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La Stampa Rassegna Stampa
23.11.2018 L'Iran è una minaccia per la pace, dice Yuli Edelstein
Zarif elogia invede la UE,interviste di Francesca Paci, Francesca Schianchi

Testata: La Stampa
Data: 23 novembre 2018
Pagina: 11
Autore: Francesca Paci-Francesca Schianci
Titolo: «L'Italia stia attenta, il legame con l'Iran mette a rischio la pace-Sanzioni, Zarif: 'Ce la faremo ma l'Ue non ceda al bullo Trump'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/11/2018, a pag.11, due interviste, la prima di Francesca Paci a Yuli Yoel Edelstein, la seconda di Francesca Schianci a Mohammad Javad Zarif.

Bene ha fatto la Stampa a dare voce al rappresentate di uno Stato democratico, Israele, e a chi rappresenta invece un Stato terrorista, l'Iran. In questo modo i lettori sono informati e possono trarre le loro conclusioni.
Non si può dire altrettanto del Corriere della Sera, che dedica invece una intera pagina alla intervista a Zarif, il quale ovviamente tira l'acqua al suo mulino. Come avveniva ai tempi del nazismo, quando i nostri giornali intervistavano il ministro degli esteri del Reich. Paragone approppriato, oggi è l'Iran a minacciare la pace mondiale, ma le nostre deboli democrazie continuano a non prenderne atto, UE in testa.

Ecco le due interviste:

Francesca Paci: "L'Italia stia attenta, il legame con l'Iran mette a rischio la pace"

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Le intenzioni dell'Iran

Yuli Yoel Edelstein, presidente della Knesset, il Parlamento israeliano, è a Roma per partecipare a Med, i dialoghi sul Mediterraneo. Incontra «La Stampa» dopo un briefing con i colleghi Elisabetta Casellati e Roberto Fico.
Come vede la posizione dell'Italia sull'Iran, esclusa dalle sanzioni per sei mesi? «Fin quando l'Iran manterrà un'impronta così forte sulla regione non ci sono negoziati di pace possibili. Oltre alla questione della capacità nucleare, l'Iran continua a proclamare la distruzione di quel che chiama "l'entità sionista" e lavora a questo attivamente con Hezbollah, Hamas, in Siria. È nel comune interesse di chi vuole la pace collaborare contro l'Iran. Le sanzioni sono positive quantomeno sul breve termine perché di fatto l'Iran ha meno armi da passare ai suoi alleati. Se l'esenzione dell'Italia è limitata a organizzare diversamente il suo fabbisogno energetico è legittima, se servirà a rafforzare i legami con l'Iran, allora Roma farà un autogol perché l'Iran minaccia tutti. Basti pensare che i Paesi arabi confinanti hanno annunciato la loro corsa al nucleare nel caso Teheran riuscisse nell'impresa, un incubo per il Mediterraneo».
Putin si è impegnato ad agevolare l'uscita degli iraniani dalla Siria. Si fida?
«In fondo Russia e Iran hanno interessi diversi in Siria. Israele ha detto chiaramente che non tollererà la presenza iraniana in Siria e credo che Mosca, con cui nonostante lo spiacevole incidente dell'aereo abbattuto dai siriani siamo in contatto costante, abbia a cuore la pace».
Durerà la tregua con Hamas, spada di Damo de sul governo Netanyahu?
«C'è consenso in Israele sul fatto che Hamas non possa continuare ad attaccare le nostre scuole, le strade, i civili. Ma è chiaro anche che bisogna elevare gli standard di vita a Gaza. Sono deluso da come la comunità internazionale sia veloce nel criticare Israele e lentissima nell'aiutare davvero Gaza. Inoltre quando vengono sparati 500 missili in due giorni bisogna anche chiedersi quanto cibo si poteva comprare con quel denaro».
Il progetto due popoli per due Stati è sepolto?
«Non ci ho creduto mai perché si basava sull'idea "Gaza e Gerico subito". E poi? I temi complicati, il cosiddetto diritto al ritorno, Gerusalemme, i confini, restarono fuori da Oslo. La soluzione invece è pratica: cooperazione sulla tecnologia, l'economia, l'acqua: uno scenario win-win».
Israele dice di non fidarsi più dei palestinesi ma loro dicono altrettanto. Nulla da rimproverarsi?
«In questi anni sono stati elargiti premi Nobel, applausi, ma la vita delle persone non è cambiata: gli israeliani hanno pagato al terrorismo un prezzo altissimo e le condizioni dei palestinesi non sono migliorate. Ovvio che abbiamo delle responsabilità, il ritiro unilaterale da Gaza per esempio non fu un buon passo sebbene lodato dal mondo intero».

Francesca Schianchi: "Sanzioni, Zarif: 'Ce la faremo ma l'Ue non ceda al bullo Trump'"

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Moavero in cordiale colloquio con Zarif

ROMA «L'Iran non solo sopravviverà, ma prospererà. Sopravviviamo da sette millenni». A venti giorni dalla decisione del presidente americano Trump di reintrodurre sanzioni contro l'Iran, è dal palco romano di «Med, Dialoghi mediterranei» che il ministro degli Esteri di Teheran, Mohammad Javad Zarif, spiega l'impatto e la reazione del suo Paese alla scelta unilaterale degli Stati Uniti. «Il risultato sarà che il popolo iraniano non crederà più alle promesse che vengono fatte dall'estero», ragiona Zarif in inglese, tra gli ospiti più attesi nella prima giornata dell'importante incontro di politica internazionale, giunto alla quarta edizione, organizzato dal ministero degli Affari esteri e dall'Ispi, Istituto di politica internazionale. Arrivato nella capitale mercoledì sera, dopo un bilaterale alla Farnesina con il capo della nostra diplomazia, Enzo Moavero Milanesi, è nell'intervista con Monica Maggioni e Thomas Gomart che, ricordando come «Italia e Iran hanno avuto imperi che sono sopravvissuti più dell'intera storia di certi Paesi», assicura che anche dopo la decisione di Sanzioni di Trump saprà andare avanti, «come ha fatto dopo la guerra con l'Iraq, quando tutti erano contro di noi». Ma, ammonisce l'Europa, «non dobbiamo sottostare a questi comportamenti da bulli», anzi, «se qualcuno in Europa cederà a questa richiesta, domani Trump potrebbe chiedervi di commettere qualche altra violazione. È un precedente che non dovrebbe essere creato, sarebbe pericolosissimo». La sua opinione sull'accordo sul nucleare raggiunto nel 2015, in seguito al quale erano state rimosse le sanzioni ora reintrodotte da Washington (da cui, per sei mesi, è stata esonerata l'Italia) resta positiva: «Abbiamo negoziato un buon accordo. Non abbiamo impiegato tutto quel tempo nei negoziati per poi chiamarci fuori. Vogliamo rimanere e credo che anche l'Europa lo voglia». Difficile che si possa ripartire da capo a negoziarne un altro. «Se facciamo un accordo con gli Usa chi garantisce che la firma varrà qualcosa? - chiede Zarif -. Perché dovremmo riprendere il dialogo solo perché odiano i loro predecessori? La diplomazia è una cosa seria».

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