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La Stampa Rassegna Stampa
13.07.2019 Che ci fa ancora Erdogan nella Nato? Non dimentichiamo chi voleva la Turchia nella UE
Cronaca e analisi di Giordano Stabile, Marta Ottaviani

Testata: La Stampa
Data: 13 luglio 2019
Pagina: 9
Autore: Giordano Stabile-Marta Ottaviani
Titolo: «Turchia, arrivano i primi missili russi. Erdogan allo scontro con Nato e Trump-L'ambizione è il Mediterraneo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 13/07/2019 a pag.9 due servizi sulla Turchia, la cronaca di Giordano Stabile, l'analisi di Marta Ottaviani

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i missili russi arrivano in Turchia

Di fronte a una Turchia filo Russia che si schiera contro Nato e Usa, è opportuno ricordare quando alcuni anni fa parecchi nostri politici, Emma Bonino in testa, seguita da tutta la sinistra, si davano un gran da fare per fare entrare la Turchia in Europa. Naturalmente sono gli stessi che ancora oggi invadono le pagine dei giornali e gli schermi televisivi, intervistati in quanto "esperti" politici.

Giordano Stabile: " Turchia, arrivano i primi missili russi. Erdogan allo scontro con Nato e Trump"

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Giordano Stabile

Le immagini del gigantesco aereo da trasporto Antonov A-124 che apriva il portellone della stiva e faceva scendere i primi missili russi S-400 sono state trasmesse da tutte le tv turche. Alla base di Murted, vicino ad Ankara, l’alleanza fra la Russia e la Turchia ha fatto un altro passo avanti, un balzo che avrà serie conseguenze per il futuro. La vendita del sistema antiaereo più avanzato a disposizione di Mosca si è alla fine concretizzata. Dopo due anni di trattative, mezzi passi indietro, e soprattutto una tremenda pressione da parte degli americani, ferocemente contrari all’accordo, Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin hanno messo il sigillo al contratto da 2,5 miliardi di dollari. Al summit di Osaka, in un bilaterale tutto sorrisi, il presidente turco aveva dato la conferma: entro metà luglio sarebbero arrivati i primi missili. E così è stato. L’affare è importante dal punto di vista economico e permette alla Turchia, sottolineano ad Ankara, di risparmiare oltre un miliardo rispetto all’acquisto dei Patriot, l’equivalente americano degli S-400. Ma è l’aspetto strategico ad avere una portata più ampia. Il sistema russo è destinato a formare l’ossatura delle difese antiaeree della Turchia, ed è incompatibile, non integrabile con i sistemi Nato. In passato un altro Paese dell’Alleanza, la Grecia, si è dotato di un sistema russo, l’S-300, ma soltanto per la necessità di disinnescare una crisi dovuta al loro acquisto da parte di Cipro. La decisione di Ankara di mettersi sotto l’ombrello russo è politica. Washington ha cercato di dissuaderla in tutti i modi. Prima con l’offerta di alternative, giudicate insufficienti e costose. Poi con le minacce, le sanzioni. La Turchia ha le seconde forze armate fra i 29 Paesi della Nato. Confina con la Siria, l’Iraq, l’Iran, è il «pilastro sudorientale» dell’Alleanza. Gli Usa non possono «perdere» la Turchia. Se ne sono resi conto forse in ritardo. Dopo oltre un anno di assenza hanno nominato un nuovo ambasciatore, un diplomatico di altissimo rango, David Satterfield, con il compito di frenare la deriva. Non sarà facile. Il portavoce del dipartimento di Stato ha avvertito che la Turchia «dovrà affrontare conseguenze negative molto concrete», compresa «la partecipazione al programma F-35». Per il segretario alla Difesa Mark Esper a questo punto Ankara «non riceverà» i cacciabombardieri invisibili. Sono aerei ipertecnologici che andranno a costituire il grosso delle forze aeree della Nato. Ankara ne ha prenotati 100 e si è ritagliata una fetta di commesse per le sue aziende militari, che dovranno produrre 937 delle migliaia di componenti. A Osaka Erdogan ha incontrato anche Donald Trump, per cercare di scongiurare rappresaglie. Ma il Congresso americano spinge per sanzioni dure e ieri il Senato ha chiesto con una mozione bipartisan di insaprirle. I piloti turchi sono già stati tagliati fuori dall’addestramento per gli F-35. Le consegne sono state bloccate. Il Pentagono teme che i caccia turchi vengano usati come «cavie» dai russi, per testare e migliorare gli S-400. Il reiss non demorde e rilancia. Ha annunciato che potrebbe comprare i caccia invisibili russi, i Su-57, al posto di quelli statunitensi. E ha proposto a Putin di sviluppare assieme il successore degli S-400, l’S-500, «capace di colpire anche nello spazio». Un luna di miele che ha soprattutto un colpevole: il fallito golpe del 15 luglio 2016. L’entourage di Erdogan considera l’America per lo meno negligente, perché la Cia non li avvertì delle mosse dei golpisti. Non a caso la prima batteria di S-400 verrà schierata a difesa dei palazzi governativi, un’assicurazione in caso di un nuovo ammutinamento.

