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La Stampa Rassegna Stampa
26.11.2018 L'Arca di Noè dall'Olanda a Israele
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 26 novembre 2018
Pagina: 29
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «Un’arca di Noè dall’Olanda a Israele»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 26/11/2018, a pag.29 con il titolo "Un’arca di Noè dall’Olanda a Israele" il commento di Elena Loewenthal.

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Elena Loewenthal

La tradizione ebraica ammette quattro livelli d’interpretazione del testo biblico, le cui iniziali formano un suggestivo acronimo, Pardes («paradiso»): si tratta del peshat, il senso letterale, il remez, quello simbolico, la derashah, cioè la lettura omiletica e infine il sod, «segreto», che indica l’approccio mistico.

Allora non si può certo dire che il signor Johan Huibers, un simpatico signore sessantenne di Dordrecht, Olanda, cristiano credente e creazionista, non abbia preso sul serio il primo metodo interpretativo dell’esegesi biblica, nello specifico per quanto riguarda il passo che comincia in Genesi 6, 14 e dice: «Fatti un’arca di legno di pino, falla a scompartimenti e spalmala di dentro e di fuori con pece. La farai così: la lunghezza dell’arca sarà di trecento cubiti, la larghezza di cinquanta e l’altezza di trenta. Fai all’arca una finestra al di sopra, della grandezza di un cubito; la porta dell’arca la collocherai da un lato di essa, falla a piani inferiori, secondi e terzi».

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Johan Huibers con la sua Arca


A onor del vero, il signor Huibers era già nel settore: ha fatto fortuna costruendo magazzini portuali. Nel 2008 ha iniziato la costruzione dell’Arca di Noè, cioè di Johan; ma tutto era cominciato nella sua testa molto tempo prima, leggendo la storia dell’Arca biblica a sua figlia bambina, nel 1993. Johan ci ha lavorato indefessamente per quattro anni, coadiuvato da soltanto otto uomini. Ci sono voluti circa dodicimila alberi - cedri americani e pini (l’indicazione dell’albero tradotto con «pino», gofer nel racconto biblico, è assai vaga). Ultimata nel 2012, l’Arca di Johan è lunga quasi cento e venti metri, larga trenta e alta ventitré: questa la scala stabilita per le unità di misura del testo sacro. E’ uno scafo assai massiccio, imponente, una specie di immensa casa galleggiante che ospita al suo interno scale, gabbie, piani che si intersecano: una via di mezzo fra Cecil B. DeMille, Walt Disney e Gustav Doré.

Costata la bellezza di circa quattro milioni di euro, l’arca di Johan ha vagato per qualche anno nei canali dei Paesi bassi, a mo’ di rinomata attrazione turistica. Ora il suo proprietario ha deciso di fare il gran passo: portarla nel suo habitat naturale, e cioè la Terra Promessa. «Amo quella terra, amo il paese, amo il suo popolo», ha dichiarato Johan Huibers parlando del moderno Stato d’Israele, «non obbediscono, fanno quel che gli pare, guidano come pazzi, spintonano in coda e non danno retta a nessuno. Proprio come me».

La questione non è da poco, perché l’Arca di Noè non è adatta alla navigazione sul mare. Fino ad ora ha solcato soltanto i placidi canali olandesi. E ovviamente non ha motore: ci vorrebbero dei rimorchiatori e circa un milione e trecentomila euro di spese stimate, per farle fare quella che in ebraico si dice aliyah, la «salita» verso la Terra, anzi il Mare Promesso. Ma Johan Huibers è fiducioso che i fondi si troveranno (lui stesso non ne ha più molti, dopo questa impresa) e dice che non demorderà fino a che non vedrà la sua Arca salpare dal freddo Nord alla volta del Mediterraneo: «E’ una copia della nave di Dio», spiega, «L’unica cosa logica è portarla nella terra del Signore».

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