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La Stampa Rassegna Stampa
30.03.2019 'Bugiarda', di Ayelet Gundar Goshen
Recensione di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 30 marzo 2019
Pagina: 7
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «La piccola scontrosa che fa gelati s’inventa una grande bugia»

Riprendiamo dalla STAMPA - Tuttolibri di oggi, 30/03/2019, a pag.VII con il titolo "La piccola scontrosa che fa gelati s’inventa una grande bugia" la recensione di Elena Loewenthal a "Bugiarda" di Ayelet Gundar Goshen.

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Elena Loewenthal

Ci vuol altro, per far cascare il mondo: «nessuna voragine si aprì nella terra. Il cielo non cadde. Ma fra la terra e il cielo c’era la città. Camminare per il quartiere divenne insopportabile. La cosa più tremenda era la scuola. Shir cambiò posto. Il nome di Nufar urlava dalle porte dei bagni, dalla lavagna in classe, dal muro della palestra su cui furono scritte con lo spray cose che nessun bidello si affrettò a cancellare».

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Ayelet Gundar Goshen, la copertina (Giuntina ed.)


Il mondo non casca nell’ultimo romanzo di Ayelet Gundar Goshen, scrittrice israeliana che si è conquistata una celebrità internazionale con Svegliare i leoni, e che torna ora in libreria con Bugiarda. Certo, nelle ultime righe del libro arriva una «nuova guerra, che trascinò via tutto in una frenesia di sirene d’allarme e missili». Però, come dice ancora l’autrice, il tempo è una specie di betoniera che alla fin fine mastica tutto con un moto lento, continuo e inarrestabile. Ma certo è che di cose, in questo romanzo, ne succedono a iosa.

C’è una ragazzina brutta. Nufar. Ha sedici anni, oltre che non bella è anche poco simpatica. Lo sarebbe, se la accettassero un poco di più. D’estate lavora in una gelateria: sforna coni e coppette, spalettate di gusti diversi. Poi un giorno, anzi una sera, succede il quasi irreparabile. Un cliente particolarmente scorbutico crea l’incidente, è questione di qualche istante, Nufar si ritrova nel cortile sul retro dello stabile, una banconota rimane sul bancone della gelateria, quell’Avishai mette davvero paura. Da quel momento si innesca una sequenza di bugie ed eventi completamente inattesi. Nufar s’inventa, chissà perché, di essere stata molestata, anzi aggredita da quel tizio attempato che risponde al nome di Avishai Milner, cantante decisamente in disgrazia. Peccato ci sia un testimone del contrario, un adolescente non troppo dissimile da Nufar, che dal davanzale della sua stanza, lassù, ha visto come sono andate le cose. O meglio, come non sono affatto andate. Nufar invece la racconterà a mezzo mondo, quella bugia, dalla televisione alla polizia.

Inutile tentare di riassumere o anche solo schematizzare, la trama degli eventi. Ci sono diverse famiglie, che Gundar Goshen osserva come dal buio della strada: in Israele le finestre delle case, soprattutto in città, non hanno quasi mai le tende, e la sera quando cala l’oscurità il paesaggio urbano diventa un teatro inesauribile di storie, di scene d’interno, di movimenti. Gundar Goshen osserva, s’immagina, scrive. C’è la famiglia di Lavi, con una madre fedifraga e naturista, c’è naturalmente quella di Nufar, che ha una sorella più carina e più simpatica di lei, Maya. C’è quella del commissario di polizia, tal Dorit che sveglia tutte le mattine alle sei i suoi tre figli e prima di depositarli davanti a tre scuole diverse ha una raccomandazione per ciascuno di loro, che ripete inesorabilmente: «ammoniva al figlio che studiava alle elementari di non lasciarsi allettare dal cyberbullismo. Raccomandava al figlio dell’ultimo anno di medie di guardarsi dai danni a lungo termine di ogni tipo di droga. Alla figlia liceale descriveva minuziosamente gli orrori della sala parto».

E ci sono tante altre famiglie, una miriade di personaggi, un sacco di storie. Ma al cuore del romanzo c’è la bugia. Una bugia che fa cominciare la storia e che innesca una catena di altre bugie, grandi e piccole. Anzi, a ben pensarci tutto è cominciato molto prima, prima della gelateria e dei brufoli di Nufar, quando nonno Elkana la combina grossa. Ed è poco più che un ragazzo.
Così, il romanzo è costellato di piccole catastrofi, di cose e legami che si rompono. Però alla fine, e senza naturalmente svelarla, la fine, il mondo non casca perché ci vuol altro per far cascare il mondo. Gundar Goshen fa lavorare qui la sua inesauribile fantasia, che mette al servizio della scrittura: c’è una dose di invenzione notevole, come sempre nei suoi libri. Scene e personaggi paiono scaturire come spontaneamente, in una ricreazione – nel senso di ri-creazione ma anche di pausa di divertimento – continua. E’ tutto un poco irreale, in questa storia, anche se prendendola a pezzi tutto sembra così ancorato alla realtà, alla normalità delle cose. Eppure c’è un filo di assurdità che lega vicenda e personaggi. La cosa più concreta e quasi palpabile di tutte, infatti, è proprio la bugia: che prende corpo nel racconto e diventa la protagonista vera e propria, si moltiplica, diventa di tanti colori diversi. Genera la storia e non lascia nessuno intatto. Eppure alla fine non fa poi così male.

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