Marta Ottaviani: " L'ambizione è il Mediterraneo"

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Marta Ottaviani

E'una Turchia sempre più irrequieta quella a cui, dal 2009, ci ha abituato il presidente Recep Tayyip Erdogan, con la sua politica estera indipendente ai limiti dell’ondivago che, in breve tempo, ha destabilizzato molte aree del Mediterraneo. Un atteggiamento sempre più aggressivo e imprevedibile, a cui si devono aggiungere la volontà di Ankara di produrre materiale bellico complesso autonomamente e un progetto di leadership nel Mediterraneo da cui non è escluso un motivo religioso. Sta di fatto che, oltre ai rapporti tesi con Washington sulla questione S-400, ci sono almeno altri tre capitoli che rischiano di provocare numerosi attriti con quelli che sono i suoi alleati storici, ossia gli Stati Uniti, la Nato e l’Unione Europea. Il nodo Il primo è rappresentato dalle acque attorno all’isola di Cipro. Nel 2004, la parte greca dell’isola è entrata nell’Ue, mentre quella turca è riconosciuta dalla Mezzaluna, ma non dalla comunità internazionale. Questo provoca una serie di conseguenze a livello diplomatico, fra cui l’utilizzo dei fondali, che appartengono a Cipro greca e alla Grecia dal punto di vista dei trattati, ma sui quali la Turchia rivendica il proprio diritto di sfruttamento, non riconoscendo le leggi su cui si basa la comunità internazionale e chiudendo a qualsiasi tipo di compromesso. Non solo, il presidente Erdogan ha annunciato più volte che chiederà la revisione del trattato di Losanna, che scadrà nel 2023, per rivendicare alcune isole di fronte alla costa turca, ma che appartengono alla Grecia. Quello che alcuni scambiano solo per un motivo nazionalista, ha uno scopo ben preciso. Se alcune isole passassero sotto la sovranità turca, infatti, si avrebbero cambiamenti sostanziali nel ridisegnare le mappe delle acque territoriali. Intanto, però, Ankara manda navi da guerra al largo di Cipro e prosegue con le trivellazioni, incurante degli avvertimenti di Usa e Unione europea. L’influenza in Libia e in Siria Anche allo scoppio delle crisi in Libia e in Siria, la Turchia ha fatto capire ai suoi alleati che le avrebbe gestite in modo autonomo. Nel primo caso, pur sostenendo il governo di Al Sarraj è accusata, insieme con il Qatar, di finanziare le tribù più vicine ai Fratelli Musulmani. Ancora più complessa la situazione in Siria, dove, dopo aver tenuto una linea anti Assad e aver finanziato tutte le frange più controverse dell’opposizione siriana, adesso Ankara è alleata con la Russia, maggiore sponsor del presidente di Damasco. Ma nello stesso tempo chiede con insistenza una zona cuscinetto nel Nord del Paese, ufficialmente in funzione anti terrorismo, ufficiosamente contro la minoranza curda.

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