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La Stampa Rassegna Stampa
21.06.2019 Sulla Stampa due titolazioni che nemmeno il Manifesto
Cronaca invece equilibrata di Paolo Mastrolilli, Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 21 giugno 2019
Pagina: 1
Autore: Paolo Mastrolilli-Giordano Stabile-
Titolo: «Pag.1 Drone abbattuto, Trump minaccia l'Iran- pag.11 Trump minaccia 'Risponderemo agli attacchi iraniani'»

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Ma i titoli accusano Trump

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 21/06/2019, la cronaca di Paolo Mastrolli e Giordano Stabile sull'abbattimento del drone americano, con due titolazioni, a pag.1  accanto all'immagine di Trump, dal titolo " Drone abbattuto, Trump minaccia l'Iran" poi  il pezzo a pag.11 dal titolo "Trump minaccia 'Risponderemo agli attacchi iraniani'. Il contrario di quanto è avvenuto.
Le titolazioni dei giornali oggi, riportano l'attacco dell'Iran al drone, alcuni citando entrambe le versioni, persino il MANIFESTO titola " Guerra nel Golfo, Drone Usa abbattuto dall'Iran, Trump prepara il conflitto"
ovviamente accusa Trump, ma il Trump minaccioso della STAMPA non è da meno! Unico fra tutti quotidiani italiani, che invece riportano come più che probabile il fatto che il drone volasse nello spazio internazionale.

L'opinione di IC nei commenti di Antonio Donno, Giovanni Quer in prima pagina

Ecco la cronaca

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Paolo Mastrolilli       Giordano Stabile

Il duello nel Golfo è salito di un altro gradino ieri all'alba, quando un drone di sorveglianza americano è stato abbattuto sopra la sottile striscia di mare che divide le coste iraniane da quelle degli Emirati e dell'Oman, lo Stretto di Hormuz, oggi il punto più caldo al mondo. Il presidente Trump ha riunito alla Casa Bianca i consiglieri per la sicurezza nazionale, per discutere la risposta: «Il nostro paese non accetterà questo atto». L'aereo, un Global Hawk, è stato centrato alle 4 e 45 del mattino, a poca distanza dalla città costiera di Kuhmobarak. «Nello spazio aereo iraniano», secondo i Pasdaran, che con il loro comandante Hossein Salami hanno rivendicato il diritto a «difendere i confini», una «linea rossa» gli Usa non possono permettersi di valicare. Washington però nega che il velivolo l'abbia oltrepassata. Il drone, ha spiegato il Central Command, I nemici non hanno altra scelta se non rispettare l'integrità territoriale dell'Iran «stava operando nello spazio aereo internazionale sullo Stretto». Il comandante della base di Al-Udeid, in Qatar, generale Joseph Guastella, ha precisato che si trovava a «34 chilometri» dalle coste iraniane. Il Pentagono ha anche diffuso un breve video in bianco e nero che mostra il fumo uscire dalla coda del velivolo. Nel pomeriggio la tensione è andata alle stelle. Trump ha avvertito che gli iraniani avevano commesso «un errore molto grave». Quando gli hanno chiesto se avesse intenzione di attaccare ha risposto sibillino: «Lo scoprirete presto». Poi ha aggiustato il tiro e negato con forza che l'America voglia un conflitto: «Per niente. In molti casi è l'opposto. Ho detto che voglio uscire da queste guerre infinite, mi batto per questo». L'escalation, cominciata con gli attacchi alle petroliere davanti al porto di Fujarah il 12 maggio, e continuata con quelli di giovedì scorso nel golfo dell'Oman, sembra però inarrestabile. Un drone identico a quello abbattuto ieri era già stato preso di mira durante il sabotaggio delle navi con mine magnetiche. Allora i Pasdaran, secondo funzionari americani, avevano usato un missile anti-aereo portatile, con scarse possibilità di successo. L'RQ-4A Global Hawk è un drone di dimensioni notevoli, lungo 14,5 metri e con una apertura alare di 40 metri, spinto da un motore a reazione fino a una velocità di 630 chilometri all'allora. Ma soprattutto vola molto in alto, a 18 mila metri di quota. Il missile che l'ha abbattuto ieri deve essere quindi performante e analisti locali parlano di un sistema simile all'S-300 russo, che gli iraniani avrebbero riprodotto sulla base di quelli forniti da Mosca. I Pasdaran sostengono di aver usato un «Khordad», sviluppato dall'Sa11 «Buk» sovietico. Trump si è riunito con il segretario di Stato Pompeo, l'uscente alla Difesa Shanahan e l'entrante Esper, per valutare le opzioni. Fonti autorevoli di Paesi alleati ritengono che gli Usa non siano ancora pronti all'azione militare per due motivi: primo, negli attacchi iraniani non ci sono state vittime e non arrivano al livello previsto dai protocolli americani per scatenare una rappresaglia; secondo, il Pentagono è prudente sull'evenmale intervento e frena sull'uso della forza. Le fonti però chiariscono che queste sono le indicazioni generali ricevute: «Poi tutto dipenderà da chi prenderà la decisione e come». Il processo per determinare la risposta è iniziato, con il coinvolgimento degli alleati più stretti. Infatti l'inviato speciale di Washington per l'Iran, Brian Hook, è in Europa proprio per discutere i prossimi passi. Gli europei, inclusi i britannici che hanno i Royal Marines a difesa delle navi civili nel Golfo Persico e sono pronti a pattugliarlo per garantire la libertà di navigazione, vogliono ancora tenere separate le questioni: da una parte l'accordo nucleare Jcpoa, abbandonato dagli Usa; dall'altra le azioni aggressive di Teheran nella regione. Sul primo punto, il Jcpoa prevede che l'Aiea certifichi la violazione annunciata dall'Iran in termini di arricchimento dell'uranio, e dopo un periodo di 60 giorni le sanzioni potrebbero tornare in vigore. Molti analisti ritengono che gli ayatollah stiano provocando proprio per spingere gli europei a dare più aiuti e contenere gli americani, ma cercando di evitare una guerra. La visita di Hook chiarirà la direzione degli Usa, e il vertice avvenuto alla Casa Bianca stabilirà se mettere in moto la macchina militare. Intanto il prezzo del petrolio è schizzato a oltre 54 dollari al barile.

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