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La Stampa Rassegna Stampa
02.03.2019 Bin Laden No°2: contro di lui anche l'Arabia Saudita
taglia da 1 milione di $ cronaca di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 02 marzo 2019
Pagina: 10
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Taleban e guerra agli Usa. Hamza, jihadista globale sulle orme di papà Osama»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/03/20198 a pag.10 con il titolo "Taleban e guerra agli Usa. Hamza, jihadista globale sulle orme di papà Osama" la cronaca di Giordano Stabile

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Giordano Stabile

Il destino che ha a lungo inseguito comincia a prendere forma. Hamza bin Laden, il ragazzino esile che chiedeva al padre di portarlo in battaglia, è ora il numero due di Al-Qaeda e si prepara a prenderne le redini. Due segnali, che devono averlo riempito di orgoglio, sono arrivati ieri. L'annuncio di una taglia di un milione di dollari sulla sua testa da parte del governo Usa. E la notifica, sulla gazzetta ufficiale del Regno, che l'Arabia Saudita lo ha privato della cittadinanza, come fece già Re Fadh nel 1994 con il padre. Braccato dalla Cia, dalle forze speciali americane e britanniche, messo al bando dalla Casa reale che Osama voleva rovesciare, il trentenne Hamza ha tutti i galloni del comando. L'erede di Osama è il figlio della favorita fra le mogli, sei in totale, del principe del terrore: Khairia Sabar, una psicologa infantile. Khairia ha sette anni più del marito. Un fatto poco usuale in Arabia ma il loro è un matrimonio d'amore e nel 1989 nasce Hamza, il «perseverante». Lo stesso anno la quarta moglie, Siham Sabar dà alla luce il fratellino Khalid. Di buona famiglia, colta, Khairia *** è tetragona nella visione salafita dell'islam. Dopo la lunga lotta in Afghanistan contro i sovietici Osama si è appena trasferito in Sudan, e li Khairia fonda e dirige una madrasa per educare alla jihad il figlio e quelli degli altri combattenti. Al-Qaeda è fondata nel 1998, Hamza nasce nel 1989. Un destino intrecciato. Dall'odio per l'Unione sovietica Osama è passato a quello per l'America. Nel 1996 è costretto a tornare in Afghanistan, dove prepara l'attentato alle Torri Gemelle. È qui che Hamza diventa il favorito del padre. Appare con lui in video di propaganda, si fa filmare in un campo di addestramento, chiede di essere «mandato al fronte». Dopo 1'11 settembre però il leader di Al-Qaeda si ritrova in fuga. Cerca di inviare le due mogli che sono rimaste con lui, le madri di Hamza e Khalid, in Pakistan, ma il presidente Musharraf sbarra le porte. Resta aperta la meno ovvia delle vie di fuga, verso il nemico sciita, l'Iran. Bin Laden regala ad Hamza e Khalid due misbaha, raccolte di preghiere che esaltano i 99 nomi di Allah, raccomanda loro di non perdere la fede «qualunque cosa accada» e scompare nelle grotte di Tora Bora. Hamza e la madre trovano rifugio in covi gestiti in Iran dall'egiziano qaedista Saifal-Adl. Pensano di essere inosservati ma i servizi iraniani li spiano. Nel 2003, come ha ricostruito in un saggio Ali Soufan, Teheran decide di catturarli e tenerli in custodia nella capitale. È in una caserma iraniana che Hamza, non ancora ventenne, sposa la figlia di Mohammed Atta, il capo dei terroristi dell'll settembre. In un video ritrovato dalla Cia nel compound di Abbottabad e diffuso lo scorso agosto, lo si vede durante le nozze, sorridente, lo sguardo sereno, timido. Dal matrimonio nascono due figli, Osama e Khairia. «Dio mi ha dato figli perché possano servirti», scrive Hamza al padre. È uno scambio di lettere dove Osama impartisce al figlio la dura regola della jihad, «una strada sempre in salita». Hamza deve aspettare però fino all'agosto 2010 per essere liberato, in cambio di un diplomatico iraniano tenuto prigioniero da una tribù pashtun in Pakistan. Meno di un anno dopo, i12 maggio 2011, Bin Laden viene ucciso dai Navy Seals ad Abbottabad. Hamza stava per arrivare nel rifugio, questione di giorni. Si salva. Il fratello Khalid muore. L'organizzazione è in ginocchio ma, come nel 2001, sopravvive. Il nuovo emiro, Ayman AlZawahiri, prende i121enne sotto la sua custodia. Nell'agosto del 2015 AlZawahiri introduce in un audio il«leone di Al-Qaeda». Hamza prende la parola, esalta il «martirio» di padre e fratello, elogia il jihad in Siria, Yemen, nel Maghreb ma invita i combattenti a portare il «campo di battaglia da Kabul, Baghdad a Washington, Londra e Parigi». È la linea paterna, che ribadisce in altri audio e video, finché nel gennaio del 2017 viene inserito dagli Usa nella lista dei «terroristi globali». Il suo prestigio cresce, il suo carisma viene paragonato a quello del padre. Hamza sconsiglia agli aspiranti «martiri» di «emigrare» verso il «califfato» o altre terre islamiche. Indica una scala di priorità negli obiettivi da colpire in Occidente: i «profanatori» di Allah, come Charlie Hebdo, «gli interessi ebraici», gli Stati Uniti, gli alleati Nato, la Russia. Hamza si trova con tutta probabilità in Pakistan, al confine con l'Afghanistan, dove il controllo del territorio da parte di Islamabad è labile e i qaedisti sono coperti da tribù pashtun alleate. Ha ribadito la sua alleanza con i taleban, «come fece mio padre», ma la sua posizione resta debole, soprattutto se gli studenti barbuti concluderanno l'accordo di pace con gli Usa. Per uscire dall'angolo ha ancora una carta, che Al-Zawahiri si è sempre rifiutato di giocare: l'alleanza con l'Isis, mai condannato apertamente

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