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La Stampa Rassegna Stampa
14.11.2019 Gaza: centinaia di missili sulle città israeliane, ecco che cosa significa vivere sotto i razzi
Cronaca di Giordano Stabile, commento di Fabiana Magrì, un titolo disinformante di Repubblica

Testata: La Stampa
Data: 14 novembre 2019
Pagina: 13
Autore: Giordano Stabile - Fabiana Magrì
Titolo: «Gaza, il conflitto divampa: 26 palestinesi morti. Migliaia di civili israeliani si trovano nei rifugi - Vivere sotto i razzi al confine con la Striscia dove 15 secondi separano la vita e la morte»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/11/2019, a pag.13, con il titolo "Gaza, il conflitto divampa: 26 palestinesi morti. Migliaia di civili israeliani si trovano nei rifugi" la cronaca di Giordano Stabile; con il titolo "Vivere sotto i razzi al confine con la Striscia dove 15 secondi separano la vita e la morte", il commento di Fabiana Magrì.

La REPUBBLICA titola, a pag. 20, "Israele moltiplica gli attacchi su Gaza, Hamas sta a guardare". Sono parole che rovesciano completamente la realtà e palesano il pregiudizio della redazione del quotidiano romano. Israele non fa che difendersi dopo il lancio di numerosi missili da parte dei terroristi di Gaza. Scrivere poi che "Hamas sta a guardare" significa ripulire completamente l'immagine dei terroristi islamisti. Sempre più contro Israele il giornale diretto da Carlo Verdelli.

Ecco gli articoli:

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Una raffica di missili sparati da Gaza contro Isrele

Giordano Stabile: "Gaza, il conflitto divampa: 26 palestinesi morti. Migliaia di civili israeliani si trovano nei rifugi"

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Giordano Stabile

La guerra fra Israele e la Jihad islamica è entrata nel secondo giorno e il bilancio dei morti palestinesi è salito a 26, mentre migliaia di israeliani sono costretti a vivere nei rifugi e alcune decine sono rimasti feriti o sotto choc per la pioggia di razzi continuata ieri con la stessa intensità di martedì. Sono oltre 400 i razzi lanciati in totale. Soltanto il 10% è riuscito a perforare il sistema Iron Dome ma tanto è bastato per danneggiare abitazioni, bloccare il traffico, e paralizzare la vita in tutto il Sud del Paese. Dall'altro lato del confine, nella Striscia di Gaza, le ondate di raid hanno demolito le infrastrutture del gruppo jihadista ma anche causato vittime civili, compreso un bambino di 7 anni. Il tentativo di arrivare a una tregua, con la mediazione di Egitto e Onu, è fallito nella notte e dalla mattinata lo scontro è ripreso sempre più intenso. La dirigenza della Jihad ha respinto le offerte di cessate-il-fuoco e promesso di «far pagare un alto prezzo» a Israele per l'eliminazione del suo capo militare Baha Abu al-Ata. Dispone, secondo l'Intelligence israeliane, di «8 mila razzi» e finora ne ha usati soltanto il 5 per cento. Può quindi continuare la sua campagna per giorni e l'obiettivo delle Forze armate israeliane è in questo momento demolire le sue capacità logistiche e ridurre al minimo i lanci. Ieri i cacciabombardieri hanno colpito una «fabbrica dove vengono costruite le testate esplosive», il quartier generale del gruppo a Khan Younis, «depositi di munizioni». La Marina ha invece attaccato un'imbarcazione e un centro di addestramento sulla costa. Un raid ha anche portato all'uccisione di un comandante dell'ala militare della Jihad, le Brigate al-Quds, Khaled Faraj. Il premier Netanyahu ha incontrato il neoministro della Difesa Naftali Bennett e precisato che «Israele non vuole escalation ma i terroristi devono sapere che possiamo colpirli in ogni momento». Ieri però anche le vittime civili sono state numerose. Ambulanze e taxi privati hanno portato decine di feriti e cadaveri all'ospedale di Shifa, nel centro di Gaza. Secondo i medici provenivano «da aree densamente popolate». La Jihad islamica cerca di compattare la popolazione contro «l'aggressione israeliana» e finora ha l'appoggio di Hamas, il grande rivale politico nella Striscia. Tutte le fazioni si sono unite in una «war room» e lanciato avvertimenti minacciosi. «Daremo una lezione a Israele –si legge nel primo comunicato -. Gli israeliani che sono nei rifugi devono capire le conseguenze delle scelte dei loro dirigenti». Le fazioni concordano sul fatto che «non verrà mia accettata la politica degli omicidi mirati». Ma dietro la facciata di unità c'è una profonda spaccatura. La Jihad, che ha l'appoggio dell'Iran, ha una visione opposta a quella di Hamas, sostenuto in primo luogo da Qatar e Turchia. Come spiega Hillel Frisch del Begin-Sadat Center for Strategic Studies, «Hamas fa uso della violenza per strappare più concessioni a Israele e mantenere l'afflusso di denaro del Qatar» e sostenere «i suoi 50mila dipendenti civili e militari». La Jihad islamica ha una base di consenso ristretta, circa il 3% della popolazione, e agisce su input di Teheran per «distrarre» lo Stato ebraico mentre i Pasdaran si rafforzano in Siria. Per questo Hamas tiene aperti negoziati con Israele, attraverso l'inviato Onu Nickolay Mladenov, e già oggi potrebbe essere raggiunto un cessate-il-fuoco, come ha fatto un alto ufficiale.

