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La Stampa Rassegna Stampa
04.03.2019 Arabia Saudita: attiviste per i diritti umani torturate in prigione
L'accusa chiede 30 anni di reclusione

Testata: La Stampa
Data: 04 marzo 2019
Pagina: 17
Autore:
Titolo: «Diritto alla guida, le attiviste rischiano 30 anni di carcere»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/03/2019, a pag.17 con il titolo "Diritto alla guida, le attiviste rischiano 30 anni di carcere" la cronaca di Giordano Stabile.

Mohammed bin Salman parla bene nei consessi internazionali, ma i fatti continuano ad essere quelli di prima, in un clima di feroce repressione l'Arabia saudita continua ad assomigliare all'Iran, se ne rende conto MBS?

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Giordano Stabile

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Le attiviste saudite arrestate lo scorso maggio sono state incriminate e andranno a processo. Sono accusate di aver «minato la sicurezza e la stabilità del Regno» e rischiano fino a trent’anni di carcere, a meno che Re Salman non decida di graziarle e porre fine a un processo che mette in imbarazzo gli alleati occidentali. Venerdì la procura saudita ha annunciato di aver «terminato le indagini». Le persone incriminate sono diciassette in tutto, la maggior parte donne. Otto, ha precisato il procuratore, sono in libertà provvisoria, mentre altre nove sono ancora «in custodia».

Da allora si sono succedute preoccupazioni e spiragli di ottimismo. Soprattutto dopo che una delle imputate, secondo quanto rivelato dalla sorella, era stata costretta a confessare e a firmare una richiesta di grazia, segno che il sovrano vorrebbe procedere al perdono. Ma le confessioni, hanno denunciato ong per i diritti umani, sono state estorte con la tortura.

Torturate e stuprate
Amnesty International ha pubblicato nei mesi scorsi un rapporto sconvolgente. Almeno dieci attiviste sono state «torturate, abusate sessualmente e soggette a ogni forma di maltrattamento» in una prigione segreta. Ad alcune sono state inflitte scosse elettriche, due sono state costrette a baciarsi davanti ai loro torturatori. Il procuratore le ha accusate di aver agito «per minare la sicurezza e la stabilità dello Stato». Poi ha spiegato che avevano ammesso di aver «collaborato con soggetti ostili al Regno», «reclutato impiegati statali per ottenere informazioni sensibili», «fornito sostegno finanziario e morale a elementi ostili all’estero». Accuse molto gravi: se il tribunale confermerà la tesi del procuratore le attiviste rischiano fino a 30 anni di carcere. Non sono stati comunicati i loro nomi ma in gran parte sono giovani impegnate nella battaglia per il diritto alla guida. Un diritto poi concesso nel giugno del 2018. Fra loro ci sono di sicuro Aziza al-Yousef, ex docente King Saud University, e Loujain al-Hathloul, già arrestata nel 2014 perché sorpresa al volante.

La stessa Al-Hathloul, ha confermato ieri la sorella Alia, è stata costretta a confessare e a firmare una richiesta di grazia, segno che Re Salman potrebbe farla rilasciare. Riad non vuole aprire un nuovo fronte di polemica con gli Stati Uniti dopo le tensioni seguite all’assassinio del giornalista e dissidente Jamal Khashoggi al consolato saudita di Istanbul lo scorso 2 ottobre. Ieri il «New York Times» ha rivelato che un americano con doppia cittadinanza, Walid Fitaihi, è stato torturato durante la prigionia all’hotel Ritz Carlton, dopo la retata di 500 principi e imprenditori accusati di «corruzione» e poi costretti a versare allo Stato parte dei loro patrimoni. Una condanna pesante delle attiviste riporterebbe le tensioni a un livello pericoloso.

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