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La Stampa Rassegna Stampa
06.05.2019 Addio a Sergio Minerbi (1929-2019)
Commento di Manuela Consonni e il nostro invito a rileggere i suoi articoli su IC

Testata: La Stampa
Data: 06 maggio 2019
Pagina: 11
Autore: Manuela Consonni
Titolo: «Addio a Minerbi, pioniere delle relazioni fra Stato ebraico e Santa Sede»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 06/05/2019, a pag.11, con il titolo "Addio a Minerbi, pioniere delle relazioni fra Stato ebraico e Santa Sede" l'articolo di Manuela Consonni.

IC ha pubblicato articoli di Sergio Minerbi, accessibili tutti cliccando sul link http://www.informazionecorretta.com/find.php?find=Sergio+Minerbi
Gli argomenti toccati da Minerbi negli anni sono stati la relazione diplomatica tra Vaticano e Israele; le figure di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco nel rapporto con ebrei e Israele; le omissioni e il silenzio di Pio XII; la figura criminale di Adolf Eichmann, processata a Gerusalemme nel 1961; la storia della Ferrara ebraica di cui Minerbi stesso era un esponente da parte paterna, il suo incontro con Altiero Spinelli, dove aveva rivelato l'odio del cosiddetto padre dell'Europa per Israele e tanti altri temi da rileggere in ricordo di un grande storico/diplomatico. Ci mancherà.

Ecco l'articolo:

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Manuela Consonni

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Sergio Minerbi

Si è spento a Gerusalemme all’età di ottantanove anni, Sergio Itzhak Minerbi, il battistrada, l’uomo che ha dedicato la sua vita a sviluppare, indagare, studiare i rapporti tra il Vaticano e gli ebrei. Dotato di una vis polemica forte, tenace, accompagnata da un profondo senso dell’umorismo e da una modestia fuori dal comune. Ha svolto il suo lavoro tra la diplomazia e la Storia con arguzia, impegno e devozione, tra gli esponenti di maggior rilievo del mondo ebraico italiano in Israele, pur mantenendo sempre vivo il suo rapporto con l’Italia e con Roma. Spinto dalla convinzione che il legame, non solo culturale ma diplomatico, fra Stato Ebraico e Santa Sede era nell’interesse di entrambi. Fu lui a battersi per primo, dentro il ministero degli Esteri di Gerusalemme, per cercare canali diretti con il Vaticano così come fu lui a recarsi a Roma in più occasioni per superare l’ostacolo della mancanza di relazioni formali che venne superato solo da Karol Wojtyla dopo la Guerra del Golfo del 1991. Ambasciatore di carriera, Minerbi aveva intrapreso, parallelamente alla sua attività diplomatica, la carriera di storico dell’ebraismo italiano, profondo conoscitore della Shoah e protagonista di lunghe giornate di studio sul comportamento tenuto da Pio XII – di cui rimase sempre un critico feroce - durante le persecuzioni contro gli ebrei per mano dei nazi-fascisti, esprimendo con forza i dubbi e le critiche, verso la politica del pontefice.

Minerbi era nato a Roma il 3 agosto 1929 da Arturo, un ebreo di origine ferrarese e Fanny Ginzburg, nata a Byalistok in Polonia. Quando aveva 11 anni, nel 1940, pochi mesi dopo l’invasione tedesca della Polonia, la madre Fanny si recò a Varsavia per portare in salvo, a Roma, i suoi genitori. Fu un fatto determinante per la madre Fanny avere assistito alla brutalità nazista che ebbe conseguenze sulla vita della famiglia ed in particolare su quella del giovane Sergio. Infatti, quando il 16 ottobre del 1943 I nazisti iniziarono la razzia nel ghetto di Roma che vide la deportazione di più di mille ebrei ad Auschwitz, due giorni dopo, dal collegio militare dove erano stati radunati, proprio sotto le finestre di Pio XII, la famiglia decise di lasciare la loro casa al numero 24 di Via Ravenna per rifugiarsi a casa di amici cattolici. La madre temeva per la vita del figlio, perciò decise un nascondiglio più sicuro per Sergio, rivolgendosi a don Alessando Di Pietro nella sua qualità di direttore dell’Istituto San Leone Magno, situato in via Montebello 124. Il superior accolse Sergio tra i 900 allievi presenti in istituto. La scuola cattolica traeva la propria identità dal carisma religioso marista, trasmesso da san Marcellino Champagnat. Secondo quanto è riportato dallo Yad Vashem, durante la sua permanenza al San Leone Magno, Minerbi fu ben trattato, senza ricevere vere pressioni per convertirsi, malgrado ogni mercoledì, nel pomeriggio, incontrasse un prete che gli dava lezioni private di religione. Pur giovanissimo, la sua identità ebraica era rimasta salda, la sua capacità introspettiva eccezionale, tanto che, pur senza parole, Sergio era consapevole che tra gli alunni dell’istituto c’erano altri ragazzi ebrei, soprattutto italiani, con altri rifugiati provenienti dalla Germania, dalla Francia e dal Belgio. I ragazzi ebrei frequentavano le lezioni, mescolandosi agli altri ragazzi dell’istituto e condividendo la vita del collegio, mangiando e dormendo nelle stesse camerate. Sergio rimase al San Leone Magno fino alla liberazione di Roma, il 4 giugno 1944, mentre i suoi genitori, Arturo e Fanny, e i suoi nonni trovarono rifugio, sempre in città, nelle case di amici e conoscenti, sopravvivendo alle persecuzioni naziste. Il 16 luglio 2001, Yad Vashem riconobbe Don Alessandro Di Pietro, allora novantatreenne, come Giusto tra le nazioni. Secondo il rapporto di don Di Pietro.

Nel 1947 Minerbi, dopo essersi unito al movimento dei chalutzim (pionieri), emigrò in Israele, nel kibbutz Ruhama, nel Nord del Negev, dove rimase fino al 1956, per poi trasferirsi a Gerusalemme. Nel 1961, cominciò a lavorare per il ministero degli Esteri israeliano, dove rimase fino al 1989, e dove ricoprì diversi incarichi. Dal 1978 al 1983, Minerbi fu ambasciatore di Israele presso la Comunità europea (oggi Unione europea), Belgio e Lussemburgo. Nel 1961 coprì il processo Eichmann per la televisione italiana e in seguito pubblicò un libro sul processo. Fu autore di 11 libri e più di 100 articoli accademici, molti dei quali su ciò che più aveva a cuore: i rapporti tra il Vaticano e gli ebrei.

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