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La Stampa Rassegna Stampa
01.04.2019 L'attentato terrorista all'hotel di Mumbai adesso è un film
Recensione/intervista di Lorenzo Soria

Testata: La Stampa
Data: 01 aprile 2019
Pagina: 26
Autore: Lorenzo Soria
Titolo: «Hotel Mumbai, dentro l’orrore»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 01/04/2019, a pag.26 con il titolo "Hotel Mumbai, dentro l’orrore " la recensione/intervista di Lorenzo Soria.

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Lorenzo Soria

Era un giorno sul finire di novembre del 2008 quando dieci jihadisti appartenenti al gruppo pakistano Lashkar-e-Taiba sbarcarono inosservati a Mumbai a bordo di un gommone determinati a «uccidere tutti». Armati di AK-47, di granate ed esplosivi iniziarono a disseminare terrore alla stazione dei treni, in un cinema e in un centro ebraico per poi spostarsi al Taj Mahal Palace Hotel, il leggendario albergo noto a tutti semplicemente come il Taj, da oltre un secolo simbolo architettonico della metropoli indiana. Con le autorità paralizzate e l’unico commando anti-terrorismo del Paese dislocato a New Delhi, per tre giorni i terroristi agirono quasi indisturbati, uccidendo 195 persone.

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La locandina


Undici anni dopo, quegli eventi e in particolare l’assedio al Taj sono al centro di un film diretto da Anthony Maras che ha momenti un po’ troppo zuccherosi ma che riporta visceralmente lo spettatore a quei giorni di orrore e di impotenza: Hotel Mumbai, un film basato sui fatti ma con dentro molti personaggi fittizi. Tra questi un ricco americano con moglie e bambina piccola, lui è Armie Hammer. «Il mio personaggio è un’amalgama di due ospiti durante l’assedio - ricorda il protagonista di Chiamami col tuo nome -. Sono state riprese molto emotive, solo entrare nella lobby dell’albergo col resto del cast e vedere il muro con i nomi delle vittime ha fatto venire le lacrime a tutti. Sarebbe ora per la nostra specie di evolvere, di smettere di sparaci addosso, di dire basta a queste ideologie estremiste e xenofobe e a questi muri immaginari».

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Dev Patel


Un altro dei protagonisti è Dev Patel, quello di The Millionaire, che è uno dei produttori esecutivi del film e che qui si è ritagliato la parte di un cameriere sikh che potrebbe scappare dall’albergo e tornare dalla sua famiglia ma sceglie di restare e proteggere i suoi ospiti guidandoli tra cunicoli, scale di servizio, stanze semi-nascoste.
Patel, per lei che è di origine indiana questa è una storia molto personale.
«Io sono nato e cresciuto in Inghilterra, anche se non mi identifico solo come inglese. Mi sento il prodotto di due culture e sento la responsabilità di ideare film come questo, così posso aiutare a creare un ponte tra due mondi che sono entrambe nel mio Dna. L’India ha ovviamente avuto un impatto molto grande su di me. La sequenza della grande danza alla fine di The Millionaire è stata girata alla stazione e l’attacco è avvenuto mentre ero in tour per presentare il film. Ed è stato allora che ho pensato che avrei voluto essere parte di questa storia».
Che cosa farebbe in una situazione del genere? Quello che mira a salvare la propria pelle o quello che si sacrifica per gli altri?
«Tutti mi chiedono che cosa farei in quel frangente e la risposta è: ma che diavolo ne so? So solo che non oserei nemmeno tentare il destino, ma so anche che molti membri dello staff si sono legati i vassoi da forno al petto e sono usciti davanti agli AK-47 per salvare gli ospiti. Un atto inimmaginabile, di grande ispirazione. Ma ripeto, non so proprio che cosa farei».
Il killer in Nuova Zelanda ha colpito una moschea nel nome della religione, un’azione quasi speculare a quella di Mumbai.
«Quando i terroristi arrivano non importa se vieni da una baraccopoli sikh a Mumbai, se sei un cameriere al Taj o un miliardario russo o qualsiasi altra cosa. Quando arrivano i terroristi, tutti siamo uguali. Ma questo non è un film anti-musulmano, questo è un film anti-fondamentalismo religioso che spero aiuti a farci capire un po’ meglio la follia dei nostri tempi. Spero che quando le persone guarderanno questo film, ne escano pensando a come nei momenti di crisi sappiamo unirci».
Lei è uno dei simboli di Hollywood che si apre al mondo, finalmente pronta a presentare attori con volti, colori e culture diversi.
«Prima di tutto voglio mettere in chiaro che ci sono tanti grandi attori di discendenza asiatica che stanno facendo un ottimo lavoro, che non ci sono solo io. Certo, è un momento meraviglioso per essere un attore. L’industria si sta aprendo a nuove voci e a nuove storie e questo è eccitante. E sono felice di essere in grado di raccontare storie come questa. È davvero bello».

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