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La Stampa Rassegna Stampa
23.09.2018 Governo 5Stelle/Lega: Tutti vogliono essere ricevuti da Trump, adesso tocca a Conte..
Analisi di Paolo Mastrolilli

Testata: La Stampa
Data: 23 settembre 2018
Pagina: 11
Autore: Paolo Mastrolilli
Titolo: «Conte pronto a offrire a Trump una mediazione con Teheran»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/09/2013, a pag. 11, con il titolo "Conte pronto a offrire a Trump una mediazione con Teheran" la corrispondenza di Paolo Mastrolilli.

nella foto:
attento Trump, Conte è il premier italiano,
ma gli ordini li riceve da Teheran

Tutti vogliono essere ricevuti da Trump. La prossima occasione sarà martedì, durante la colazione offerta dal presidente dell'Onu Guterres. Ci proverà il presidente del consiglio Conte, portatore,come un qualunque postino, di una proposta da parte dell'Iran, nella quale l'Italia si offrirà quale mediatrice tra Usa e Iran. Essendo Conte un 5Stelle non è difficile prevedere quale parte reciterà. Il rapporto tra l'Iran e 5Stelle è molto forte, Trump dovrebbe essere informato chi è quel gentile e sorridente leader politico italiano.

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Il premier Conte sarà seduto al tavolo col presidente Trump, durante la colazione offerta dal segretario generale dell'Onu Guterres martedì. Tra i due non è previsto un incontro bilaterale ufficiale, ma quella sarà l'occasione migliore per parlarsi. Il primo obiettivo del capo del governo italiano sarà invitare il leader della Casa Bianca alla conferenza sulla Libia che ospiteremo a novembre, o quanto meno assicurarsi la presenza del segretario di Stato Pompeo, ma possiamo svolgere un ruolo anche su altri dossier complicati, come quello iraniano. La visita di Conte al Palazzo di Vetro è stata in bilico fino all'ultimo. All'inizio doveva durare tre giorni, e comprendere una conferenza alla Columbia University, ma poi era stata annullata, per i problemi di stabilità interna legati in questo momento soprattutto all'elaborazione della finanziaria. Non solo la dialettica tra i vice premier Di Maio e Salvini, dove spesso il premier deve mediare per sbloccare le situazioni, ma anche tra gli stessi ministri delle varie anime nel Movimento 5 Stelle. Poi il viaggio è stato ripristinato, prima come una breve missione di poche ore per tenere il discorso all'Assemblea Generale, e ora come una visita che comincerà all'ora di pranzo di martedì, e finirà con la partenza mercoledì sera. La colazione vicino a Trump sarà il momento operativamente più importante, anche perché finora Conte è riuscito a conquistarsi la sua fiducia. Il capo della Casa Banca ha elogiato di recente Salvini, parlando con altri leader europei, ma il ministro dell'Interno non ha avviato seriamente le pratiche per visitare Washington. Di Maio, che c'era stato prima delle elezioni, vorrebbe tornare, ma non ha ancora trovato le condizioni giuste. Il ministro degli Esteri Moavero Milanesi non ha fatto un passaggio ufficiale a Foggy Bottom, mentre la collega della Difesa Trenta ha espresso il desiderio di andare al Pentagono, ma non ha ancora ricevuto una data. Conte dunque resta l'interlocutore principale, e cercherà di convincere Trump a venire alla conferenza sulla Libia. È un obiettivo difficile, e finora non ci sono state indicazioni positive, ma servirebbe a dare una prima sostanza alla «cabina di regia» sul Mediterraneo annunciata durante la visita alla Casa Bianca del 30 luglio. Nei giorni della riunione sulla nostra ex colonia il capo della Casa Bianca sarà a Parigi per le commemorazioni della Prima Guerra Mondiale, e quindi resta la speranza che possa allungare il viaggio da noi. Altrimenti si punterà su Pompeo, che non ha ancora confermato, ma sarebbe un successo perché alla conferenza di Macron sulla libia gli americani erano rappresentati solo dall'ambasciatore. Il piano da proporre è ancora in via di definizione, ma è chiaro ormai che l'idea francese di elezioni a dicembre è tramontata, e l'obiettivo di riportare stabilità e sicurezza è tornato al primo posto, qualunque sia il voto da organizzare poi, presidenziale o parlamentare. Conte poi avrà due bilaterali delicati mercoledì 26, con il presidente iraniano Rohani e quello egiziano Al Sisi. Entrambi i Paesi hanno in comune gli interessi locali dell'Eni, e l'Egitto svolge una funzione chiave in Libia come sostenitore di Haftar. Se si vuole evitare che il generale completi la marcia su Tripoli, bisogna passare dal Cairo. Teheran perd è un dossier ancora più complicato, perché proprio il 26 Trump presiederà la riunione del Consiglio di Sicurezza, che sotto al titolo della non proliferazione nucleare nasconde l'intento di puntare il dito contro gli ayatollah. Il primo novembre poi torneranno in vigore le sanzioni americane, dopo la denuncia dell'accordo nucleare negoziato da Obama, e quindi anche le aziende italiane devono capire come regolarsi. L'inviato americano per l'Iran, Brian Hook, ha detto  che gli Usa vogliono negoziare un nuovo trattato, ma Teheran non si fida più. Visti i buoni rapporti che ha con entrambi, l'Italia potrebbe ritagliarsi un ruolo utile.


direttore@lastampa.it

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