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La Stampa Rassegna Stampa
24.07.2019 Boris Johnson, un ritratto dell'uomo che può sconfiggere Corbyn
Commento di Francesco Guerrera

Testata: La Stampa
Data: 24 luglio 2019
Pagina: 9
Autore: Francesco Guerrera
Titolo: «Gaffe, scappatelle e colpi di genio. Così Boris sbarca a Downing Street»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/07/2019 a pag.9, con il titolo "Gaffe, scappatelle e colpi di genio. Così Boris sbarca a Downing Street " l'analisi di Francesco Guerrera.

Se Boris Johnson è l'unico che oggi può sconfiggere Jeremy Corbyn in Inghilterra, tanto basta per fargli i migliori auguri di buon lavoro.

Ecco l'articolo:

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Francesco Guerrera

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Boris Johnson

Inizia l'era di Re Boris. Dio salvi il Regno Unito. Il nuovo primo ministro britannico ascende al trono nel momento più difficile per la Gran Bretagna del dopo-guerra. Al suo arrivo al numero 10 di Downing Street, il 55enne ex giornalista, sindaco di Londra e ministro degli Esteri dovrà affrontare problemi enormi e non solo sulla questione-chiave di come fare la Brexit che ha tanto promesso. L'economia, la politica e la società del Regno Unito sono sull'orlo di crisi profonde e ad evitarle dovrà essere un personaggio più noto per scappatelle extra-coniugali che per l'acume governativo.
Incontrare Boris, o "Bozza", come lo chiamano gli amici, è un tour de force di schermaglie verbali, voli di fantasia e dibattiti seri. Ma per governare il Regno Unito del 2019, Johnson avrà bisogno di molto più della verve intellettuale affinata prima nella sua famiglia benestante (il padre è un romanziere ed ambientalista di origini turche), poi a Eton e Oxford e, prima di entrare in politica, nelle redazioni del Times, Daily Telegraph e Spectator. Un banchiere che conosce Boris bene lo ha paragonato alla Marmite – il lievito spalmabile che è onnipresente sui tavoli della colazioni inglesi: «O lo ami o lo odi», ha detto.
Chi lo odia, lo liquida come un buffone inaffidabile che è disposto a dire qualsiasi cosa pur di essere eletto, che è stato licenziato dal Times per aver inventato una citazione e che è stato cacciato di casa dalla moglie quando si è stufata della sua reputazione di donnaiolo.
Chi lo ama parla di un intelletto brillante con un carisma infinito capace di parlare con presidenti ma anche di farsi amare dalle masse che, non a caso, lo hanno seguito sulla strada della Brexit nel referendum del 2016.
Quale sarà il vero Johnson? Sarà proprio il divorzio dall'Ue a fornire la prima indicazione. Il percorso è in salita. Ci sono meno di 100 giorni prima della scadenza del 31 ottobre e Boris ha giurato all'ala euroscettica del partito conservatore (e del paese) che è pronto a una «crash-out Brexit», un'uscita-schianto senza accordi con l'Europa.
È uno scenario da brividi per gli economisti. La settimana scorsa, l'Ufficio per la Responsabilità Fiscale, un organo governativo, ha predetto che un'uscita rovinosa porterebbe alla recessione, spingerebbe la disoccupazione sopra il 5% e causerebbe un crac nel mercato immobiliare, per non parlare della sterlina. È possibile che, vista la situazione, l'Ue ritardi la scadenza ma Bruxelles non ha alcuna intenzione di riaprire i negoziati, come Johnson ha promesso di fare. In questo caso, Bozza dovrà dimostrare il proprio pragmatismo, convincere l'Europa ad accettare un periodo di «stasi» in cui la Gran Bretagna esce dall'Ue ma mantiene legami commerciali mentre continua a negoziare le questioni ostiche quali il confine irlandese. Questa è più o meno l'unica soluzione che terrebbe unito il partito Conservatore e darebbe a Johnson una buona chance di sconfiggere i laburisti/socialisti di Jeremy Corbyn quando il paese va alle urne, probabilmente in autunno.
Se Boris non riesce a convincere le fazioni filo-europee del partito a stare con lui, il suo «regno» potrebbe essere uno dei più brevi della storia. Corbyn e i suoi non sono in forma perfetta – tra accuse di antisemitismo e politiche economiche di stampo brezneviano – ma contano sullo scisma dei Conservatori, l'inesperienza del team-Johnson e la goffaggine politica del premier neofita per sfrattarlo da Downing Street.
Ma non c'è solo la Brexit. Il governo-Johnson dovrà decidere cosa fare su tasse, pensioni, sistema sanitario nazionale e istruzione – questioni annose che sono state «dimenticate» durante il caos-Brexit ma che fanno la differenza per milioni di cittadini. E poi ci sono le ferite sociali. Dopo anni di divisioni ideologiche sull'Europa, battaglie sull'immigrazione e disparità economiche sempre più grandi, la Gran Bretagna è un paese alla ricerca di coesione sociale, di empatia tra ceti sociali e di terreno comune e non terra bruciata. A prima vista, Johnson - spesso borioso, a volte «Trumpiano», quasi sempre elitario - non sembra la figura adatta a rimarginare lesioni di tale gravità. Starà a lui dimostrare il contrario. La Gran Bretagna non ha scelta: deve tifare per Bozza.

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