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La Stampa Rassegna Stampa
17.08.2018 Svezia: se la legge islamica prevale sul diritto di uno Stato laico
Cronaca di Monica Perosino

Testata: La Stampa
Data: 17 agosto 2018
Pagina: 21
Autore: Monica Perosino
Titolo: «Rifiutò la stretta di mano, musulmana vince la causa»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 17/08/2018, a pag.21, con il titolo "Rifiutò la stretta di mano, musulmana vince la causa" la cronaca di Monica Perosino.

Quello riportato dalla Stampa e accaduto in Svezia è un esempio di scontro tra una regola religiosa e una regola di uno Stato laico. In casi del genere è indispensabile che prevalga la regola del Paese laico. Se così non avviene - come nel caso svedese riportato - il rischio è la trasformazione dello Stato, che perde il carattere di laicità e si piega alle imposizioni religiose, che nella grande maggioranza dei casi riguardano l'islam.

E' un percorso che comincia con il rifiuto della stretta di mano, poi passa al rifiuto di farsi curare negli ospedali da medici di sesso opposto, per giungere infine all'intolleranza completa del modello di vita occidentale e la pretesa di poter imporre la legge della sharia, come già succede in alcuni quartieri di importanti città europee come Birmingham (Inghilterra), Malmoe (Svezia), Bruxelles (Belgio), e nelle banlieues della periferia di Parigi. E' questo il futuro dell'Europa?

Ecco l'articolo:

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Monica Perosino

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Farah Alhajeh

Farah Alhajeh, 24 anni, era andata al colloquio di lavoro a Uppsala, la città universitaria dove vive, sicura di ottenere il posto come interprete per un’azienda che offre servizi di traduzione. Ma qualcosa è andato storto: «Il colloquio è stato interrotto bruscamente, mi hanno fatto uscire dalla stanza e mi sono trovata in ascensore a piangere e senza lavoro», ha raccontato alla Sveriges Television. Il colloquio si è interrotto quando Farah si è rifiutata di stringere la mano ad uno degli intervistatori, portando invece la mano al cuore. Un comportamento tenuto da molte donne musulmane praticanti per evitare ogni contatto fisico con uomini che non fanno parte della loro famiglia. Ieri il Arbetsdomstolen (tribunale del lavoro svedese) le ha riconosciuto il diritto ad un risarcimento (circa 3.800 euro) e ha giudicato la decisione dell’azienda «discriminatoria». La sentenza, la prima nel suo genere, ha considerato rilevante il fatto che il lavoro consistesse in traduzioni online e per telefono e che quindi, «il rifiuto di contatto con uomini non costituisse un impedimento allo svolgimento delle mansioni richieste».
«Ora sono davvero felice - dice Farah Alhajeh - ho avuto giustizia». E ha aggiunto: «Credo in Dio, che è molto raro in Svezia, sono convinta che questo debba essere rispettato e accettato nella misura in cui non ferisco nessuno. Voglio vivere secondo le regole della mia religione e al tempo stesso rispettare quelle del Paese in cui vivo».

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L'Europa tende la mano all'islam...

Questione di diritti
Nonostante la condanna al risarcimento danni - votata da 3 membri su 5 della corte -, la piccola azienda di traduzioni di Uppsala continua a sostenere le sue posizioni : «Siamo convinti che sia impossibile eliminare la stretta di mano come saluto, e critichiamo altre usanze che affondano le radici nella religione e, di fatto, fanno differenza fra i sessi, discriminano le donne e possono portare a conflitti sul luogo di lavoro».
Uno scontro fra diritti: «La nostra politica - aggiunge la portavoce dell’azienda - accetta l’autismo o la germofobia, ad esempio, come ragioni validissime per evitare il contatto, ma rifiutarsi di stringere la mano a colleghi del sesso opposto va contro la nostra politica». E aggiunge: «Ci teniamo a sottolineare che le nostre regole non sono discriminatorie nei confronti dei musulmani, la maggioranza dei musulmani non ha nessun problema a stringere la mano sia a uomini che a donne».

Per inviare alla Stampa la propria opinione, telefonare: 011/65681, oppure cliccare sulla e-mail sottostante


direttore@lastampa.it

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