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La Stampa Rassegna Stampa
23.07.2018 Cuba: regime capovolto in cinque punti
Cronaca di Emiliano Guanella

Testata: La Stampa
Data: 23 luglio 2018
Pagina: 12
Autore: Emiliano Guanella
Titolo: «L’altra rivoluzione di Cuba. Proprietà privata e niente comunismo»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 23/07/2018, a pag.12 con il titolo "L’altra rivoluzione di Cuba. Proprietà privata e niente comunismo" il servizio di Emiliano Guanella.

Finalmente il regime cubano è capovolto, torna la proprietà privata, del comunismo non c'è più nemmeno il nome, la dittatura di Fidel Castro  rimane l'incubo, ma da oggi è possibile pensare nuovamente alle vacanze anche a Cuba...

Ecco i punti che sintetizzano il cambiamento, ripresi dalla Stampa:

Privati
La nuova Costituzione ammette per la prima volta nella gestione dell’economia nazionale «il ruolo del mercato e di nuove forme di proprietà, tra cui la privata».

Il Primo ministro
La nuova Carta prevede anche l’istaurazione della figura del Primo Ministro

Il partito
La Costituzione ribadisce la centralità del Partito, «forza dirigente superiore» della società e dello Stato

Unioni gay
Nell’articolo 68, il progetto definisce il matrimonio come «unione volontaria tra due persone, senza specificare il sesso».

Il comunismo
La Costituzione del 1976 menzionava all’articolo 5 la costruzione del socialismo e l’avanzamento verso la società comunista, ed oggi invece si fa riferimento solo al socialismo.

Ecco l'articolo: 

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Cuba apre alla proprietà privata, ma con molte e pesanti riserve. L’Assemblea Nazionale è stata chiamata ad approvare il progetto di riforma della vecchia costituzione del 1976, nell’ambito della spinta moderata al cambiamento iniziata da Raul Castro nel 2008. Al quotidiano ufficiale «Granma», come spesso accade, è stato affidato il compito di anticipare i contenuti della riforma dei 224 articoli, avviata dieci anni fa con una commissione del Partito comunista di cui ha fatto parte anche l’attuale presidente Miguel Diaz-Canel. La Costituzione ribadisce la centralità del Partito, «forza dirigente superiore» della società e dello Stato, ma scompare la parola «comunismo» (si fa riferimento soltanto al «socialismo») e ammette per la prima volta nella gestione dell’economia nazionale «il ruolo del mercato e di nuove forme di proprietà, tra cui la privata». Potrebbe essere una svolta storica, se non fosse per i tanti «ma» che accompagnano ogni tentativo di riforma sull’isola. La costituzione attualmente vigente riconosce quattro distinte forme di proprietà; quello dello Stato socialista, delle cooperative, dei piccoli agricoltori e la proprietà personale, che comprende l’alloggio, i risparmi e i mezzi di lavoro personale, sempre che non rappresentino «uno strumento di sfruttamento dell’uomo sull’uomo».

Ristoratori e autisti
Dalla morte di Fidel Castro, nel 2006, è iniziata una certa flessibilità nel concepire il ruolo dei cosiddetti «cuentapropristi», lavoratori indipendenti concentrati soprattutto nei servizi al turismo; taxisti, affittuari di camere per stranieri, gestori dei «paladares», i ristoranti con pochi tavoli sistemati generalmente in casa, parrucchieri e poco più. Una piccola grande rivoluzione, che oggi investe circa 600.000 persone e rappresenta il 13% del Pil cubano.

I timori dei proprietari
La nuova Costituzione, che dopo la scontata approvazione del Parlamento, sarà sottoposta al voto popolare mediante referendum, riconosce il lavoro autonomo e la proprietà privata degli strumenti di lavoro, ma riafferma la necessità, per mettersi in proprio, di ottenere un’apposita licenza dallo Stato. Non solo, ed è qui che sorgono i timori dei “cuentapropisti”, un terzo dei quali ha meno di 30 anni; il reddito prodotto deve essere registrato, depositato in banca e su questo si devono pagare le relative tasse. Non è chiaro, inoltre, quale sarà il trattamento riservato al capitale iniziale necessario per aprire un’attività. Quasi sempre i soldi per comprare un taxi, sistemare un alloggio per turisti o aprire un «paladar», arriva infatti dalle rimesse di qualche parente emigrato, l’altra grande fonte di ingresso, turismo a parte, di Cuba.
Le perplessità su questo nuovo corso vengono da quello che si è visto ultimi mesi; da quando Diaz-Canel è presidente la concessione dei permessi per le attività in proprio è stata congelata. Il regime, in sostanza, ha partorito l’ennesima riforma a metà e sarà la pratica a dimostrare quanto reale sia la volontà di apertura al mercato da parte di una dirigenza ancora mista.

I vecchi controllano
Il «giovane» Diaz-Canel, classe 1960, quindi nato dopo la rivoluzione, è affiancato ancora oggi da una cerchia ristretta di leader della vecchia guardia che «vigilano» sulla velocità dei cambiamenti sull’isola.
L’esecutivo attuale è composto da 26 uomini e 8 donne, con una media d’età di 60 anni. La nuova Carta prevede anche l’istaurazione della figura del Primo Ministro e potrebbe permettere l’apertura ai matrimoni tra persone dello stesso sesso, una battaglia storica di Mariela Castro, figlia di Raul e direttrice del Centro cubano di educazione sessuale.

Le nozze gay
Il matrimonio diventa «l’atto d’unione di due persone», senza specificare il sesso dei coniugi, un cambiamento fortemente criticato dalle chiese evangeliche che anche in Cuba, come nel resto dell’America Latina, stanno crescendo a vista d’occhio.
Dal punto di vista politico la novità più rilevante è la nomina di Alejandro Gil Fernandez, coetaneo di Diaz.Canel che sostituisce l’ottantenne Ricardo Cabrisas. Gil ha costruito tutta la sua carriera nelle sfere economiche del partito ed è considerato molto vicino all’attuale presidente. Nel 2016 a lui è toccato il compito, come vice di Cabrisas, di attutire i colpi della crisi che ha colpito l’isola a causa della recessione del Venezuela, principale alleato oggi in forte decadenza dell’Avana. Undici milioni di cubani, soprattutto i più giovani, si chiedono se la coppia Gil – Diaz Canel sarà capace di modernizzare davvero l’isola, aprendola, se non al capitalismo, che continua ad essere proibito tassativamente, perlomeno ad un’economia più aperta e dinamica.

 

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direttore@lastampa.it

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