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La Stampa Rassegna Stampa
30.09.2018 Trump-Netanyahu: semplice uso tradizionale della diplomazia per smuovere Ramallah
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 30 settembre 2018
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Trump spinge per uno Stato palestinese, Netanyahu frena»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 30/09/2018, a pag.14, con il titolo "Trump spinge per uno Stato palestinese, Netanyahu frena" il commento di Giordano Stabile

In verità, la situzione è perlomeno ambigua. Parrebbe che stia rispuntando nuovamente l'ipotesi 'due popoli due stati', dopo il rifiuto della Giordania di accogliere l'ultima proposta di Trump, ovvero una Federazione giordano-palestinese. Non è da oggi che la Giordania dichiara il propro no a questa soluzione, che porterebbe quasi sicuramente alla scomparsa della monarchia, sostituita da una dittatura arabo-palestinese.
Netanyahu - come riporta Stabile- non è contrario di principio a uno stato palestinese, ma alle condizioni richiamate nell'articolo di oggi. Irrealizzabili, visto che l'obiettivo palestinista non è 'due popoli due stati' ma la sostituzione di Israele, da cancellare dalle carte geografiche.
Trump lo sa benissimo, su questo non ci sono dubbi.

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Ecco il pezzo:

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Giordano Stabile

Benjamin Netanyahu mette i paletti al piano di pace di Donald Trump. Il premier israeliano è rimasto sorpreso dall'improvviso sostegno del presidente americano alla nascita di uno Stato palestinese. Per due anni la Casa Bianca ha messo nell'angolo i palestinesi, ha spostato l'ambasciata a Gerusalemme, tagliato i fondi ai rifugiati. Ma aveva anche promesso qualcosa di «molto buono» in cambio delle concessioni fatte a Israele. E ora ha spiegato che l'accordo che preferisce, quello «che funziona meglio» è nel solco della soluzione «due popoli, due Stati». Il piano sarà presentato entro tre mesi dal consigliere della Casa Bianca, suo genero, Jared Kushner, che «ama Israele ma saprà essere onesto con i palestinesi». «Mai finché sarò premier» Netanyahu non ha mai escluso la possibilità della nascita di uno Stato palestinese, ma non è certo la sua prima scelta. Anche nel celebre discorso all'università di Bar Ilan, nel 2009, sotto la spinta di Obama, era rimasto prudente. L'arrivo di Trump sembrava aver seppellito la linea seguita fin dagli accordi di Oslo, e qualche mese fa il premier ha proposto uno «Stato minus», qualcosa in meno della piena sovranità e qualcosa in più di una semplice autonomia per Cisgiordania e Gaza. Dopo le dichiarazioni di Trump, è sembrato spiazzato. A New York ha spiegato che preferisce «parlare di sostanza, non di etichette». La parola Stato «può voler dire tante cose — ha continuato - persone diverse intendono cose diverse, che cosa intendo io? Non lo so, fate voi, voglio che i palestinesi si autogovernino, ma senza poterci fare del male». Netanyahu deve fronteggiare anche gli alleati di destra nella coalizione: il ministro dell'Educazione e leader del partito BeitYehudi Naftali Bennett ha minacciato di «uscire dal governo se nascerà uno Stato palestinese». Il ministro dell'EnergiaYuval Steinitz, del partito del premier, il Likud, ha proposto una «confederazione» fra Israele e la Cisgiordania. Per questo, il leader israeliano ha ribadito quali sono le linee invalicabili per Israele. Lo Stato palestinese dovrà essere demilitarizzato e «Israele dovrà avere la preminenza nel controllo della sicurezza, in ogni circostanza». Non ha escluso che l'accordo di pace possa arrivare durante il suo mandato, che scade l'anno prossimo, ma ha insistito: «Israele non cederà mai il controllo della sicurezza sulla sponda occidentale del Giordano. Non accadrà finché io sarò primo ministro e credo che anche gli americani lo capiscano»

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