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La Stampa Rassegna Stampa
05.08.2018 Davide Lerner: un'intervista in ginocchio più adatta a Repubblica che alla Stampa
Confonde una provocatrice con la fatina dai capelli dorati

Testata: La Stampa
Data: 05 agosto 2018
Pagina: 11
Autore: Davide Lerner
Titolo: «L’attivista palestinese liberata: 'Difendo i diritti delle donne per sconfiggere l’occupazione'»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/08/2018, a pag. 11, con il titolo "L’attivista palestinese liberata: 'Difendo i diritti delle donne per sconfiggere l’occupazione' ", l'intervista di Davide Lerner a Ahed Tamimi.

Davide Lerner sulle orme del padre Gad ci dà un significativo esempio di fake news nell’intervista in ginocchio alla Ahed Tamimi, di professione provocatrice/propagandista che il rampollo confonde con la fatina dai capelli dorati. “Quel video in cui schiaffeggiava due soldati israeliani per cacciarli dal cortile di casa”- scrive, ignorando la storia della star che ammira tanto. Tamimi fa invece parte di quella operazione chiamata ‘Pallywood’, che confeziona video studiati e realizzati per colpire l’immaginazione di chi odia Israele e ha bisogno di nutrire il proprio odio con nuovi accorgimenti. La fatina dai capelli dorati non ha mai schiaffeggiato due soldati israeliani per cacciarli dal cortile di casa, come vuol farci credere l’intervistatore, ma faceva parte della troupe che operava nei check point, inscenando sceneggiate che la vedevano protagonista, lei coraggiosa fatina dai capelli dorati, mentre aggrediva dei pazienti soldati, che si trovavano ai check point per impedire ai concittadini della fatina di entrare in Israele a fare strage di ebrei. L’idea era nata all’interno della Ong israeliana B’Tselem che aveva acquistato 200 cineprese per regalarle ai volonterosi palestinisti, istruendoli sull’effetto che quei video avrebbero ottenuto a livello mondiale. Quindi schiaffi ai soldati, morsi alle mani, a dei ragazzi in divisa che hanno sempre evitato di reagire, fino al giorno in cui il caravanserraglio di Pallywood ha superato ogni decenza. Una intervista del tutto fuori luogo, indegna di essere pubblicata su un quotidiano che, nel panorama dei media italiani, è uno dei pochi che cerca di dare ai propri lettori una informazione sul Medio Oriente non avvelenata, come, per esempio, è abitudine del confratello La Repubblica, pur appartenendo alla stessa proprietà.

Ecco l'intervista: 

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Davide Lerner

Donne di tutto il mondo (anche Israele) unitevi. Se il messaggio della diciassettenne palestinese Ahed Tamimi all’indomani della liberazione dalle carceri minorili israeliani dovesse essere riassunto in una frase, la frase sarebbe di sicuro questa. «La lotta per i diritti delle donne è la medicina contro l’occupazione», dice la minorenne dai capelli dorati divenuta da un giorno all’altro icona palestinese, «la vera wonder woman» come la chiamano i fan che alludono al personaggio cinematografico interpretato dall’attrice israeliana Gal Gadot. Quel video in cui schiaffeggiava due soldati israeliani per cacciarli dal cortile di casa, nel villaggio di Nabi Saleh a Nord di Ramallah, ha fatto il giro del mondo, e in un batter d’occhio si è bevuto tutta la sua gioventù. Ahed Tamimi risponde alle domande de «La Stampa» mentre ministri dell’Autorità Nazionale Palestinese si mettono in fila per essere filmati al suo fianco, come per brillare della luce riflessa di una stella nata per caso in un angolo desolato della Cisgiordania palestinese.

Risultati immagini per Ahed Tamimi
Ahed Tamimi

Volevi fare la leader politica da grande?
«A dire il vero volevo fare la calciatrice. Sono una gran tifosa del Barcellona, in Italia mi piace la Juventus. Durante i mesi di carcere (otto ndr.) ho guardato tutti i mondiali, avrei voluto che vincesse il Brasile (mima le lacrimucce.) ma le cose non sono andate così. Ma per chi vive sotto occupazione è difficile fare finta di niente. Pensa come ti sentiresti se non potessi muoverti liberamente, se la tua possibilità di spostarti anche nei luoghi più vicini fosse ostacolata dai check-point israeliani. Pensa come ti sentiresti se il tuo paese avesse il mare (Tel Aviv dista poche decine di chilometri dal villaggio ed è visibile dall’insediamento israeliano circostante, Halamish, ndr.) ma non potessi andare in spiaggia, fare il bagno. Pensa come ti sentiresti se la tua vita fosse minacciata ogni giorno da un esercito nemico che usa la violenza con leggerezza. Te lo dico io come ti sentiresti: ti sentiresti soffocare».
Perché dici che le donne sono «medicina contro l’occupazione»?
«Le donne sono la chiave di volta nella lotta contro l’oppressione in tutto il mondo, non solo in Palestina. Devono lottare per i propri diritti anche in Israele, dove sono obnubilate dall’ideologia sionista ma in verità sono a loro volta oppresse. Le donne non solo rappresentano metà della popolazione, ma giocano un ruolo cruciale nella società e crescono le future generazioni. In carcere sono state proprio delle donne ad aiutarmi e a tenermi su di morale, malgrado avessero molti più anni da scontare rispetto a me non avevano perso la voglia di vivere».
I funzionari del partito di Abu Mazen, il Fatah, hanno addobbato la tua casa di famiglia con le loro bandiere in favore di telecamera dopo il tuo rilascio, malgrado la famiglia Tamimi si dichiari politicamente indipendente. Ma se un giorno diventassi una rappresentante politica più «tradizionale», a quali condizioni faresti la pace con gli israeliani?
«Bisognerebbe tornare indietro allo status quo precedente all’occupazione, bisognerebbe che tutti avessero pari diritti in queste terre. La strada è ancora lunga ma non bisogna mai perdere la speranza: nessuna occupazione dura per sempre».
Ma riconosci il diritto di Israele a esistere?
«Come ho detto, serve tornare al periodo antecedente l’occupazione e la colonizzazione quando musulmani, cristiani ed ebrei vivevano insieme in pace e rispettando la dignità di tutti. Continuerò a lottare al fianco del mio popolo per conseguire questi diritti. Gli italiani devono sapere che il mio arresto non ha nulla di speciale rispetto all’arresto di centinaia di altri bambini palestinesi che sono vittime di questo tipo di abusi ogni giorno. Da oggi intendo impegnarmi per loro».
Qual è il modo migliore per mettere fine all’occupazione: attraverso la resistenza armata, oppure attraverso altre forme di lotta, come insistere sul piano politico per la piena applicazione degli accordi di Oslo?
«A questo preferisco non rispondere (familiari e amici consigliano a Tamimi di non esporsi dal momento che si trova in “probation period”, o libertà condizionale)».
Ci sono figure storiche a cui ti ispiri?
«Sì. Mio padre e mia madre».
In prigione hai finito il liceo, adesso cosa farai?
«Voglio studiare diritto internazionale e legge in modo tale da poter combattere in maniera intelligente le usurpazioni degli israeliani. In cella ho già cominciato a leggere e a informarmi, insieme ad altre detenute, per portare l’occupazione e i suoi crimini contro il mio popolo in tribunale».

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