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La Stampa Rassegna Stampa
20.12.2018 Donald Trump: 'Americani via dalla Siria'. I kurdi sono sempre più soli
Cronaca di Paolo Mastrolilli, commento di Antonio Donno

Testata: La Stampa
Data: 20 dicembre 2018
Pagina: 9
Autore: Paolo Mastrolilli - Antonio Donno
Titolo: «Trump annuncia il ritiro dalla Siria: 'L’obiettivo era sconfiggere l’Isis'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 20/12/2018, a pag.9, con il titolo "Trump annuncia il ritiro dalla Siria: 'L’obiettivo era sconfiggere l’Isis' " la cronaca di Paolo Mastrolilli; a seguire, il commento di Antonio Donno.

Le parole di Donald Trump sul ritiro al più presto di tutti i soldati americani presenti in Siria ricorda il ritiro voluto dall'Iraq da Obama. Rischia di essere, in ogni caso, un grande regalo sia allo Stato islamico, che potrà riorganizzarsi più facilmente, sia all'espansione dell'Iran e dei suoi alleati, tra cui Assad e Hezbollah. Può anche essere il risultato di un 'cattivo' consigliere, vedremo.

Ecco il pezzo:

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Paolo Mastrolilli                 Donald Trump

Gli Stati Uniti hanno iniziato a richiamare le loro truppe dalla Siria, e intendono completare il ritiro entro 30 giorni. Lo hanno rivelato fonti del Pentagono, dopo che il capo della Casa Bianca aveva anticipato la decisione via Twitter: «Abbiamo sconfitto l’Isis, quella era la mia unica ragione per stare là durante la presidenza Trump». Poco dopo la portavoce Sanders ha pubblicato un comunicato, in cui ha confermato che «abbiamo iniziato a far tornare le truppe, transitando verso la prossima fase di questa campagna». Sanders però ha aggiunto che «gli Usa e i nostri alleati sono pronti a impegnarsi di nuovo a tutti i livelli, per difendere gli interessi americani e negare ai terroristi islamici radicali territorio, fondi, sostegno, e ogni mezzo per infiltrare i nostri confini».

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Terroristi Isis in Siria


Fin dalla campagna elettorale l’allora candidato repubblicano aveva criticato gli interventi militari, a cominciare da quello lanciato da Bush figlio in Iraq. Quindi aveva attaccato Obama per come aveva gestito il ritiro dall’Iraq, indicando i tempi dell’uscita e consentendo così all’Isis di creare il suo Califfato. Una volta alla Casa Bianca aveva accelerato le operazioni militari contro i terroristi, proseguendo però sulla strada tracciata dal predecessore, senza un intervento massiccio di terra. I raid aerei erano aumentati, e al momento circa 2.000 forze speciali americane sono schierate nella zona Nord-orientale del Paese per condurre azioni contro i terroristi.

Trump aveva sempre indicato l’intenzione di ritirare i soldati, perché non voleva essere coinvolto nella stabilizzazione del Paese, anche se questo significava lasciare via libera alla Russia per preservare Assad al potere, e alla Turchia per attaccare i curdi, che hanno definito l’annuncio «una pugnalata alla spalle». Il Pentagono invece voleva prolungare la missione, per evitare il ritorno dell’Isis che continua le attività di guerriglia, e contrastare la presenza iraniana nella regione.
Il presidente però ha deciso di accelerare il ritiro, e questo pone almeno quattro problemi. Primo, la Russia ora avrà mano libera per restaurare Assad e consolidare la propria presenza in Siria. Secondo, l’Iran potrà restare, realizzando l’obiettivo di creare un corridoio di influenza da Teheran al Mediterraneo. Alcuni soldati americani sono basati vicino al Tanf, proprio per tenere d’occhio Hezbollah e le forze iraniane. La Casa Bianca dice che ha altri mezzi per contrastare la strategia degli ayatollah, ad esempio con le sanzioni, ma sul piano militare si crea il vuoto. Terzo, i curdi delle Syrian Democratic Forces guidate dalla milizia Ygp, che hanno riconquistato Raqqa, verranno ora abbandonati alla probabile rappresaglia della Turchia, che non li vuole ai suoi confini. Quarto, l’Isis è sconfitto, ma non annientato. Dal 2 all’8 dicembre le forze Usa hanno lanciato 251 raid, che sono saliti a 378 nella settimana successiva, proprio per contenere i circa 5.000 militanti ancora presenti in Siria. Questi attacchi continueranno, ma se l’Isis rialzasse la testa, o lanciasse attentati terroristici all’estero, la responsabilità ricadrebbe sulla decisione presa da Trump.

Ecco il commento di Antonio Donno:


Antonio Donno

L’annunciata decisione di Donald Trump di ritirare i duemila soldati americani dalla Siria è un grave errore strategico. La motivazione del presidente americano secondo la quale orami l’Isis è sconfitta è una motivazione debole. Per quanto, in effetti, l’azione dello “Stato” Islamico sia declinata, il ritiro avrebbe conseguenze a più vasto raggio nella regione: conseguenze militari, ma soprattutto politiche e di immagine. Vediamole. Innanzitutto, le attuali forze che determinano l’instabilità della regione avrebbero modo di affermare che il ritiro americano rappresenta una loro vittoria, una nuova, definitiva tappa della scomparsa degli Stati Uniti dal Medio Oriente. L’Iran, oggi in gravissima difficoltà interna, non avrebbe indugi nello sbandierare al mondo che la propria azione nella regione ha finalmente avuto l’esito di sconfiggere l’odiato nemico delle masse islamiche. Accanto all’Iran, allo stesso modo la Russia di Putin, più sottilmente, si gioverebbe del campo libero lasciato dagli americani in Siria per portare a termine senza difficoltà il reinsediamento effettivo di Assad a capo del suo Paese, sotto l’ombrello protettivo di Mosca e Teheran. Lo stesso regime siriano si libererebbe di una presenza che in passato gli aveva procurato molte difficoltà. I movimenti terroristici guidati dall’Iran si gioverebbero grandemente della scomparsa degli Stati Uniti dalla scena mediorientale. Tutti i nemici degli Stati Uniti e di Israele nel Medio Oriente presenterebbero al mondo il ritiro americano dal Medio Oriente come una loro vittoria. Al contrario, chi oggi si giova della presenza americana nell’area ha modo di esprimere un giudizio negativo sull’annunciata decisione di Trump. In primo luogo, Israele. Benché lo Stato ebraico si trovi oggi in una condizione solida anche grazie alle precedenti iniziative di Trump a suo favore, è indubbio che sul piano strettamente geopolitico della regione l’assenza americana avrebbe risvolti psicologici negativi su coloro che fino ad ora hanno puntato sul ruolo americano nel confrontarsi con i loro nemici regionali. Il riferimento è ai paesi arabi sunniti, in particolare l’Arabia Saudita, che da qualche tempo intessono rapporti efficaci sia con Israele, sia con gli stessi Stati Uniti per difendersi dall’assolto sciita iraniano. Non è detto, ovviamente, che tali rapporti verrebbero meno con il ritiro dei duemila soldati americani, ma è indubbio che, essendo il fattore psicologico un elemento fondamentale nelle relazioni internazionali, e oggi, in particolare in quella regione, la decisione di Trump non sarebbe accolta con favore da coloro che vedono negli Stati Uniti un punto di riferimento fondamentale per la loro sopravvivenza.

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