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Non dimenticheremo mail gli orrori del 7 ottobre (a cura di Giorgio Pavoncello) 15/01/2024


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La Stampa Rassegna Stampa
15.08.2018 Netanyahu: grande attivismo diplomatico e politico
Cronaca Giordano Stabile sul caso Corbyn, breve sul vertice con Al Sisi

Testata: La Stampa
Data: 15 agosto 2018
Pagina: 18
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Netanyahu mette all’angolo Corbyn: 'Omaggia i terroristi di Monaco' - Tregua a Gaza, il vertice segreto con Al Sisi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 15/08/2018, a pag.18 con il titolo "Netanyahu mette all’angolo Corbyn: 'Omaggia i terroristi di Monaco' " il servizio di Giordano Stabile, la breve "Tregua a Gaza, il vertice segreto con Al Sisi".

La breve che riporta l'incontro tra Benjamin Netanyahu e Abdel Fattah Al Sisi contiene una frase di totale disinformazione contro Israele. Scrive infatti la Stampa delle "marce del ritorno organizzate da Hamas al confine, e represse nel sangue da Israele", ma omette di sottolineare che, se i terroristi di Hamas che hanno diretto le "marce" per sfondare la barriera al confine tra Gaza e Israele non fossero stati fermati, quel sangue sarebbe stato moltiplicato da quello dei cittadini israeliani dei kibbutzim e delle città vicine al confine. Israele non ha fatto altro che difendersi da un attacco al proprio confine, come avrebbe fatto qualunque altra democrazia.

A destra: Benjamin Netanyahu con Abdel Fattah Al Sisi. Sotto, l'omaggio di Jeremy Corbyn ai terroristi arabi palestinesi nel 2004:

Ecco gli articoli:

Giordano Stabile: "Netanyahu mette all’angolo Corbyn: 'Omaggia i terroristi di Monaco' "

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Giordano Stabile

Benjamin Netanyahu attacca su Twitter Jeremy Corbyn per la corona di fiori deposta nel cimitero di Tunisi vicino alla tomba di uno degli ideatori della strage alle Olimpiadi di Monaco del ’72. E Corbyn risponde, anche lui con un tweet, per condannare invece «l’uccisione di 160 manifestanti a Gaza» negli ultimi cinque mesi e la nuova legge sullo Stato-Nazione che «discrimina i palestinesi».
Non si erano mai visti un premier straniero e il capo dell’opposizione britannico duellare sui social, senza nessuna formalità diplomatica, e per di più su una materia incandescente che rischia di azzoppare la corsa del 69enne leader laburista verso una possibile vittoria alle prossime elezioni, se il governo di Theresa May dovesse collassare.

Le simpatie di Jeremy
La materia è quella delle vicinanza di Corbyn alla causa palestinese, una simpatia che per le autorità israeliane e la comunità ebraica britannica esonda nell’antisemitismo. Per questo Netanyahu ha voluto dire la sua, dopo che il quotidiano «Daily Mail» ha rispolverato venerdì scorso il caso dell’omaggio, nel 2014, alle tombe dei palestinesi a Tunisi. Un gesto che per il leader israeliano deve essere «condannato da tutti, destra, sinistra, e tutto quello che sta in mezzo». Il caso è riesploso perché il «Daily Mail» ha scoperto, dall’analisi delle foto, che Corbyn reggeva la corona di fiori vicino alla sepoltura di Atef Bseiso, capo dell’Intelligence dell’Olp, ritenuto una delle menti dell’attacco Monaco e assassinato a Parigi dal Mossad nel 1992.

