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La Stampa Rassegna Stampa
26.08.2019 Iran nucleare e terrorista: mentre al G7 Macron cerca un compromesso a ogni costo, Israele è costretta a difendersi dagli alleati di Teheran in Iraq
Commento di Giordano Stabile, cronaca con una opinione personale di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 26 agosto 2019
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile - Paolo Mastrolilli
Titolo: «I blitz di Gerusalemme per fermare gli attacchi guidati da Teheran - Zarif a sorpresa al G7 di Macron: la strada è difficile, ma trattiamo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/08/2019, a pag.10 con il titolo "I blitz di Gerusalemme per fermare gli attacchi guidati da Teheran" il commento di Giordano Stabile; a pag. 8, con il titolo "Zarif a sorpresa al G7 di Macron: la strada è difficile, ma trattiamo", il commento di Paolo Mastrolilli preceduto dal nostro.

Ecco gli articoli:

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Emmanuel Macron, Donald Trump al tavolo del G7 a Biarritz

Giordano Stabile: "I blitz di Gerusalemme per fermare gli attacchi guidati da Teheran"

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Giordano Stabile

Gli abitanti del villaggio di Balad, ottanta chilometri a Nord di Baghdad, hanno visto la notte incendiarsi. Prima un'esplosione potentissima, poi una serie infinita di scoppi secondari, come in un fuoco di artificio che squarciava il cielo con fiammate rossastre. A essere incenerita era la base aerea di Balad, proprietà delle forze armate irachene ma affittata alla milizia sciita Kataib al-Imam Ali, una delle più vicine ai Pasdaran. Nessun civile è rimasto coinvolto ma le esplosioni hanno fatto tremare anche Baghdad. Il premier Adel Abdel Mahdi, uno sciita moderato che finora si è mantenuto equidistante fra America e Iran, rischia di essere travolto dalla rabbia dei miliziani. Quello del 20 agosto alla base di Balad è il quarto attacco in un mese. E i comandanti non hanno più dubbi. Dietro c'è «Israele». L'Iraq è così entrato nella linea del fuoco di una campagna aerea cominciata in Siria e che ora si è allargata a tutto il Medio Oriente, al Libano, alla Mesopotamia e presto anche allo Yemen, se è vera l'indiscrezione del quotidiano kuwaitiano Al-Jarida, che ha rapporti privilegiati con l'Intelligence israeliana e ha rivelato come l'aviazione con la stella di David abbia già pronti i piani per colpire le basi dei ribelli sciiti Houthi «sul Mar Rosso e vicino allo Stretto di Bab al-Mandab». Israele ha deciso di portare l'offensiva fino alle porte dell'Iran e indebolire tutti i suoi alleati regionali. La giornata di ieri, con attacchi su Libano, Siria e Iraq in meno di 24 ore, è il primo assaggio. L'accelerazione è arrivata per sventare un colpo dell'Iran, che intendeva proprio vendicarsi dei quatto raid in Iraq. Ma, come ha puntualizzato ad Haaretz l'analista Amos Harel, si lega anche ai tentennamenti di Donald Trump sul dossier iraniano. Il timore è che il leader Usa faccia una delle sue giravolte e apra a nuovi negoziati, per un accordo sul nucleare «migliore di quello ottenuto da Obama». In questa prospettiva «Israele non ha nessuna intenzione di aspettare l'arrivo dei missili iraniani in Siria, preferisce colpirli quando sono ancora sul territorio iracheno». Ma a differenza della Siria, quello iracheno è un territorio dove gli americani «hanno grossi interessi». Per questo il premier Benjamin Netanyahu, Washington, e in un primo momento anche Baghdad, hanno tenuto un profilo basso. Anche il premier Adel Mahdi ha reagito intimato agli americani di informarlo in anticipo sulle rotte dei jet impiegati nei pattugliamenti anti-Isis. Questo perché l'Intelligence iraniana sospetta che gli attacchi siano compiuti da F-35 israeliani che si nascondo dietro le tracce dei velivoli occidentali. La conferma è arrivata da funzionari del governo Usa, che hanno parlato in forma anonima al New York Times. Israele ha colpito per «distruggere missili ad alta precisione» che stavano per essere «spostati in Siria». Neppure a questo punto Netanyahu ha ammesso apertamente. La sua reticenza non è dovuta a timidezza. Fare del suolo iracheno un campo di battaglia vuol dire porre l'alleato americano in una posizione scomoda, anche se alti ufficiali israeliani hanno ammesso di considerare l'Iraq come il fronte «più minaccioso in questo momento». In Iraq ci sono ottomila militari statunitensi, possibili bersagli. E Washington vuole evitare di spingere ancor più Baghdad nelle braccia di Teheran nella difficile partita a scacchi con gli ayatollah.

