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La Stampa Rassegna Stampa
09.12.2018 Budapest: il nuovo Museo della Shoah ha la memoria corta
Cronaca di Francesco Iannuzzi

Testata: La Stampa
Data: 09 dicembre 2018
Pagina: 19
Autore: Franncesco Iannuzzi
Titolo: «Il nuovo Museo dell'Olocausto che assolve gli ungheresi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 09/12/2018, a pag.19, con il titolo "Il nuovo Museo dell'Olocausto che assolve gli ungheresi" la cronaca di Francesco Iannuzzi.

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Il nuovo Museo della Shoah a Budapest

Domande più che pertinenti sui criteri guida del nuovo museo nell'analisi di Francesco Iannuzzi, vedremo se i curatori ne terranno conto.
Ci sono invece due aspetti che non condividiamo:
1. il continuo uso della parola 'olocausto' , quando ormai tutti dovrebbero essere informati che la parola è "SHOAH", La spiegazione è semplice: olocausto significa il sacrificio della propria vita in nome di qualcosa, un atto volontario, cioè il contrario di quanto è avvenuto. Shoah, ovvero 'distruzione', è quanto è la parola giusta. Purtroppo in Usa si continua ad usare olocausto, e il resto del mondo pedissequamente copia.
2. il riferimento a Soros, accostato all'antisemitismo, come se fosse proibito criticare qualcuno solo perchè ebreo. Soros finanzia iniziative che è più che lecito criticare, come avviene ad esempio in Israele, un paese dove Soros è persona non grata, in quanto finanzia le Ong israeliane la cui politica è la delegittimazione dello Stato di Israele. Antisemita anche il governo israeliano? Suvvia...

Il nuovo Museo dell’Olocausto di Budapest dovrebbe aprire nel marzo del 2019 in occasione del 75° Anniversario della deportazione degli ebrei ungheresi, ma sono molte le polemiche che precedono la sua apertura. Non ultimo il fatto che l’opera, costata 18 milioni di dollari, è pronta dal 2014. Israele e molte organizzazioni ebraiche contestano la decisione di minimizzare, all’interno della mostra, il ruolo dei governi ungheresi dell’epoca nella deportazione. Anche perché i rastrellamenti furono molto rapidi: dopo l’invasione da parte delle truppe tedesche nel marzo del 1944 565 mila ebrei ungheresi, nel giro di poche settimane, furono caricati sui treni blindati e portati nel campo di sterminio di Auschwitz. Tra i più critici su come è stato allestito il museo c’è il direttore della Biblioteca dello Yad Vashem di Gerusalemme, Robert Rozett: «C’è una forte tendenza in Ungheria oggi a presentare la deportazione degli ebrei ungheresi durante l’Olocausto come un crimine esclusivamente tedesco e, fatta eccezione per un piccolo gruppo di teppisti ungheresi, a ignorare il ruolo e la responsabilità delle autorità e della società ungherese». La difesa delle autorità Il governo Orban smentisce le accuse di aver voluto minimizzare le responsabilità del Paese e ha ricordato che stanzia 1,5 milioni di euro per combattere l’antisemitismo in Europa. Ma la battaglia del premier contro l’Università fondata a Budapest dal miliardario George Soros, ebreo di origini ungheresi, favorevole all’immigrazione, ha visto la capitale tappezzata di manifesti contro il magnate e ha fatto nascere sospetti di antisemitismo nei confronti dello stesso Orban. A questo si aggiunge il fatto che lo stesso premier ha annunciato, parlando in Parlamento, che l’apertura ufficiale del museo potrebbe slittare ancora, almeno fino a quando non cesseranno le polemiche su come è stato allestito. Questa «assoluzione» degli ungheresi fa seguito alla contestata legge polacca del marzo scorso che punisce con il carcere fino a tre anni chiunque parli di «campi polacchi» a proposito dei lager costruiti e gestiti dagli occupanti nazisti e anche chi attribuisca complicità a singoli polacchi nell’esecuzione della Shoah. In ogni caso, la Casa dei Destini, è un’opera imponente che si può vedere a più di un chilometro di distanza. Una gigantesca stella di David è sospesa tra due torri e segna l’ingresso della struttura fatta tutta in cemento e vetro.

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