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La Stampa Rassegna Stampa
10.09.2018 Roma: le foto di David Rubinger in mostra raccontano Israele: un avvenimento storico
Commento di Ariela Piattelli

Testata: La Stampa
Data: 10 settembre 2018
Pagina: 29
Autore: Ariela Piattelli
Titolo: «Tutto Israele in 500 mila foto»

 Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 04/09/2018, a pag.26, con il titolo "Alex Sabbadini: l'ebreo con la Leica che fotografava i documenti fascisti", il commento di Ariela Piattelli.

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Ariela Piattelli

Museo di Roma in Trastevere dal 7 settembre al 4 novembre 2018

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La locandina della mostra

 

La sua prima macchina fotografica fu una Argus. Gliela regalò una ragazza francese nel 1945, quando era soldato della Brigata Ebraica mentre tornava nella Palestina del mandato britannico. Da allora non la lasciò più, David Rubinger, il fotografo israeliano, nato a Vienna nel '24 e scomparso a Gerusalemme un anno fa. A lui, che ha raccontato con 500 mila immagini più di sessant'anni di storia dello Stato d'Israele, è dedicata una mostra a Roma, al Museo in Trastevere (fino al 4 novembre), a cura di Edvige Della Valle. Settanta scatti, un percorso che parte dagli eventi importanti, di svolta, nella storia dello Stato ebraico e arriva ai momenti di vita privata dei grandi personaggi. E se il contrasto in fotografia è prima di tutto una questione estetica, per Rubinger faceva parte del racconto, della sua poetica d'autore: così si trovano le fotografie di gente comune in momenti epici, e presidenti, ministri, fondatori dello Stato, immortalati nel loro quotidiano. Un'immagine simbolo In mostra il suo scatto più celebre, quello dei tre paracadutisti israeliani davanti al Muro Occidentale a Gerusalemme nella Guerra dei Sei Giorni, realizzato il 7 giugno 1967 in condizioni rocambolesche. Rubinger diede il negativo il giorno stesso a un rappresentante dell'esercito israeliano, le stampe si moltiplicarono, e la foto entrò nella storia. «Ciò che ha reso significativa quella foto sono state le circostanze in cui fu scattata, ed è questo che l'ha resa il simbolo in cui si identifica la gente», dirà poi il fotoreporter. «Si tratta di una fotografia che più tardi lui definirà imperfetta, sottolineando i volti troncati che circondavano i soldati, ma che detiene una straordinaria carica espressiva, tale da farla diventare l'immagine icona del Paese», spiega Giorgia Calò, assessore alla Cultura della Comunità ebraica romana, che assieme all'Ambasciata d'Israele e al Comune di Roma ha organizzato la mostra. Rubinger lavorò come fotoreporter per il settimanale HaOlam HaZeh, poi per i quotidiani Yediot Ahronot e Jerusalem Post, e fu inviato in Israele per Time e Life.

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David Rubinger

Ciò che lo rese celebre era la sua capacità di tessere i volti della gente con le trame della storia, come nello scatto del '47 di un gruppo di giovani che celebrano la decisione delle Nazioni Unite di creare uno Stato Ebraico, oppure quello in cui un giovane sergente dell'esercito israeliano abbraccia commosso un famigliare appena arrivato dall'Etiopia nel corso dell'operazione Solomon. Fotografo di fiducia di capi di Stato e generali, Rubinger entrò nelle loro case, nei salotti e persino nelle cucine, svelando, soprattutto nei primi anni dalla fondazione, gli aspetti umani e le condizioni sobrie in cui vivevano: era l'unico fotografo autorizzato a scattare anche nella mensa del Parlamento israeliano, la Knesset. Nei salotti e nelle cucine Di lì i ritratti privati di David Ben Gurion, Golda Meir che prepara il caffè per gli ospiti nella sua cucina spartana, oppure in una pausa per l'ennesima sigaretta, Menachem Begin che aiuta sua moglie a infilarsi le scarpe in un aereo, e ancora la celebre carezza di Henry Kissinger alla moglie Nancy. Con il suo obiettivo puntato anche alle parole, oltre che alle espressioni, Rubinger ha costruito una narrazione fatta di sussurri e silenzi, di confidenze scambiate in un orecchio tra i personaggi che hanno fatto storia, d'Israele e non solo. «In una fotografia in mostra, ci sono Golda Meir e l'artista Marc Chagall nel momento dello svelamento dell'opera realizzata per la Knesset ne11969», continua Calò. «David Rubinger riuscì a immortalare il preciso istante in cui Chagall afferra delicatamente il gomito del primo ministro e le sussurra in yiddish "Golda, ti piace?". Tanta l'emozione nel vedere quel lavoro straordinario che Golda Meir non riesce a parlare, trattiene il fiato e si porta una mano alla bocca» Un altro sussurro ad Assuan nel 1980, c'è il presidente egiziano Anwar al-Sadat in intima conversazione con il primo ministro d'Israele Menachem Begin durante i negoziati di pace tra i due Paesi. Infine c'è il silenzio, forse uno dei più celebri, ed è quello della preghiera di Giovanni Paolo II a Gerusalemme davanti al Muro Occidentale.

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