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La Stampa Rassegna Stampa
19.10.2019 Davide (Mattia Feltri) contro Golia (Beppe Grillo)
Commento di Mattia Feltri

Testata: La Stampa
Data: 19 ottobre 2019
Pagina: 6
Autore: Mattia Feltri
Titolo: «Se la caccia ai giovani toglie il voto agli anziani»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 19/10/2019, a pag.6, con il titolo "Se la caccia ai giovani toglie il voto agli anziani" il commento di Mattia Feltri (Davide) contro Beppe Grillo (Golia)


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Bepper Grillo GOLIA

Sui 5Stelle IC non ha perso una occasione per segnalarne la pericolosità, non ci ripeteremo oggi. Lasciamo volentieri il posto a Mattia Feltri (Davide) con la sua (apparente) ironia contro Beppe Grillo (Golia), in realtà due colonne al cianuro per difendere il nostro povero paese dal potere della lobby grillina il cui capolavoro è l'aver coniugato in una sola tutte le dittature conosciute. Vincerà Davide? L'orizzonte è quanto mai buio.

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Mattia Feltri DAVIDE

Poiché era stato proposto di concedere il voto ai sedicenni, e il progetto aveva inebriato tutti quanti, un’unanimità bulgara al punto che se n’è parlato due ore e non se n’è fatto nulla, ieri Beppe Grillo ha deciso di riequilibrare la prospettiva: diritto di voto ai sedicenni e divieto di voto agli anziani. Siccome tocca prendere sul serio qualsiasi balordaggine, si prenderà sul serio anche questa. «L’idea nasce dal presupposto che una volta raggiunta una certa età, i cittadini saranno meno preoccupati del futuro sociale, politico ed economico, rispetto alle generazioni più giovani, e molto meno propensi a sopportare le conseguenze a lungo termine delle decisioni politiche», scrive Grillo sul blog. Traduzione: i giovani in quanto giovani pensano al futuro, i vecchi in quanto vecchi pensano a domattina; e se si aggiunge che i vecchi sono molti e i giovani pochi, è iniquo che sulle spalle di pochi giovani ricadano gli effetti del voto poco lungimirante di molti vecchi. A sostegno delle sue teorie, Grillo porta un paio di studiosi non centralissimi nella storia dell’umanità (Douglas J. Stewart su New Republic nel 1970, di cui colpevolmente ignoravamo l’esistenza, e Philippe Van Parijs, filosofo belga vivente). Qui, più vegliardamente, si ricordava il De Senectute di Cicerone, che con un paio di millenni d’anticipo sembrava tratteggiare i cinque stelle («Spuntavano nuovi oratori, stolti giovincelli»), e chiariva la questione, elencando i numerosi vecchi che salvarono Roma dalla turgida precipitazione dei giovani: «Le cose importanti non vengono compiute con la forza, la rapidità o l’agilità del corpo, ma col senno, l’autorità e la capacità di giudizio». Ma non si deve escludere che Stewart e Van Parijs abbiamo sbaragliato il pensiero di Cicerone, e solo per completezza dell’analisi si riporta un caso dell’altro giorno a Iglesias, dove Anna Maria Fois attraversava la strada sulle strisce insieme con la nipote di otto anni, e vedendosi piombare addosso un Suv si preoccupò di spingere via la bimba, che ne ebbe salva la vita, mentre la nonna morì travolta. Sembra un apologo sulla cura massima del futuro, non il proprio, il futuro del mondo. Se servisse un altro apologo, viene in mente Luigi Di Maio, che nel governo coi leghisti era ministro del Lavoro, ha aperto e abbandonato trattative vitali per il futuro dei lavoratori, cioè del paese, come Ilva e Whirlpool, e poi li ha piantati nelle grane traslocando agli Esteri nel governo col Pd, e precisamente per il futuro suo, il futuro di domattina del suo sedere nel burro. Questa soave fanciullezza non è un’esclusiva dei cinque stelle. Quando si è proposto di concedere il diritto di voto ai sedicenni si sono trascurati i doveri conseguenti: se uno vota, cioè è tecnicamente un adulto, dovrebbe essere promosso alla maggiore età, con le gravose implicazioni del caso (quelle di natura penale, per esempio, se commettesse un reato). Ma niente: è da giovani parlare di diritti, è da vecchi parlare di doveri. Un dettaglio trascurato dall’assemblea studentesca permanente in cui dibatte questo paese, un dibattito vorticoso, inesausto, fondato nel lì per lì, basato su un vocabolario elementare - bene male, bello brutto, bianco nero, amico nemico - inevitabile prodotto di un pensiero elementare che anima le nostre più apprezzate e molto giovani classi dirigenti, su pressante richiesta di noi elettori. E cioè la battuta e la battutaccia per i like, chi vince il dibattito televisivo, come va il sondaggio se dico questo e come va se dico quello, la tattica rinnovabile al posto della strategia, e quando ci si sente in colpa si scarta il cioccolatino con la frase di Alcide De Gasperi: «Un politico guarda alle prossime elezioni; uno statista guarda alla prossima generazione». E infatti non era nemmeno di De Gasperi, ma che importa? Messi come siamo, nella sistematica e disincantata prevalenza quartoginnasiale, anche rivedere per raggiunti limiti di età il caposaldo della democrazia liberale, il suffragio universale, in fondo va benissimo: può passare per il colpo di genio di un visionario, più che di un vaneggiatore.

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