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La Stampa Rassegna Stampa
14.03.2019 Golan: si muovono i terroristi di Hezbollah al soldo di Teheran
Cronaca di Giordano Stabile, grave errore nella titolazione

Testata: La Stampa
Data: 14 marzo 2019
Pagina: 12
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Milizie locali, armi e missili, Hezbollah punta al Golan siriano»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/03/2019, a pag.14 con il titolo "Milizie locali, armi e missili, Hezbollah punta al Golan siriano", il commento di Giordano Stabile.

A destra: l'Iran dietro Hezbollah

Il titolo del buon pezzo di Giordano Stabile è scorretto. Non esiste infatti nessun "Golan siriano": il Golan è una regione di Israele, scrivere di "Golan siriano" è un modo per mettere in dubbio l'appartenenza del Golan a Israele. Anche in passato, il versante siriano era Siria, mai definito nemmeno 'Golan siriano'.

Ecco l'articolo: 

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Giordano Stabile

Hezbollah pianifica attacchi dal Golan siriano e ha creato una milizia locale, armata e addestrata, pronta a ricevere razzi come quelli piazzati in Libano. È quanto sostiene l’Intelligence militare israeliana, che ha scoperto il cosiddetto Golan File, una operazione segreta della milizia sciita libanese. L’ala militare ha reclutato centinaia di uomini che vivono nel Golan siriano, li ha addestrati e li ha riforniti con mitragliatrici e missili anti-tank. L’operazione è stata coperta dal governo siriano di Bashar al-Assad e costituisce una seria minaccia, anche se Hezbollah non è riuscita a trasferire ordigni più sofisticati a causa dei continui raid che hanno squassato le sue linee di rifornimento. Le rivelazioni mostrano quanto sia insidioso «il trinceramento» di Pasdaran e milizie alleate sul territorio siriano ma arrivano anche in un momento cruciale per la sorte delle Alture, conquistate da Israele nel 1967 e annesse nel 1981. Ora il premier Benjamin Netanyahu spera che gli Stati Uniti riconoscano la sovranità israeliana e ne discuterà con Donald Trump a Washington a fine mese.

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Il Golan File mostra anche quanto siano intrecciate le attività delle milizie sciite fra Libano, Siria, Iraq. A capo dell’operazione c’è il comandante Abu Hussein Sajid, combattente della prima ora di Hezbollah. Ha aderito al movimento nel 1983, dopo il fronte libanese è stato inviato nel 2006 in Iraq, dove si è era distinto in azioni di guerriglia contro le truppe americane. In un attacco organizzato da Sajid morirono cinque marines e per questo è stato catturato nel 2007 e condannato. Nel 2012 è stato però scarcerato dal governo di Baghdad. Ora l’Intelligence israeliana sospetta che fin dal 2016 sia a capo delle attività nel Golan, dopo che i raid avevano per due volte decapitato la leadership in loco. Sajid, nome di battaglia Ali Mussa Daqduq, ha il suo quartiere generale a Beirut, e si coordina con una seconda centrale di comando a Damasco.

Hezbollah ha sviluppato in questi anni rapporti stretti con i leader delle milizie sciite irachene, come Akram al-Kaabi di Harakat al-Nujaba, finito di recente nella lista nera Usa, e Qais al-Khazali di Asaiib Ahl al-Haq. Tutti e due hanno visitato il Libano e minacciato lo Stato ebraico. Ma le milizie sciite sono sempre più «embedded» sia nell’esercito iracheno che in quello siriano. L’Intelligence militare israeliana ha documentato la presenza di miliziani con divise siriane sul Golan. Le Alture rischiano così di trasformarsi in una linea di fronte caldissima. Prima della guerra civile la parte siriana era controllata in parte dai Caschi Blu, poi sequestrati e costretti a ritirarsi nel 2014 da ribelli jihadisti. L’anno scorso l’esercito siriano è tornato fino alla frontiera con il settore israeliano, ma senza più il cuscinetto dell’Onu.

L’unica soluzione, secondo Netanyahu, è a questo punto il riconoscimento della sovranità israeliana. Il premier nei giorni scorsi ha incassato l’appoggio dell’influente senatore repubblicano Lindsey Graham, che presenterà assieme al collega Marco Rubio una proposta di legge in questo senso. Un primo segnale è arrivato ieri, quando in un documento del dipartimento di Stato Golan e Cisgiordania sono stati per la prima volta definiti «territori controllati da Israele» e non più «occupati». Chissà che Trump non abbia in mente un altro regalo per Netanyahu, dopo il trasferimento dell’ambasciata a Gerusalemme.

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