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La Stampa Rassegna Stampa
24.07.2018 La comandante peshmerga: '8000 donne kurde combattono i terroristi'
La intervista Linda Laura Sabbadini

Testata: La Stampa
Data: 24 luglio 2018
Pagina: 10
Autore: Linda Laura Sabbadini
Titolo: «'Noi curde abbiamo combattuto i terroristi per un mondo in cui le donne siano libere'»
Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/07/2018, a pag. 10, con il titolo "Noi curde abbiamo combattuto i terroristi per un mondo in cui le donne siano libere", l'intervista di Linda Laura Sabbadini a Nessrin Abdalla, comandante kurda.

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Linda Laura Sabbadini

Nessrin Abdalla, 37 anni, comandante curda dell’Unità di protezione popolare delle donne dell’Ypj che combatte nel Nord della Siria, e sua portavoce, componente del Consiglio della Fsd che coalizza tutte le forze per la Siria Democratica. La incontro a Spoleto dove ha partecipato ai «Dialoghi», nell’ambito del Festival dei due mondi. Una donna straordinaria. È combattiva e molto determinata. Ma anche dolce, piena di vita, acqua e sapone, e soprattutto sognatrice.

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Nessrin Abdalla


Perché ha deciso di fare la combattente?
«Sono la seconda di dieci figli. Volevo contribuire a liberare il mio popolo e le donne, tutte le donne, non solo le curde. Sono cresciuta in una famiglia che tiene molto alla patria curda, ai nostri diritti come popolo. Mio fratello è morto a 16 anni, combattendo. Mio padre e mia madre erano analfabeti, mi hanno trasmesso una grande forza. Sono orgogliosa di dedicare la mia vita a questo».
Quando ha deciso di costituire una armata di donne?
«Era il 2011. Eravamo in poche a volerlo fare, in 5-6, ma molto determinate. L’abbiamo fondata nel 2013. Ora siamo 8000. La nostra filosofia è conoscerci e proteggerci. Il nostro fine è la liberazione delle donne. Combattendo per la libertà ci liberiamo. Se le donne sono più libere, la società intera lo sarà di più».
Chi sono le donne che fanno parte della resistenza?
«Siamo soprattutto giovani, di diverso livello culturale. E non siamo solo curde. Si sono unite a noi donne arabe, armene, che incontrano maggiori resistenze da parte maschile e non hanno loro unità di combattimento. Noi accogliamo tutte, perché vogliamo la liberazione di tutte».
C’è una battaglia che ricorda con maggiore soddisfazione?
«Non amo le battaglie. Non è nostra volontà combattere, ma dobbiamo proteggerci. In guerra o uccidi o sei ucciso. Certo aver liberato migliaia di donne rese schiave dall’Isis è stata una emozione forte. Erano soprattutto Ezidi, quindi considerate infedeli. Avevano il terrore negli occhi, traumatizzate. Avevano visto tante, tante teste mozzate. Tante donne si sono suicidate, perché non potevano accettare di vivere da schiave. Siamo orgogliose di averle liberate».
Ma chi addestra le donne del Ypj?
«Nelle scuole siriane c’è la materia educazione militare per uomini e per donne. Quindi le basi ce l’hanno tutte. In questo siamo avvantaggiate. Poi le combattenti più esperte istruiscono le altre. A volte anche gli uomini ci aiutano. Ce la caviamo benissimo».
Come siete organizzate?
«Chi dirige si dedica a tempo pieno. Le altre hanno tre giorni di pausa al mese. Tutto è fatto su base volontaria e non retribuito. Se la famiglia ha bisogno di aiuto si interviene per aiutarla. Il lavoro è di tipo militare ma anche culturale. Facciamo molta formazione nella fase di reclutamento. Abbiamo costruito Accademie di formazione militare e del pensiero. Sono fiera di aver fondato una delle prime».
Della reazione dell’Isis nei confronti di una milizia di donne cosa dice?
«Li ha confusi, spiazzati, moralmente distrutti. Hanno cambiato due volte le loro norme: prima hanno detto che chi fosse stato ucciso da una donna non sarebbe andato in paradiso, poi hanno aggiunto che i corpi sarebbero stati bruciati. Ho tenuto tanti interrogatori di militanti dell’Isis. Tra i prigionieri, ci siamo trovati di fronte a più di 40 nazionalità diverse, molti occidentali. Si agitavano, non mi volevano, chiedevano di essere interrogati da uomini. Sono uomini terribili, psicopatici che si esaltano a tagliare le teste, uomini deboli coinvolti per motivi economici, esaltati, sadici, integralisti. Mai cadere prigioniere dell’Isis! Noi combattiamo fino all’ultimo. Se ci troviamo senza vie d’uscita, preferiamo la morte».
Quale è il tuo sogno?
«Sono donna e sono curda. Il mio sogno è un Kurdistan unito dove le donne siano libere e l’uguaglianza trionfi. Ma oggi mi basta ottenere un sistema democratico, non centralizzato, in Siria dove tutti i popoli siano rappresentati e le donne siano uguali. Noi curdi esistiamo, abbiamo diritto a una identità riconosciuta».
Le donne salveranno il mondo?
«Noi donne siamo la patria, la nazione, il mondo. Quando la donna combatte per salvare se stessa, sta salvando il mondo, lo sta trasformando in un mondo più giusto, dove le donne sono libere. Dove c’è la donna vince la pace».

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direttore@lastampa.it

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