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La Stampa Rassegna Stampa
07.12.2018 Addio a Joseph Joffo, la Shoah in un sacchetto di biglie
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 07 dicembre 2018
Pagina: 29
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Addio a Joffo, la Shoah in un sacchetto di biglie»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 07/12/2018, a pag.29 con il titolo "Addio a Joffo, la Shoah in un sacchetto di biglie" il commento di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal, Joseph Joffo

Joseph Joffo è morto in quel Midi della Francia che l’aveva accolto bambino in fuga dai nazisti, in quella dolce Riviera che pure non aveva risparmiato tribolazioni né a lui né alla sua famiglia. Era nato a Parigi nel 1931 da una madre violinista e un padre barbiere, ebrei arrivati dalla Russia. Dopo la guerra, assieme ai fratelli, riprenderà con successo l’attività del padre, morto ad Auschwitz: «Ero il migliore parrucchiere di Parigi. Ricordo un giorno un incontro formidabile: Pierre Christian Taittinger, François Mitterrand, Jacques e Bernadette Chirac... peccato non aver scattato la foto», ha raccontato di recente.

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La copertina                                 La locandina del film


A Joffo, scrittore sui generis, tutt’altro che un intellettuale puro, capace tuttavia di azzerare la distanza tra il narratore e chi legge con una sincerità e un’immediatezza davvero fuori del comune, si deve il libro che rappresenta il «prototipo» del racconto-testimonianza nell’abisso della Shoah: Un sacchetto di biglie (tradotto per Rizzoli) uscì nel lontano 1973, quando di Olocausto in Europa si parlava ancora poco o nulla. Da allora ha venduto circa venti milioni di copie in tutto il mondo, e ha visto diverse riduzioni cinematografiche.
Con la spontaneità del bambino di poco più di dieci anni che lui era in quell’epoca tremenda, con la forza delle esperienze attraversate armato della strenua volontà di uscirne fuori vivo, Joseph Joffo racconta la fuga da Parigi occupata dai nazisti insieme col fratello maggiore, la discesa verso il Sud della Francia, gli spostamenti rischiosi, la clandestinità, l’arresto, i falsi certificati di battesimo che li salvano. Tutto comincia quando i membri della famiglia decidono che la scelta migliore per cavarsela è quella di disperdersi. E Un sacchetto di biglie è la cronaca terribile ma anche a suo modo divertente, e soprattutto terribilmente avvincente, di questa «diaspora» familiare.
Joffo ha scritto tanto altro, dopo la guerra - soprattutto memorie - ma questa resta l’opera che lo identifica e ha avvicinato tantissimi lettori alla Shoah: Un sacchetto di biglie è un libro straordinariamente intergenerazionale, capace di appassionare tanto gli adulti quanto gli adolescenti e persino i più piccoli. Forse perché, malgrado la morte fosse in quegli anni presente ovunque, quella che Joffo racconta è una storia piena di vita.

 

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