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La Stampa Rassegna Stampa
29.11.2019 Cina/Hong Kong, Donald Trump: 'Non faremo sconti'
Cronaca di Francesco Radicioni

Testata: La Stampa
Data: 29 novembre 2019
Pagina: 10
Autore: Francesco Radicioni
Titolo: «L'ira di Xi su Trump per la legge pro Hong Kong»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 29/11/2019, a pag.10, con il titolo "L'ira di Xi su Trump per la legge pro Hong Kong" la cronaca di Francesco Radicioni.

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Francesco Radicioni

Pechino ha minacciato «ferme contromisure» se gli Stati Uniti continueranno a sostenere i manifestanti pro-democrazia che da quasi sei mesi scendono per le strade di Hong Kong. Solo una manciata di ore dopo la firma di Donald Trump sullo Hong Kong Human Rights and Democracy Act, la risposta delle autorità della Repubblica Popolare è stata furiosa: il ministero degli Esteri cinese ha convocato l'ambasciatore Usa e avvertito che la mossa potrebbe minare la cooperazione tra le due più grandi economie del mondo.

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Donald Trump, Xi Jinping

«Atto egemonico» Per la diplomazia di Pechino, la legge rappresenta «un atto apertamente egemonico», oltre che «una grave interferenza negli affari interni della Cina e una grave violazione della legge internazionale». Passato la scorsa settimana con un voto quasi unanime del Congresso, lo Hong Kong Human Rights and Democracy Act prevede sanzioni mirate contro quei funzionari che violano i diritti umani in città, oltre a una revisione annuale sull'alto livello di autonomia garantito a Hong Kong dalla formula «un Paese, due sistemi» e minaccia di revocare lo status preferenziale sul commercio previsto dagli Usa per l'ex-colonia britannica.

Stop all'export di gas L'inquilino della Casa Bianca - che ieri ha compiuto una visita a sorpresa alle truppe Usa in Afghanistan in occasione del Thanksgiving day per rilanciare i negoziati di pace con i taleban - ha anche posto la sua firma su un'altra legge che blocca le esportazioni a Hong Kong di gas lacrimogeni e pallottole di gomma prodotte in America usate in questi mesi dalla polizia contro i manifestanti. «Gli Stati Uniti - ha tuonato il ministero degli Esteri cinese - hanno ignorato i fatti, confuso il nero con il bianco, sostenuto criminali violenti e vandali che hanno dato fuoco e ferito persone innocenti, calpestato lo stato di diritto e messo in pericolo l'ordine sociale». Nonostante l'approvazione del Congresso con una maggioranza a prova di veto, la firma dell'inquilino della Casa Bianca non era scontata. «Ho firmato queste legge nel rispetto del presidente Xi, della Cina e di Hong Kong», ha chiarito Trump. «Verrà applicato nella speranza che leader e i rappresentanti di Cina e Hong Kong saranno in grado di risolvere amichevolmente le loro differenze portando pace e prosperità per tutti a lungo termine».

Il nodo dei negoziati Nel mezzo dei negoziati sul commercio tra Pechino e Washington, in questi mesi l'amministrazione americana era stata piuttosto reticente nel prender posizione sulle proteste nella metropoli. «Sto dalla parte di Hong Kong, sto dalla parte della libertà», aveva detto il presidente degli Stati Uniti la scorsa settimana durante una lunga intervista a Fox News. «Però sto anche dalla parte di Xi Jinping- aveva aggiunto Trump - mentre stiamo facendo il più grande accordo sul commercio della storia». Pechino non deve reagire in modo eccessivo - diceva al "South China Morning Post" l'accademico Lu Xiang - ma dovrebbe esser pronta a rispondere se gli Stati Uniti vorranno usare la legge per mettere sotto pressione la Cina in futuro. Dall'ex-colonia britannica, anche l'amministrazione di Carrie Lam ha espresso «forte opposizione» a una decisione «non necessaria» che potrebbe mandare «un messaggio sbagliato ai manifestanti». Invece, la proposta è stata sostenuta con forza dagli attivisti democratici che negli scorsi mesi hanno più volte marciato fino al consolato degli Stati Uniti sventolando bandiere a stelle e strisce e convinti che «la semplice minaccia della revoca dello status speciale di Hong Kong potrebbe essere un deterrente per la Cina nell'erodere le nostre libertà». Oggi l'ex-colonia britannica è esclusa dalla guerra dei dazi tra Cina e Stati Uniti, mentre Hong Kong rimane la porta principale d'ingresso per gli investimenti stranieri nella Repubblica Popolare: forte di un sistema legale ereditato dal Regno Unito, di una moneta locale agganciata al dollaro e di una piazza finanziaria tra le più importanti del mondo.

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