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La Stampa Rassegna Stampa
17.07.2019 Noam Chomsky difende l'Iran nucleare
Lo intervista Francesco Semprini

Testata: La Stampa
Data: 17 luglio 2019
Pagina: 25
Autore: Francesco Semprini
Titolo: «Chomsky: Populismo? Una reazione alle diseguaglianze del nostro mondo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/07/2019, a pag.25 con il titolo "Chomsky: Populismo? Una reazione alle diseguaglianze del nostro mondo" l'intervista di Francesco Semprini a Noam Chomsky.

Le opinioni estremiste di Chomsky sono note ai lettori di IC. Oggi Chomsky sostiene la "denuclearizzazione completa" del Medio Oriente. Ma quello che è fondamentale - e che Chomsky non dice - è chi possiede armi nucleari per aggredire. Se a disporne (per esigenze esclusivamente difensive di deterrenza) è uno Stato democratico come Israele non esiste problema, diverso è se le possiedono Stati criminali e terroristi come l'Iran. Nello stesso modo, se ad avere la Bomba fossero Paesi liberi e democratici come per esempio Svizzera o Italia nessuno protesterebbe. Ma tacere tutto questo è utile a Chomsky per difendere meglio il regime degli ayatollah a attaccare ancora una volta Israele.
Ecco l'articolo:

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Francesco Semprini

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Noam Chomsky

Professor Chomsky, Nuclear War and Enviromental Catastrophe è stato pubblicato per la prima volta nel 2013. Come è cambiato il mondo negli ultimi sei anni?
«Una buona indicazione è il famoso "Doomsday Clock del Bulletin of Atomic Scientists", istituito nel 1947. A quel tempo la lancetta era impostata a 7 minuti alla mezzanotte, ovvero al disastro terminale. Nel 2013 è stata fissata a cinque minuti, nel 2016 a 3 minuti. Tenendo conto della catastrofe ambientale e della crescente minaccia nucleare, dopo il primo anno di presidenza di Trump, nel gennaio 2018 è stata spostata a 2 minuti alla mezzanotte. È l'intervallo più sottile dal 1953, quando i programmi degli Stati Uniti e gli esperimenti termonucleari dell'Unione sovietica rivelarono come l'uomo fosse riuscito a inventare efficaci strumenti per la distruzione totale».

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Netanyahu lo aveva annunciato da anni: l'Iran si avvicina alla Bomba

Quanto ha influito l'uscita degli Usa dall'accordo nucleare con l'Iran?
«I servizi segreti Usa ammettono che l'Iran ha pienamente rispettato l'accordo, mentre gli Stati Uniti, in realtà, l'avevano violato impedendo l'accesso dell'Iran al sistema finanziario globale e agli scambi commerciali. Tutto questo fa parte degli sforzi degli Usa volti a eliminare qualsiasi deterrente al loro controllo del Medio Oriente, attraverso l'alleanza con gli Stati arabi più reazionari (Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, l'Egitto di Sisi) e Israele. La corretta soluzione alla minaccia delle armi nucleari in Medio Oriente è chiara: istituire una zona senza atomiche nella regione. L'idea è fortemente sostenuta dall'Iran, da alcuni Stati arabi, dall'ex movimento non allineato e accettata dal resto del mondo, ma regolarmente bloccata dagli Stati Uniti, più recentemente da Obama. Le ragioni sono ben note ma inesprimibili. Significherebbe esporre i programmi atomici israeliani alle ispezioni, e per gli Usa, ammettere la loro esistenza».
Quanto incide su tutto questo l'ondata di populismo che ha investito il mondo?
«Non penso che il termine "populismo" sia appropriato. Il populismo ha una storia onorevole: il movimento populista negli Stati Uniti alla fine del XIX secolo è stato il più democratico nella storia americana, prima che fosse schiacciato. E la risposta dei governi alla volontà popolare dovrebbe essere applaudita. Quello che stiamo vedendo ora è una reazione amara, arrabbiata, risentita di persone che sono state messe da parte dai programmi distruttivi neoliberisti ispirati all'austerità della passata generazione. Queste politiche hanno creato sistematicamente due società: un piccolo settore di ricchezza altamente concentrata insieme a una stagnazione generale o un declino per la maggioranza, con l'evidente effetto di minare la democrazia funzionante con mezzi familiari».
Quanto è responsabile l'Europa di tutto questo?
«Ha grandi responsabilità. L'Europa ha un potenziale enorme, in ogni campo: economico, culturale e politico, se riesce a superare gli elementi disfunzionali dell'Unione europea. L'Europa dovrebbe essere in prima fila nell'affrontare e superare i problemi e le minacce che proiettano un'ombra così cupa sul mondo contemporaneo».
Oggi quanto siamo vicini alla mezzanotte?
«La lancetta è ancora più vicina che nel 2018 a causa della follia letterale delle istituzioni esistenti. Due casi su tutti. Trump crede fermamente nel riscaldamento globale: di recente ha chiesto al governo irlandese il permesso di costruire un muro per proteggere il suo campo da golf dall'innalzamento del livello del mare, facendo appello alla minaccia del riscaldamento globale. Al tempo stesso sta facendo di tutto per accelerare il riscaldamento globale. Jamie Dimon, Ceo di Jp Morgan Chase, sta aumentando gli investimenti in combustibili fossili anche se sa esattamente cosa significa per le generazioni future. E la lista continua».
È ancora possibile invertire la situazione?
«Certamente è. La maledizione delle armi nucleari può essere portata a termine con una decisione umana. Ho citato un esempio, la creazione di una zona senza armi nucleari nella volatile regione mediorientale. Il riscaldamento globale e altre forme di distruzione ambientale possono essere controllate con mezzi noti e disponibili. Tutto può essere invertito. In Usa, la campagna di Bernie Sanders, che ha riscosso un notevole successo nel 2016, ha rotto con oltre un secolo di storia politica americana di elezioni ampiamente comprate. Lo stesso vale per la rivitalizzazione del Partito laburista britannico da parte di Corbyn, mentre sul continente ci sono molti sviluppi simili, tra cui l'emergere del movimento DiEM25 di Yanis Varoufakis, che ha schierato candidati in elezioni europee. Ovunque guardiamo, abbondano le alternative costruttive. È, ancora una volta, bene tenere a mente un motto reso famoso da Gramsci, secondo cui dovremmo avere "Il pessimismo dell'intelligenza e l'ottimismo della volontà"».

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