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La Stampa Rassegna Stampa
18.09.2019 L'Iran attacca l'Arabia Saudita. Trump: 'Pronti a reagire'. Ma c'è chi vorrebbe subito i bombardamenti
Cronaca di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 18 settembre 2019
Pagina: 13
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Missili contro l'Arabia da una base iraniana»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/09/2019, a pag.12, con il titolo "Missili contro l'Arabia da una base iraniana" la cronaca di Paolo Mastrolilli.

Diversi quotidiani italiani oggi presentano la notizia con titoli come "E' stato l'Iran ad attaccare ma Trump non bombarda". Sembra che alcuni vorrebbero "bombardare" a tutti i costi, senza capire prima come conviene muoversi. La politica "del bastone e della carota" di Donald Trump è ormai chiara: disponibilità a discutere con tutti, ma linea chiara e rigorosa non disposta a piegarsi di fronte a nessuno. E' ora che anche alcuni giornali italiani ne prendano atto.

Ecco l'articolo:

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Paolo Mastrolilli

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Donald Trump
L'attacco contro le strutture petrolifere saudite è stato lanciato da una base iraniana, o da una nave militare nel nord del Golfo Persico, usando missili che volavano a bassa quota assistiti dai droni. Questo è il sospetto più fondato su cui sta lavorando l'intelligence americana, per determinare il colpevole del bombardamento di Abqaiq, e la riposta definitiva potrebbe arrivare presto, perché gli investigatori hanno in mano almeno uno dei vettori usati. Se le prove confermeranno la responsabilità di Teheran, la Casa Bianca dovrà decidere la risposta, e il Pentagono ha già presentato al presidente Trump una serie di opzioni. Gli investigatori sono certi che la tecnologia impiegata è iraniana, ma devono ancora chiarire se è stata usata dalla stessa Repubblica islamica o da qualche alleato. Finora però hanno escluso che l'attacco sia partito dallo Yemen, e quindi dai ribelli houti, e dall'Iraq. Ciò lascerebbe in piedi come ipotesi realistiche solo l'Iran, oppure una nave nel nord del Golfo Persico. La risposta definitiva dovrebbe arrivare a breve, perché uno dei missili cruise coinvolto è stato recuperato quasi intatto. Ciò significa che i tecnici dovrebbero essere in grado di esaminare il suo sistema di guida, e quindi il percorso seguito, incluso il punto di partenza. In questo modo potrebbero essere in grado di determinare le coordinate geografiche esatte del lancio. L'ipotesi più accreditata dagli investigatori, che stanno analizzando anche i tracciati radar e le comunicazioni, è che l'attacco sia partito da una base iraniana al confine con l'Iraq. I missili avrebbero viaggiato a bassa quota, per non farsi intercettare dai radar sauditi, sorvolando Iraq e Kuwait, prima di arrivare sull'obiettivo. I droni avrebbero assistito l'operazione, ma non condotto il bombardamento effettivo.

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Se questa ipotesi verrà confermata, si tratterebbe di un atto di guerra di cui Teheran sarebbe colpevole. A quel punto Trump dovrebbe decidere come reagire, evitando però l'impressione che stia conducendo una guerra per procura al posto dell'Arabia, e soprattutto il rischio di scatenare un conflitto totale con la Repubblica islamica, proprio dopo aver licenziato il consigliere per la Sicurezza nazionale Bolton perché premeva troppo per il cambio di regime. Quando a giugno gli iraniani avevano abbattuto un drone americano Global Hawk, il capo della Casa Bianca aveva prima ordinato e poi fermato una rappresaglia. Restando nuovamente immobile rischierebbe di fare come Obama, quando aveva rinunciato a far rispettare la «linea rossa» varcata da Assad con l'attacco chimico del 2013. Il Pentagono ha proposto bersagli come i siti di lancio dei missili, o attacchi digitali per bloccare la produzione petrolifera, più che gli stessi pozzi. Trump ieri ha detto che è ancora aperto ad incontrare Rohani, ma preferirebbe evitarlo, e nonostante l'aumento del prezzo del greggio, non ritiene ancora necessario attingere alle riserve Usa per calmare i mercati.

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