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La Stampa Rassegna Stampa
19.11.2019 'Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono legittimi': le dichiarazioni di Mike Pompeo
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 19 novembre 2019
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «'Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono legittimi'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/11/2019, a pag.11, con il titolo 'Gli insediamenti israeliani in Cisgiordania sono legittimi' la cronaca di Giordano Stabile.

A destra: Mike Pompeo con Benjamin Netanyahu

Federica Mogherini, ex rappresentante per la politica estera dell'Unione Europea, è intervenuta per criticare le dichiarazioni di Mike Pompeo. Che carica ancora è coperta da Mogherini, tanto da autorizzarla a intervenire anche a mandato scaduto? Senza peraltro smentire la sua linea costantemente ostile a Israele.

Ecco l'articolo:

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Giordano Stabile

Il segretario di Stato americano Mike Pompeo difende gli insediamenti israeliani in Cisgiordania, in una mossa che secondo Washington ridarà «spazio alle trattative con i palestinesi» ma che suscita subito reazioni negative nel mondo arabo. Pompeo ha precisato che gli insediamenti «non sono contro la legge internazionale» e il loro status finale sarà deciso nei colloqui di pace. Non è ancora un riconoscimento della sovranità israeliana, come aveva fatto il presidente Donald Trump ad aprile riguardo le Alture del Golan. Ma la presa di posizione è una spinta importante verso un futuro, possibile inglobamento nello Stato ebraico. Ed è una svolta a 180 gradi nella politica statunitense che dal 1978, in base a un rapporto legale del dipartimento di Stato, definiva gli insediamenti «in contrasto con la legge internazionale». Secondo Pompeo dichiarare fuorilegge gli insediamenti «non ha fatto avanzare la causa della pace», non ha «funzionato» ed è molto meglio «riconoscere la realtà sul terreno». La svolta si inserisce in due contesti. Uno, immediato, è la risposta alla decisione dell'Unione europea di imporre etichette diverse ai prodotti degli insediamenti rispetto a quelli israeliani. Non potranno essere più definiti «made in Israel». La decisione di Strasburgo segna un punto a favore dei palestinesi. La dichiarazione Usa ne ridimensiona la portata. Il secondo contesto si lega alle trattative di pace.

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Il piano di pace Usa Il piano americano, «l'accordo del secolo» promesso da Trump, si è perso nei meandri mediorientali. Ma un passo decisivo in quel senso è l'accettazione nel mondo arabo dell'annessione di Gerusalemme Est e di parte della Cisgiordania. La nuova posizione di Washington ricalca quella israeliana, che considera gli insediamenti non illegali ma parte dei «territori disputati», il cui status finale sarà stabilito appunto da un trattato di pace. Le prime reazioni arabe sono state negative. Il presidente palestinese Abu Mazen ha ribattuto che la scelta americana «è in totale contraddizione con la legge internazionale». Il ministro degli esteri giordano Ayman Safadi ha denunciato il rischio di «pericolose conseguenze». Quanto a Bruxelles, l'Alto rappresentante Federica Mogherini ha ripetuto che "La nostra posizione sulla politica di insediamento israeliana nel territorio palestinese occupato è chiara e rimane invariata. Le attività di insediamento sono illegali ai sensi del diritto internazionale". Pompeo ha in qualche modo messo in conto tutto. Anche perché è arrivato subito il plauso del governo israeliano che ha sottolineato come la decisione degli Usa «corregge un errore storico e riflette una verità storica» e cioè che gli abitanti degli insediamenti «non sono coloni stranieri in Giudea e Samaria: in realtà si chiamano ebrei (giudei) proprio perché sono originari della Giudea».

L'aiuto a Netanyahu Ed è questo il terzo contesto: la decisione degli Usa dà una mano a Netanyahu. Domenica il premier uscente ha convocato il suo partito, il Likud, dopo una nota dell'Intelligence aveva dato per probabile la formazione di un governo di minoranza guidato da Gantz, con l'appoggio esterno dei partiti arabi. Ieri l'ipotesi s'è allontanata, per le resistenze di Lieberman, e si sono avvicinate le terze elezioni anticipate.

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