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La Stampa Rassegna Stampa
14.10.2018 L'affair Khashoggi: e se fosse andata diversamente?
Lo scrive anche Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 14 ottobre 2018
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Khashoggi, Trump avverte l'alleato saudita ' se l'hanno ucciso li puniremo con durezza'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 14/10/2018, a pag.11, con il titolo "Khashoggi, Trump avverte l'alleato saudita ' se l'hanno ucciso li puniremo con durezza'" il commento di Giordano Stabile.

Dopo i due servizi che abbiamo riportato nei giorni scorsi, Giordano Stabile inserisce nella cronaca di oggi la possibilità che sia andata diversamente da come è stata raccontata. In effetti, l'ipotesi che c'entrino Qatar e Turchia, due regimi nemici dell'Arabia Saudita, è credibile. Se l'Arabia Saudita voleva liberarsi del giornalista affiliato ai Fratelli Musulmani, aveva molte altre soluzioni, la più autolesionista era quella di farlo a pezzi nel proprio consolato a Istanbul! Vedremo se quella che per oggi è una ipotesi assumerà contorni più approfonditi nei giorni prossimi.

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 Mohammed bin Salman tra i due suoi nemici

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Giordano Stabile

Donald Trump è pronto a «punire severamente» l'Arabia Saudita se l'accusa di aver ucciso e fatto a pezzi il giornalista Jamal Khashoggi sarà confermata. Il presidente americano era stato finora prudente, considerato il patto di ferro fra Stati Uniti e il Regno. Ma i dettagli che emergono dalle indagini degli investigatori turchi l'hanno convinto, o costretto, a una presa di posizione netta. Trump si è detto «arrabbiato» e ha definito «terribile e vergognoso» che un reporter sia stato ucciso così: «Siamo decisi ad andare fino in fondo e ci sarà una punizione severa». Riad ha respinto le accuse, definite dal ministro dell'Interno Abdulaziz bin Saud bin Nayef «bugie senza fondamento», ma Trump ha ribattuto che «potrebbero essere proprio loro», i sauditi, i responsabili. Ha però escluso sanzioni sulle forniture di armamenti, che vedono aziende americane impegnate a onorare contratti da 110 miliardi di dollari. Commesse sui cui hanno già messo gli occhi «la Russia e la Cina». L'Arabia Saudita resta un partner troppo importante, insomma, per essere scaricato del tutto, ma il caso Khashoggi ha scosso un rapporto settantennale. Anche perché sull'altro lato c'è un altro pilastro delle alleanze degli Stati Uniti nella regione, la Turchia. La liberazione del pastore evangelico Andrew Brunson, ricevuto ieri da Trump nello Studio Ovale, ha dissipato parte delle nubi che si sono addensate negli ultimi due anni. È l'inizio del disgelo, e Ankara sfrutta le indagini sulla sparizione dell'editorialista del «Washington Post» per rinsaldare il rapporto. Restano però alcuni dubbi, in particolare sulle registrazioni video e audio dell'assassinio, dove «si sentono le urla della vittima». Non è chiaro come gli investigatori ne siano entrati in possesso. I giornali filo-governativi, come Sabah, hanno rivelato che sono state ottenute dall'Apple Watch che Khashoggi indossava e che era collegato all'iPhone lasciato alla fidanzata fuori dal consolato. Ma alcuni analisti non sono convinti, perché il dispositivo riesce a trasmettere soltanto a una distanza di 15-20 metri. I turchi dicono poi che è stato manipolato dagli stessi sauditi, che l'avrebbero sbloccato con le impronte digitali delle vittima. Cosa impossibile, perché lo sblocco avviene attraverso l'iPhone, di cui non erano in possesso. Queste sbavature sono state riprese dai sauditi. Si fa notare come non avrebbe senso per le autorità saudite uccidere Khashoggi proprio nel consolato, con la certezza di essere poi accusati. La tesi è che il giornalista sia stato fatto sparire, probabilmente dal Qatar, per poi accusare Riad. I 15 agenti del commando, un po' come i killer russi nel caso Skripal, vengono definiti «semplici turisti». La Turchia, ieri, ha però affermato di averne identificato un altro, Maher Mutreb, «colonnello dell'Intelligence con base a Londra» e ha accusato Riad di non cooperare. La controffensiva saudita indica anche che il boicottaggio alla Conferenza economica di Riad, «la Davos del deserto», comincia a preoccupare. Il Segretario generale dell'Onu Antonio Guterres ha detto che, una volta chiarito il caso, «i governi dovrebbero decidere in maniera appropriata se partecipare all'evento», previsto dal 27 al 30 ottobre. Le defezioni si moltiplicano. Ieri il capo della Banca Mondiale Jim Kim ha detto che non ci sarà, mentre il miliardario britannico Richard Branson ha confermato lo stop all'investimento nella sua azienda spaziale da parte del Fondo sovrano saudita.

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