Corbyn ha sempre sostenuto, e continua a farlo, che la sua era una commemorazione dei 47 palestinesi uccisi nel bombardamento del quartier generale dell’Olp a Tunisi del 1985. Il «Daily Mail» ribatte però che le loro tombe si trovano a 15 metri di distanza dal luogo dove Corbyn è stato fotografato. Tanto è bastato per riaccendere le polemiche sulle posizioni anti-israeliane del leader laburista, innescate anche dal rifiuto del Labour di aderire alla definizione di antisemitismo stilata dalla International Holocaust Remembrance Alliance.
Ma la visita al cimitero di Tunisi è vista in Israele come un oltraggio soprattutto per via dei legami con il massacro di Monaco, undici atleti uccisi, una ferita ancora aperta. In quell’estate del 1972 lo choc fu così forte che il governo di Golda Meir lanciò una delle più complesse e durature operazioni del Mossad, «Collera divina». Si scatenò una caccia ai dirigenti dell’Olp e agli uomini del gruppo «Settembre nero» in tutto il mondo, che si è prolungata per vent’anni fino all’uccisione appunto di Atef Bseiso a Parigi nel 1992. Ci furono innumerevoli blitz, specie a Beirut, negli Anni Settanta la principale base palestinese.
Uno dei più drammatici fu l’uccisione nel 1979 di Ali Hassan Salameh, il «Principe rosso», considerato il vero ideatore dell’attacco di Monaco, ma anche un informatore della Cia e un mediatore fra Olp e Stati Uniti. In Israele la caccia ai terroristi di «Settembre nero» non si è mai chiusa ma per Corbyn l’omaggio ai palestinesi sepolti a Tunisi era un gesto per «finirla con il ciclo della violenza e cercare la pace con un nuovo ciclo di dialogo», con tutti. Finora però si è attirato soltanto la «collera divina» di Netanyahu e di gran parte degli ebrei nel mondo.

"Tregua a Gaza, il vertice segreto con Al Sisi"

ll premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente egiziano Abdel Fatah al-Sisi si sono incontrati, in segreto, lo scorso maggio, per mettere fine alla crisi di Gaza e arrivare a una tregua permanente fra Israele e Hamas. Le indiscrezioni dei media israeliani sono state confermate ieri dal ministro delle Finanze Moshe Kahlon, mentre quello della Difesa Avigdor Lieberman ha annunciato la riapertura, oggi, del valico di Kerem Shalom «se la situazione rimarrà calma». È la conferma ufficiale che accanto al binario morto di attacchi e rappresaglie è attivo anche il binario della diplomazia e che una svolta positiva per la Striscia è possibile.

La mediazione dell’Egitto va avanti dalla scorso autunno e aveva portato a un primo accordo fra Hamas e l’Autorità nazionale palestinese guidata da Abu Mazen, per un governo di unità nazionale che negoziasse la pace con Israele. Gli sviluppi diplomatici sono stati però bloccati dalla questione posta dall’ala militare del movimento islamista palestinese, che rifiuta di deporre le armi, e dall’irrompere della decisione di Donald Trump di spostare l’ambasciata americana a Gerusalemme. Lo stallo è degenerato in una quasi guerra. Prima un misterioso attentato al premier palestinese Rami Hamadallah. Poi le marce del ritorno organizzate da Hamas al confine, e represse nel sangue da Israele, 160 morti da marzo. Infine gli attacchi con razzi e mortai sulle città israeliane vicine alla frontiera, con i raid israeliani in risposta.

Ma il binario diplomatico non si è mai fermato. La mediazione è guidata dall’Egitto e dall’inviato speciale dell’Onu Nikolay Mladenov. E a maggio, mentre nella Striscia la situazione degenerava, sono intervenuti di persona Al-Sisi e Netanyahu. L’obiettivo è la fine del blocco, poiché anche l’Egitto tiene chiuso o semichiuso il suo valico a Rafah, e il lancio della ricostruzione con fondi internazionali. Il tutto a partire da un cessate-il-fuoco permanente. Anche per Il Cairo è essenziale «disinnescare» Gaza. La pace e la ricostruzione avrebbero ricadute economiche e in posti di lavoro in Egitto. E renderebbero più facile sconfiggere il terrorismo dell’Isis nel confinante Sinai. Il ministro Kahlon ha confermato che «tutto quello che accade a Gaza viene fatto con il coinvolgimento dell’Egitto» e un primo risultato si potrebbe vedere oggi con la riapertura del valico di Kerem Shalom, indispensabile per portare sollievo a 1,9 milioni di abitanti stremati.

 

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