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La Stampa Rassegna Stampa
07.11.2019 'Assedio all'Occidente': anteprima del nuovo libro di Maurizio Molinari
Ecco la 'seconda guerra fredda' scatenata da Russia e Cina

Testata: La Stampa
Data: 07 novembre 2019
Pagina: 1
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: «Cina e Russia assediano l'Occidente»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/11/2019, a pag.1-22, con il titolo "Cina e Russia assediano l'Occidente", l'anteprima del nuovo libro del direttore Maurizio Molinari, da oggi in libreria.

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Maurizio Molinari

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La copertina (La nave di Teseo ed.)

La seconda guerra fredda non ha ancora una data di inizio ma è in pieno svolgimento sulla scia delle ferite della globalizzazione. E sta già cambiando le nostre vite. A esserne protagoniste sono dittature e autarchie che cingono d'assedio le democrazie dell'Occidente, adoperando ogni arma a disposizione: convenzionale, nucleare, economica, cibernetica. L'intento è indebolirle per obbligarle a ritirarsi dai propri spazi strategici, svuotarle della propria ricchezza, spingerle a separarsi dagli alleati, strappare loro la leadership dell'innovazione digitale. L'epicentro dello scontro è l'Europa, teatro di ingerenze politiche e ricatti economici, ma il fronte si estende dall'Estremo Oriente al Golfo Persico. E i duelli più duri avvengono nel cyberspazio. L'Italia, percepita come l'anello debole dell'Occidente, si sta dimostrando uno dei più vivaci campi di battaglia. Sono la Russia di Vladimir Putin e la Cina di Xi Jinping a guidare l'assalto all'Occidente: pur muovendo da premesse differenti, convergono nel voler trasformare l'Europa in un terreno di conquiste, politiche ed economiche, al fine di far implodere Nato e Ue, allontanando quanto più possibile gli Stati Uniti dai loro tradizionali alleati sul Vecchio Continente. È un'offensiva che nasce dalla comune convinzione che, rescindendo il legame euroatlantico, l'Occidente come entità strategica avrà fine, consentendo ai suoi maggiori rivali di rafforzarsi, potendo di conseguenza inseguire gli obiettivi più ambiziosi. Gli interventi militari russi in Georgia nel 2008 e in Crimea nel 2014, le imponenti infrastrutture cinesi in via di realizzazione a cavallo dell'Eurasia e il mosaico di partiti sovranisti e populisti che ripropongono l'antiamericanismo sul Vecchio Continente, uniti alle improvvise battaglie asimmetriche fra hacker, descrivono i contorni della sfida più temibile e pericolosa che le democrazie si trovano ad affrontare dalla caduta del Muro di Berlino, avvenuta il 9 novembre 1989, ovvero trent'anni fa. Il crollo della Germania Est, l'implosione del Patto di Varsavia e la dissoluzione dellUrss portarono alla stagione della globalizzazione, facendo immaginare all'Occidente una vittoria ad ampio raggio, destinata a essere permanente. Ma l'effetto è stato opposto, perché il disordine internazionale ha consentito a despoti e dittatori di riconquistare spazio e potere. Fino a poter immaginare una possibile rivincita sulle democrazie, responsabili di troppi errori dall'indomani del 1989. La seconda guerra fredda ha colto di sorpresa l'Occidente: è radicalmente diversa dalla prima perché gli attori principali non sono più soltanto due ma molteplici, le armi più temibili non sono più quelle nucleari ma quelle digitali e gli scontri ad alto rischio non sono frontali bensì asimmetrici, ibridi. Il sogno di Putin di far risorgere l'impero russo, il disegno di Xi di una «Nuova via della seta» – o Belt and Road Initiative – capace di trasformare l'Europa in un mercato cinese, l'ambizione dell'Iran di diventare potenza atomica estendendo la propria egemonia sull'intero Medio Oriente e la distruzione nucleare con cui Kim Jong-un minaccia i propri vicini sono tasselli di un assedio che vede le democrazie in affanno nel reagire a sfide molto differenti per genesi politica, dinamica e caratteristiche strategiche. Tra queste sfide, la più insidiosa proviene dall'interno, ovvero da un paese membro della Nato come la Turchia, il cui presidente, Recep Tayyip Erdogan, persegue la creazione di una sfera di influenza neo-ottomana che va dal Bosforo a Bab el-Mandeb, da Hormuz e Gibilterra, progetto che, nonostante l'irritazione di Casa Bianca, Downing Street e Bruxelles, l'ha spinto a siglare intese strategiche con Mosca, Pechino e Teheran come anche aggredire i diritti dei curdi in patria e la minoranza curda in Siria. In palio c'è, oggi come durante la prima guerra fredda, la sopravvivenza dei paesi democratici, chiamati a reagire non solo dotandosi di nuovi sistemi di sicurezza contro gli avversari e di alleanze più efficaci, ma soprattutto di un arsenale di diritti capace di restituire vitalità ed energia al legame fra i cittadini e le loro istituzioni più care, cuore dell'Occidente: Ue e Nato. Perché, proprio come avveniva nel secondo Novecento, chi aggredisce le democrazie punta a farle crollare dall'interno, esaltandone in ogni modo le debolezze economiche e le divisioni sociali. La seconda guerra fredda innesca dunque cambiamenti destinati a durare nel tempo e contiene un bivio per l'Occidente: reagire alla sfida o far passare gli avversari. In tale cornice, l'Italia assume un rilievo strategico di tutto rispetto per tre motivi convergenti. Primo: come durante la guerra fredda si trovava al confine fra Nato e blocco dell'Est, così adesso è il paese occidentale più esposto alla volontà di penetrazione russa e cinese, per la posizione geografica nel bel mezzo del Mediterraneo ma anche perché segnato da una forte instabilità politica. Secondo: ospita il Vaticano, sede del pontificato di papa Francesco, ovvero uno degli obiettivi delle interferenze russe. Putin gli attribuisce infatti la vulnerabilità alla «decadenza dell'Occidente» al fine di assegnare a se stesso il ruolo di «difensore della cristianità» per ambire a diventare il punto di riferimento, se non il protettore ortodosso, del cattolicesimo più tradizionale. Terzo: dal 4 marzo 2018 l'Italia è diventata il laboratorio del populismo europeo grazie alla nascita del governo gialloverde che ha portato al potere i sovranisti della Lega di Matteo Salvini e i populisti del Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio, con la conseguenza di farla percepire come un paese più abbordabile ai tentativi di ingerenza politica di Mosca ed economica di Pechino. Le crisi a ripetizione che si verificano fra Roma e gli alleati Ue-Nato fra il 2018 e il 2019 innescano un domino di fibrillazioni tali, in Europa e Stati Uniti, da far percepire l'Italia come una sorta di «Grande Malato d'Occidente» capace di assicurare fedeltà ai patti internazionali ma al tempo stesso di flirtare con Putin, aprirsi alla tecnologia cinese, ospitare i voli dei pasdaran iraniani, considerare credibili i chavisti di Caracas e abbracciare gli esponenti più violenti dei gilet gialli francesi. La formazione del governo Conte bis, con l'uscita dalla coalizione della Lega, sostituita dal Pd, cambia tale scenario e fa sperare agli alleati in un recupero dell'Italia al fronte occidentale, ma la situazione resta fluida, in balia delle incertezze connaturate a una maggioranza che vede ancora nel ruolo di partner decisivo il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo.

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