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La Stampa Rassegna Stampa
02.12.2018 Francobolli da Fiume: due filatelici ebrei e il loro destino
Nel raccomo di Francesco Grignetti

Testata: La Stampa
Data: 02 dicembre 2018
Pagina: 28
Autore: Francesco Grignetti
Titolo: «Francobolli da Fiume»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 02/12/2018, a pag.28 con il titolo "Francobolli da Fiume" la tragedia dei fratelli Granitz nel racconto di Francesco Grignetti

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Francesco Grignetti

Tutti i drammi del Novecento in una carrellata di francobolli. Vanno in mostra al Vittoriale, a Gardone, in provincia di Brescia, un secolo di emissioni filateliche di Fiume (oggi Rijeka). E raccontano, i quadratini dentellati, la complicata storia di una città che nel giro di pochi anni fu ungherese, italiana, jugoslava. Storia epica e tragica. Fu la tragedia, tra gli altri, di Edmondo e Rodolfo Granitz, commercianti filatelici, la cui vicenda sarà raccontata sul prossimo numero di L’arte del francobollo. Edmondo Granitz, di lingua e cultura italiana, di religione israelita, nasce in una cittadina dell’Ungheria nel 1896. Nel 1912 la famiglia si trasferisce a Fiume, che a quel tempo è ancora territorio ungherese. La città è vivace con una comunità israelitica in crescita. Dopo lo scoppio della Grande Guerra, con la frammentazione dell’impero, vengono fuori le nazionalità. I due fratelli, che erano stati richiamati nell’esercito austro-ungarico, operano segretamente a favore dei prigionieri militari italiani e si ritrovano sul capo una condanna a morte per «attività italofila» delle autorità comuniste d’Ungheria nel 1919. Rientrati a Fiume, appoggiano l’impresa dannunziana. Nei 16 mesi di impresa fiumana, la loro casa è sempre aperta per gli ufficiali della Reggenza italiana del Carnaro. C’è traccia di un biglietto di ringraziamento di D’Annunzio a Rodolfo Granitz «emulo di Kossuth nell’amore d’Italia». Non meraviglia che dopo il 1924, con l’annessione della città al Regno, i Granitz si precipitino a chiedere la cittadinanza italiana. Qui le loro storie si divaricano: Edmondo ottiene la nuova cittadinanza e cambia cognome in Grani; Rodolfo, a causa di spregiudicate operazioni sui francobolli e relative condanne per frode, è respinto e diventa apolide. I figli di quest’ultimo, intanto, si avvicinano entusiasticamente al fascismo, vestono la divisa della Milizia, hanno incarichi nel regime. Uno, Nicolò, diventa funzionario del Minculpop. Altri sconvolgimenti li attendono, però. Nel 1938, in quanto ebrei, i Grani/Granitz vengono scacciati dalla vita civile per via delle leggi razziali. Per i nuovi sudditi, e tra questi gli ebrei fiumani, c’è la perdita della cittadinanza. I due fratelli incappano nel terribile prefetto Temistocle Testa, un esaltato fascista che da squadrista e poi federale di Modena è nominato prefetto di Fiume e del Carnaro. Nel 1940, sette giorni dopo l’entrata in guerra, su ordini del ministero, Testa organizza una retata notturna e circa 400 ebrei fiumani vengono arrestati e incarcerati perché considerati «nemici dello Stato». Molti I quadratini dentellati, raccontano in parallelo alle vicissitudini della famiglia Granitz la storia di una città che nel giro di pochi anni fu ungherese, italiana, jugoslava e oggi croata 1. Un raro francobollo fiumano per espresso del 1920 2. I fratelli Granitz, a destra, in una foto di gruppo. 3. I documenti di identificazione di Edmondo Granitz 4. La richiesta di internamento di Rodolfo da parte del prefetto, che lo accusa insieme con il fratello di spionaggio economico di loro finiranno nei campi d’internamento al Sud d’Italia: succede a Edmondo. Rodolfo invece non si trova in città, ma è ugualmente fermato dalla polizia a Montecatini Terme e finisce a Ferramonti (Cosenza). Da lì tempesta le autorità di polizia, richiamando le sue benemerenze nazionaliste e fasciste. Tutto inutile. Il 9 agosto scrive il prefetto Testa alla sede centrale del ministero: «L’ebreo in oggetto è elemento manifestatosi di sentimenti politici dubbi e come tale pericolo nell’attuale momento in questa delicata zona di frontiera. Il predetto era qui ritenuto dedito ad attività informativa ai nostri danni». Trasferito nel campo d’internamento di Campagna (Salerno), Rodolfo entra in corrispondenza con il vescovo Giuseppe Maria Palatucci, zio di quel commissario di polizia Giovanni Palatucci, che proprio a Fiume opera un doppio gioco e riesce a salvare molti ebrei. Anche Edmondo scrive vane suppliche. Ancora il 25 giugno 1943, quando ormai il regime è alle soglie della caduta, il nuovo prefetto di Fiume si oppone alla liberazione di Edmondo Granitz dal campo di internamento, «trattandosi di ebreo contrario al nostro Paese, non meritevole di alcuna clemenza». I rapporti di polizia lo definiscono «sionista». La fine della guerra non porterà nulla di buono. Rodolfo si trasferirà in Israele, dove fondò una Associazione di Riconoscenza per Giovanni Palatucci, che contribuì a farlo nominare Giusto tra le Nazioni. Edmondo volle tornare il più presto possibile a Fiume, assieme al nipote Nicolò, che nel frattempo si era aggregato alla V Armata statunitense, per riprendere l’attività. Una pessima idea, affacciarsi in una città appena conquistata dai partigiani di Tito. Zio e nipote furono individuati in un ufficio postale, arrestati e accusati come «spie italiane». Si sa solo che furono passati per le armi dopo che si dovettero scavare la fossa. L’intrecciarsi del commercio filatelico con la piccola e la grande storia ha appassionato l’ex senatore Carlo Giovanardi, collezionista di francobolli e curatore della mostra che si terrà al Vittoriale, a cui si deve la riscoperta di questa storia.

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