo il Parlamento di Westminster ha il diritto di autorizzare tale voto. È paradossale: i sondaggi d'opinione mostrano una stabile maggioranza in favore della permanenza nella Ue, ma danno ai Conservatori un grande vantaggio elettorale. Eppure, oltre alle debolezze di Corbyn, un altro fattore può spiegare la discrepanza: troppo pochi britannici hanno davvero a cuore la Ue. Se il Regno Unito lascerà ufficialmente l'Unione il 31 gennaio, il motivo sarà l'indifferenza, più che l'ostilità.
traduzione di Carla Reschia

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