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La Stampa Rassegna Stampa
13.10.2019 Comanda Erdogan, UE e Usa chiacchierano, chiacchierano
Cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 13 ottobre 2019
Pagina: 2
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «I jihadisti attaccano le carceri in Siria. In fuga foreign fighters e miliziani Isis»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/10/2019, a pag.2, con il titolo "I jihadisti attaccano le carceri in Siria. In fuga foreign fighters e miliziani Isis" la cronaca di Giordano Stabile

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Giordano Stabile

L’attacco turco «fa risorgere l’Isis». E i curdi non si sentono più «responsabili della sorveglianza» dei jihadisti prigionieri. L’avvertimento del comandante delle Forze democratiche siriane Redur Khalil arriva mentre la prima città del Rojava, Ras al-Ayn, è ormai perduta e persino soldati statunitensi sono finiti sotto il fuoco dell'artiglieria di Ankara. Stati Uniti ed Europa devono fare qualcosa, o la bomba Isis gli esploderà in mano. A cinque giorni dell’inizio delle operazioni di terra da parte della Turchia e degli alleati arabi, lo Stato islamico ha rialzato la testa, in uno stile che ricorda l’insorgenza irachena. Attacchi alle prigioni per liberare i combattenti e ingrossare le file delle cellule clandestine. Con l’obiettivo di ricreare un’armata in grado di prendere il controllo del territorio. Lo ammettono anche gli ufficiali americani. La lotta contro l’Isis è «finita». Un ufficiale curdo ha confermato, in quanto «gli Usa non possono agire senza le Sdf al loro fianco sul terreno». Un concetto che è stato ribadito ieri dal comandante Khalil. «Ci sentiamo traditi e dobbiamo combattere su due fronti, uno contro l’Isis e l’altro con la Turchia. Mantenere la sicurezza nelle prigioni dell’Isis non è più la nostra priorità. Il mondo si può occupare del problema Isis se davvero lo vuole». Ancora più duro il generale Mazloum Kobani: «Gli Usa ci hanno venduti, lasciati soli, al massacro». Tanto che è pronto a chiedere protezione ai russi, una loro «no fly zone». In queste condizioni è impossibile sorvegliare le 20 prigioni dove sono tenuti i 1500 jihadisti più pericolosi, su un totale di 12 mila. In quella di Qamishlo la fuga è già cominciata. È stata colpita da una bomba, e almeno cinque prigionieri dell’Isis sono riusciti a uscire dalla breccia nel muro di cinta. Un’altra, a Hasakah, dove i detenuti sono alcune centinaia, è stata presa di mira da un’autobomba dei jihadisti, che ha innescato una rivolta interna. Sono due centri che custodiscono soggetti pericolosi, come il foreign fighter francese Adrian Guihal, che fonti locali, finora non confermate in Francia, danno già in fuga. Guihal è responsabile dell’organizzazione degli attentati a Magnanville, due agenti francesi uccisi, e di Nizza, 87 vittime. A rischio evasione è invece lo svizzero Damien Grivat, uno dei coordinatori dei massacri di Parigi del 12 novembre 2015. La situazione è al limite nel campo di Al-Hol, con 10 mila jihadisti di caratura minore e 58 mila civili, moltissime vedove di combattenti morti. Fra loro ci sono anche Mylène Facre e Dorothée Maquère, vedove dei fratelli Clain. Le irriducibili conducono una guerriglia strisciante dentro il campo, sul punto di esplodere. Il caos è tale che nella tarda serata di venerdì colpi di artiglieria turca sono finiti a 200 metri dalla base Usa di Kobane i militari dell’avamposto sono stati sfiorati. Ankara ha poi spiegato di aver preso di mira i mortai curdi che colpivano una caserma della polizia oltre la frontiera. Le tensioni con l’America sono però sempre più forti. Senza una no fly zone il tempo gioca a favore dello Stato islamico. Le difese curde, impossibilitate a contrastare i raid aerei in un terreno piatto, privo di ostacoli naturali, cedono. Ieri i miliziani arabi alleati della Turchia hanno preso Ras al-Ayn. I curdi sostengono che il centro è ancora in mano a loro, ma sono circondati. I miliziani jihadisti di Ahrar al-Sharqiya hanno poi fatto un puntata fino all’autostrada M4, che attraversa tutto il Rojava. Sono stati respinti dopo due ore, ma nel frattempo hanno ucciso a sangue freddo sei civili. Fra loro ci sarebbe anche una nota esponente della leadership curdo-siriana, Hevrin Khalaf. I raid hanno causato perdite pesanti fra i guerriglieri. Il ministero della Difesa di Ankara sostiene che sono 415 i "terroristi neutralizzati”. Per l’Osservatorio: siriano dei diritti umani il bilancio è di 74 guerriglieri uccisi, 49 miliziani arabi, 5 soldati turchi.

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