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Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/06/2019, a pag.9 tre servizi sull'attacco alle due petroliere da parte dell'Iran, a cura di Giordano Stabile e Giuseppe Agliastro.
L'attacco continua a essere definito 'misterioso', ma il video prodotto dagli Usa non lascia dubbi. Il pezzo di Agliastro chiarisce il ruolo di Putin nella vicenda, una difesa dell'Iran, compreso l'accordo sul nucleare. Giordano Stabile: " Golfo, il video che accusa gli iraniani, Usa: così hanno rimosso la mina" Un video della Marina americana mostra militari iraniani intenti a rimuovere «una mina magnetica inesplosa» dalla fiancata destra della Kokuta Courageous, la petroliera giapponese colpita giovedì nel golfo dell'Oman assieme alla norvegese FrontAltair. È la prova, secondo Washington, che il sabotaggio è stata opera della Repubblica islamica e che i suoi marinai hanno rimosso una prova del suo coinvolgimento. Per gli Stati Uniti si tratta della «pistola fumante» che punta diritto contro Teheran, impegnata ad alzare il livello dello scontro e a minacciare il «flusso del petrolio nello Stretto di Hormuz», come ha accusato il segretario di Stato Mike Pompeo. Gli iraniani hanno smentito e accusato a loro volta gli Usa di praticare «sabotaggi diplomatici». Il video è al centro di un braccio di ferro sempre più pericoloso, un piano inclinato verso la guerra che finora nessuno è riuscito a raddrizzare. Il Central Command americano ha specificato che il filmato mostra un «pattugliatore delle Guardie rivoluzionarie iraniane della classe Gashti avvicinarsi alla Kakuta Courageous alle 4 e 10 del pomeriggio» per rimuovere Sono stati gli iraniani a fare l'attacco e non volevano lasciare prove «una mina magnetica inesplosa» che era stata «probabilmente applicata a mano da un barchino veloce iraniano». Un'accusa circonstanziata anche se ufficiali anonimi hanno precisato al «Washington Post» che non potevano «dire con certezza chi l'aveva piazzata sulla fiancata». Prudenza d'obbligo, dopo la scottatura sull'Iraq. Sulle tracce delle petroliere in fiamme giovedì si erano gettate unità iraniane ma anche il cacciatorpediniere lanciamissili USS Bainbridge, che dispone di strumenti per la raccolta di informazioni. Per questo Pompeo ha ribadito che la convinzione della Casa Bianca è basata «su intelligence, tipo di armi usate, livello di capacità tecniche, similitudini con attacchi iraniani ad altre navi», il che porta ai Pasdaran. Concetto ribadito da Trump in un'intervista alla Fox: «Questo attacco porta la parola Iran scritta ovunque, sono stati loro, non volevano lasciare prove». Sulla stessa linea il vicepremier italiano Matteo Salvini: non si può «avere un dialogo con un Paese che pensa di cancellarne un altro», cioè Israele, »dalla faccia della Terra». Accuse rigettate dal presidente Hassan Rohani che ha ribattuto come gli Usa negli ultimi due anni si siano trasformati in una «minaccia per la stabilità della regione e del mondo». Il ministro degli EsteriJavad Zarif li ha accusati di fare «asserzioni senza uno straccio di prova» per «sabotare la diplomazia». Un riferimento alla missione del premier giapponese Shinzo Abe, affondata secondo gli iraniani dagli stessi americani o dai sauditi, che avrebbero «piazzato le mine prima della partenza» delle navi. Anche i nipponici sembrano nutrire dubbi. L'armatore Kokuka Sangyo, dopo che giovedì aveva parlato di siluri, ieri ha alluso a «un oggetto volante» che avrebbe colpito la nave, non una mina. E poi il video mostra l'ordigno e segni di un'esplosione a tribordo, mentre la petroliera è stata attaccata a babordo, sul lato opposto. In ogni caso gli incursori hanno posto gli esplosivi sopra la linea di galleggiamento, quindi non volevano causare morti né un disastro ambientale Giordano Stabile: "Dal nucleare alle milizie, ecco le ragioni dell'escalation" 1. L'attacco alle petroliere nel golfo dell'Oman è solo l'ultimo episodio di una escalation fra Stati Uniti e Iran, che si è via via aggravata a partire dal ritiro americano dall'accordo sul programma nucleare. Come siamo arrivati a questo punto? «L'8 maggio del 2018 Donald Trump annuncia che gli Stati Uniti si ritirano dal Jcpoa, l'accordo internazionale voluto dal predecessore Barack Obama per mettere sotto controllo le ambizioni atomiche di Teheran e considerato insufficiente dal nuovo inquilino della Casa Bianca. Ma il primo vero colpo arriva sei mesi dopo, quando Trump inasprisce le sanzioni all'Iran e aggrava la crisi economica e l'inflazione nel Paese. Dopo altri sei mesi, nuovo giro di vite: l'embargo sulle esportazioni di greggio diventa totale e i Paesi che erano esentati, compresi Giappone e Italia, cessano di acquistarlo. L'8 maggio 2019 il presidente Hassan Rohani, all'angolo, annuncia a sua volta che l'Iran si ritirerà da parti dell'intesa e ricomincerà ad arricchire l'uranio a ritmo sostenuto». Giuseppe Agliastro: " Putin offre una sponda a Rohani e rilancia la sfida a Washington" Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante lettere@lastampa.it |
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