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La Stampa Rassegna Stampa
18.02.2019 Gilet gialli e antisemitismo: 'Utilizzato per creare consenso'
Elena Loewenthal intervista Dina Porat, presidente del Kantor Center per lo Studio dell’Ebraismo Europeo Contemporaneo

Testata: La Stampa
Data: 18 febbraio 2019
Pagina: 8
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «'Ai populisti l’antisemitismo serve per creare consenso'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 18/02/2019, a pag.8 con il titolo 'Ai populisti l’antisemitismo serve per creare consenso' l'intervista di Elena Loewenthal a Dina Porat.

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Elena Loewenthal

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Dina Porat, presidente del Kantor Center per lo Studio dell’Ebraismo Europeo Contemporaneo

L’aggressione a Alain Finkielkraut segna una svolta drammatica nella protesta populista, non solo in Francia, ma in tutta l’Europa. Gridare slogan e imbrattare vetrine è una cosa, attaccare verbalmente e fisicamente un individuo, invitarlo ad andarsene dal suo Paese perché è ebreo, è un passo oltre. Il male comune si chiama antisemitismo, in un gioco feroce ormai a carte scoperte fatto di violenza pura, senza mascheramenti di sorta. Dina Porat è presidente del Kantor Center per lo Studio dell’Ebraismo Europeo Contemporaneo, grande esperta di antisemitismo.

Che cosa cambia secondo lei, dopo questo evento?
«L’Europa tutta, e non soltanto la Francia, deve porsi un problema politico. Com’è possibile che i movimenti di massa non possano fare a meno del pregiudizio antisemitico? Il populismo, che coinvolge l’uomo comune e lo fa sentire protagonista della politica, usa questo strumento per creare consenso: attaccare gli ebrei è una strategia sicura e comoda. L’aggressione a Alain Finkielkraut da parte di un gruppo di gilet gialli è per un verso una svolta molto preoccupante, per l’altro non è un caso isolato, e per di più crea un pericoloso precedente. È il culmine di una sequenza di eventi che coinvolge tutto il Continente. Gli ebrei, anche se vivono in Europa da duemila anni, sono sentiti come estranei. E in nome del consenso di massa, sovranisti e populisti usano l’ostilità verso gli ebrei come linea del loro fronte. In tutta Europa».

Come spiega questo fenomeno?
«Oltre a una mappatura dell’antisemitismo, è fondamentale cercare le motivazioni di questo odio, cercarle in chi lo manifesta. I movimenti di massa se la prendono con le minoranze. Nel populismo come quello dei gilet gialli e nelle tendenze sovraniste presenti anche nell’Europa dell’Est c’è un’idea “etnica” di nazione, di condivisione di destino collettivo dal quale gli ebrei sono esclusi: perciò diventano l’estraneo sgradito. Oggi come oggi è cruciale anche la sovrapposizione fra antisemitismo e antisionismo inteso come opposizione radicale a Israele, cioè di fatto lo Stato degli ebrei. L’idea è che con la sua stessa esistenza Israele porti tutte le colpe di ciò che succede in Medio Oriente: è una ipocrisia politica condivisa da una certa sinistra. Nell’Europa dell’Est post-comunista tutto ciò è condito dalla rivendicazione del proprio ruolo di vittime non riconosciute dei tedeschi e della guerra, che alimenta i movimenti di estrema destra. Secondo Wellman Berkovitz l’antisemitismo attuale dell’Europa Occidentale trova le sue radici nella Seconda guerra mondiale, in nome di un revisionismo che aspira a rimuovere i sensi di colpa. Secondo me ci sono radici più profonde, c’è una lunga tradizione di ostilità antiebraica. Anche in America è in crescita, ma come ha detto di recente Bernard Henry Lévy non sono casi paragonabili. La questione dell’antisemitismo non può concentrarsi su un Paese. Quello che succede oggi in Francia riguarda tutta l’Europa».

Come vede il futuro prossimo, a questo proposito?
«I dati che emergono dagli studi e dai sondaggi non sono certo confortanti. La situazione è molto seria. In tutta Europa le istituzioni sono molto attive, sia sul fronte della prevenzione e della sicurezza, sia su quello dell’educazione collettiva. Come Kantor Center, in occasione della Giornata europea della Memoria abbiamo organizzato presso l’Università di Tel Aviv un evento congiunto con la rappresentanza dell’Ue in Israele. Ma tutto questo impegno non raggiunge la “strada”, non arriva alla gente. E i movimenti populisti di sinistra insieme alla destra neonazista prendono sempre più piede. No, non mi sembra che al momento le cose possano volgere al meglio. Anzi».

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