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La Stampa Rassegna Stampa
07.01.2019 I profughi dimenticati: gli ebrei cacciati dai Paesi arabi e la richiesta di risarcire gli espropri
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 07 gennaio 2019
Pagina: 17
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «'Risarcite gli ebrei espulsi dai Paesi arabi dopo il 1948'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/01/2019, a pag. 17, con il titolo 'Risarcite gli ebrei espulsi dai Paesi arabi dopo il 1948' il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Profughi ebrei iracheni

Israele è pronta a chiedere 250 miliardi di dollari di risarcimenti ai Paesi arabi che dopo il 1948 espulsero dai loro territori un milione di ebrei, e nella maggior parte dei casi confiscarono i loro beni. La rivelazione bomba arriva dal ministro per l’Uguaglianza sociale Gila Gamliel, del Likud, il partito del premier Benjamin Netanyahu. In una intervista alla tv Hadashot, Gamliel ha detto che «è arrivato il momento di correggere una ingiustizia storica» nei confronti dei profughi e che il governo «sta già pianificando» le richieste.Israele ha proceduto a una stima ufficiale del valore delle proprietà perse dalle comunità ebraiche in Libia, Tunisia, Marocco, Siria, Iraq, Egitto, Yemen, e Iran: 250 miliardi di dollari al cambio attuale. Di questi, 35 miliardi riguardano la Tunisia, altri 15 la Libia, mentre non sono stati forniti dettagli su altri Paesi. Le cifre verranno pubblicate nei prossimi giorni ma è chiaro che l’annuncio va a inasprire relazioni già tese, soprattutto con Baghdad e Damasco, ma anche con l’Egitto e il Marocco.

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Profughi ebrei yemeniti

La mossa politica
La richiesta di risarcimento va anche contro la politica di «normalizzazione» con i Paesi del Golfo e va letta soprattutto in chiave elettorale. Il 9 aprile si vota in una elezione che deciderà il destino di Netanyahu, con la possibilità di un quinto mandato da premier che lo proietterebbe fra i grandi leader israeliani, ma anche il rischio di una incriminazione che potrebbe stoppare la sua carriera. Il voto degli ebrei sefarditi, discendenti dei profughi dai Paesi arabi, è decisivo. Fra il 1948 e il 1970 circa un milione furono cacciati dalle loro case come rappresaglia per la nascita dello Stato ebraico e l’esodo dei palestinesi. Mezzo milione dal Maghreb, 150 mila dall’Iraq, 100 mila dall’Egitto e quasi altrettanti dallo Yemen. Circa 200 mila vivevano in Iran, dove oggi la comunità è ridotta a 3 mila persone. In Siria gli ebrei restarono fino al 1967, ma oggi non ci sono più presenze. Alcune comunità, come quella yemenita, furono trasferite in spettacolari ponti aerei, con velivoli militari.I sefarditi - cioè gli «ebrei spagnoli» perché discendenti da quelli cacciati dalla Spagna dai re «cristianissimi» nel 1500, quando l’Impero ottomano era più tollerante dell’Europa cattolica - sono oggi quasi la metà della popolazione di Israele. L’esodo è ricordato anche come la «nakba ebraica», così come i palestinesi chiamano «nakba», catastrofe, la loro fuga del 1948, e ha ancora un grosso impatto emotivo. Anche la promessa di risarcimenti avrà il suo impatto elettorale, mentre il previsto piano di pace americano è stato rimandato a dopo il voto, come ha annunciato ieri l’ambasciatore Usa a Gerusalemme, David Friedman.

 

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