Fabiana Magrì: "Vivere sotto i razzi al confine con la Striscia dove 15 secondi separano la vita e la morte"

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Fabiana Magrì 

Sono notti di luna piena che all'alba tramonta sul mare. Sono le sole ore in cui i razzi lanciati da Gaza verso Israele s'interrompono. Lo sconcerto del primo giorno, quando le sirene si sono sentite anche a Florentin, il quartiere hipster a Sud di Tel Aviv, ha lasciato il posto ai rituali di circostanza - così frequente da queste parti - che si ripetono sui social media e nella realtà. I turisti in arrivo chiedono su Facebook se viaggiare in Israele adesso è sicuro. Nel gruppo «Italiani in Israele», tra chi cerca panettoni a Gerusalemme e chi s'informa sulla validità del suo diploma in agopuntura, gli italiani in partenza si rivolgono ai connazionali che vivono qui: quanto è sicuro? «Più sicura di Tel Aviv non c'è nessuna città» è la prima risposta. Il tenore di quelle successive è identico. L'account Instagram di Tel Aviv ha virato su un profilo un po' più basso del solito: un surfista guarda il tramonto sul mare e augura ai follower una serata tranquilla. Un ragazzo sul lungomare, accanto al monopattino elettrico, invita alla calma e a tornare in spiaggia. A migliaia piovono i like, a decine i commenti di solidarietà. Ma Tel Aviv è famosa per essere una bolla e le reazioni dei suoi abitanti, quelli più giovani soprattutto, anche quando spaziano dal cinismo all'ironia, nascondono la necessità di tenersi in equilibrio tra voglia di normalità e senso d'insicurezza. Sono antidoto alla tensione, servono per sdrammatizzare. Sentirsi vicini con i red alert A ridosso della Striscia la situazione è molto diversa. Si capisce dalle notifiche della app «Red Alert», strumento che non solo serve come supporto all'allarme delle sirene ma consente di sentirsi più vicini ai figli arruolati, d'istanza proprio al Sud, o agli amici che vivono intorno all'enclave costiera palestinese. Al telefono, Alon Alseich, membro del kibbutz Nir Am, racconta di un enorme lavoro dietro le quinte. «Tenersi informati è fondamentale per la sicurezza. Io mi occupo di aggiornare i canali di comunicazione tra l'esercito e gli abitanti di dieci kibbutzim e un moshav. Le vie principali sono chiuse al traffico di civili, troppo esposte al lancio dei razzi. Ci possiamo muovere in auto, solo se necessario, lungo strade secondarie. Quasi tutti i negozi sono chiusi oppure aprono per un paio d'ore al giorno». E poi c'è la famiglia: la moglie, due figli (9 e 11 anni) e un cane. «Cuciniamo e mangiamo insieme. Facciamo brevi passeggiate. I ragazzi guardano i film o giocano al computer. Il loro gioco preferito è un video game di guerra. Li senti parlare, tra di loro, per finta, di armi e obiettivi colpiti. E poi al suono della sirena i razzi entrano nel loro mondo reale. Sanno già tutto della guerra e dei missili». E sanno già come si devono comportare quando suonano le sirene. «Abbiamo 15 secondi per ripararci nella stanza blindata, che è poi la camera di mio figlio maggiore. Mia moglie dice che sono 13. Lo so che suona surreale, ma sono preoccupato per il cane, mostra segni di stress per le sirene e le esplosioni. Ho comprato delle pillole ma non gliel'ho ancora date». Nir Am è a 4 km dal confine con la Striscia. «La cosa più fastidiosa è il rumore: quello dei razzi da Gaza, quello delle batterie antimissili, delle esplosioni. Ci sono diversi Iron Dome qui intorno». E poi c'è l'ironia della sorte. «Ho visto palestinesi, che lavorano nelle aziende agricole dei kibbutz, ripararsi nei rifugi con noi, per proteggersi dai razzi». Netanyahu, ieri pomeriggio, ha parlato al telefono con le autorità locali della zona. Ha detto che è stata rafforzata la deterrenza con nuovi mezzi che i nemici non potevano nemmeno immaginare. «Non so esattamente cosa significhi ma effettivamente abbiamo la percezione che l'esercito stia agendo diversamente dal solito. Sembra tutto più organizzato. E questo ci rassicura».

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