Paolo Mastrollilli: "Zarif a sorpresa al G7 di Macron: la strada è difficile, ma trattiamo"

Secondo Mastrolilli l'accordo sul nucleare voluto da Obama e dall'Europa nel 2015 "è un'intesa imperfetta, ma è l'unica che al momento può frenare la corsa di Teheran verso la bomba atomica". In realtà questo accordo non solo restituisce legittimità internazionale a un regime terrorista, ma dà modo a Teheran di riprendere gli scambi economici con l'Occidente - e di conseguenza di rinforzarsi grazie a nuove ricche entrate - e nello stesso tempo di proseguire il programma nucleare.  Perchè Mastrolilli scrive il contrario?

Ecco l'articolo:

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Paolo Mastrolilli

Alla vigilia del G7 di Biarritz tutti temevano l'imprevedibilità del presidente americano Trump, ma alla fine il vero colpo di teatro lo ha orchestrato l'ospite francese Macron, invitando a sorpresa il ministro degli Esteri iraniano Zarif. Per evitare uno scontro frontale con la Casa Bianca, l'Eliseo ha precisato che il capo della diplomazia di Teheran non è venuto ieri sulla costa basca per partecipare al vertice, ma per riprendere con il collega Jean Yves Le Drian il filo dei colloqui avuti a Parigi venerdì scorso. È chiaro però che la Francia sta cercando di forzare, o quanto meno mediare una soluzione alle tensioni crescenti tra la Repubblica islamica e gli Stati Uniti. Perciò, nonostante gli americani si siano inizialmente infuriati per la sorpresa, se Macron riuscisse davvero a convincere gli iraniani a riaprire il negoziato sull'accordo nucleare, includendo anche le questioni delle influenze regionali e del programma missilistico, tutto sommato farebbe un favore allo stesso Trump. Se invece lo sfidasse, varando lo «special purpose vehicle» che gli europei stanno valutando da tempo per aggirare le sanzioni Usa e continuare a comprare il petrolio iraniano, provocherebbe una rottura forse insanabile con Washington. I paesi europei, inclusa finora la Gran Bretagna di cui l'attuale premier Johnson era stato fino a poco tempo fa il ministro degli Esteri, non hanno mai seguito la decisione della Casa Bianca di abbandonare il Jcpoa negoziato dall'amministrazione Obama. Perché è un'intesa imperfetta, ma è l'unica che al momento può frenare la corsa di Teheran verso la bomba atomica. Quindi stanno ragionando da tempo sulla creazione di uno «special purpose vehicle» che consenta di continuare a condurre affari con l'Iran senza usare i dollari, e quindi tenga in vita l'accordo aggirando le nuove sanzioni americane. Trump ha sempre detto di aver denunciato il Jcpoa perché non era sufficiente, e di aver applicato la «massima pressione» per convincere gli ayatollah a negoziare un testo nuovo più ampio, che includa anche temi come l'influenza aggressiva della Repubblica islamica in Medio Oriente e il suo programma missilistico, con cui minaccia vicini tipo Israele e Arabia. Venerdì Zarif è stato a Parigi per discutere la situazione con Macron, dopo che l'abbattimento di un Global Hawk americano, il sequestro di una petroliera britannica, e la ripresa parziale dell'arricchimento dell'uranio hanno fatto temere la deriva verso un scontro militare. Ieri sarebbe dovuto andare in Cina per continuare a rompere l'isolamento, ma invece nel primo pomeriggio, tra la sorpresa di tutti gli osservatori, il suo aereo è atterrato a Biarritz. All'inizio Macron aveva lasciato intendere di aver ricevuto dal G7 il mandato di fare una proposta a Teheran, e il ministro tornava con la replica del suo governo. Il presidente Usa però ha smentito di aver discusso la questione e poco dopo l'Eliseo ha chiarito che Zarif, peraltro sottoposto a sanzioni individuali dagli Stati Uniti, non era stato invitato al vertice. Lo scopo della sua visita era far avanzare la trattativa bilaterale francese, alla luce delle discussioni avvenute durante il G7 con Trump e gli altri leader. Il capo della Casa Bianca era stato informato del suo arrivo, ma solo durante il pranzo di sabato con Macron, in modo che non potesse usarlo come scusa per non venire a Biarritz. Gli altri paesi invece lo hanno saputo nel corso della cena inaugurale del vertice, che secondo alcune fonti è stata molto tesa, proprio per le divergenze sull'Iran e la proposta del presidente Usa di tornare ad invitare il leader russo Putin. Dopo i colloqui, Zarif ha rivelato via Twitter di aver incontrato lo stesso Macron e di aver tenuto un briefing con britannici e tedeschi, ma non ha avuto contatti con la delegazione Usa. Agli europei ha recapitato una condizione: vogliamo poter vendere 700mila barili di greggio al giorno per riprendere le trattative. Quindi è ripartito, lasciando questo messaggio: «La strada davanti a noi è difficile, ma vale la pena di provare».

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