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La Stampa Rassegna Stampa
22.07.2018 Missili, aquiloni e un soldato israeliano ucciso. Poi la tregua (per ora)
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 22 luglio 2018
Pagina: 11
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Hamas si spacca sull’orlo della guerra. L’ala militare vuole l’escalation a Gaza»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 22/07/2018, a pag.11 con il titolo "Hamas si spacca sull’orlo della guerra. L’ala militare vuole l’escalation a Gaza" il servizio di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

Un’inversione di marcia sull’orlo del precipizio. Così hanno descritto gli analisti israeliani la tregua raggiunta nella notte fra venerdì e sabato tra Hamas e Israele. I tank stavano scaldando i motori per l’intervento di terra. Il consiglio di guerra guidato dal premier Benjamin Netanyahu aspettava un’ultima provocazione, un lancio massiccio di razzi come quello di una decina di giorni fa, per far scattare l’attacco. I servizi segreti egiziani erano corsi nella Striscia, a colloquio con i due leader del movimento islamico, Yahya Sinwar e Ismail Haniyeh. Con loro anche un emissario del Qatar. La leadership politica ha mobilitato allora tutte le risorse per un controllo capillare del territorio. Razzi e mortai hanno taciuto e alla mezzanotte c’è stato l’annuncio del cessate il fuoco.

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Israeliani spengono l'ennesimo incendio appiccato da un aquilone incendiario

Come è nata l’escalation
I conti però ancora non tornavano. La «quarta guerra di Gaza» stava per essere innescata da un errore di calcolo impossibile da attribuire a capi esperti come Sinwar e Haniyeh. L’escalation comincia giovedì, quando un tank israeliano spara su un gruppo di palestinesi che preparavano il lancio di un aquilone incendiario, nel Sud della Striscia. Un militante dell’ala militare di Hamas rimane ucciso. Le Brigate Ezz al-Din al-Qassam annunciano vendetta. Non è la prima volta che lo fanno da quando sono cominciate il 30 marzo scorso le «marce del ritorno» al confine ed è scattata la dura reazione israeliana, 140 vittime palestinesi. Di solito la risposta sono lanci di razzi o colpi di mortaio. Non questa volta.

Nel primo pomeriggio di venerdì i dimostranti si ammassano al posto di confine di Khan Younis. C’è anche Haniyeh. Un cecchino palestinese spara su una pattuglia israeliana. Uccide un coscritto di 19 anni. È il primo soldato israeliano morto in servizio dall’estate del 2014, dall’operazione Protective Edge. Una provocazione grave. Israele non lascia passare le uccisioni o i rapimenti dei suoi soldati. Molte guerre, a cominciare dal Libano 2006, sono cominciate così. Haniyeh è ancora lì. Per questo gli uomini sulla torre di osservazione più vicina non possono essere evacuati, devono proteggere il leader. Un tank li colpisce in pieno e uccide quattro militanti.

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Missili da Gaza verso Israele


La trappola
È chiaro che la leadership politica non aveva nessun interesse a esporre a un rischio così alto il suo maggiore rappresentante. L’ipotesi più probabile è che invece le Brigate Al-Qassem volessero coinvolgerlo e trascinarlo nel confronto armato. Per gli analisti militari israeliani, a cominciare dal veterano Ron Ben Yishai, non ci sono dubbi. L’ala militare è disposta a tutto pur di evitare la «riconciliazione» con l’Autorità nazionale palestinese, cioè la consegna della Striscia ad Abu Mazen e il disarmo delle milizie. Su questo punto la mediazione egiziana è in stallo dall’autunno dello scorso anno, quando è stato raggiunto un accordo quadro per la formazione di un governo di unità nazionale guidato dal premier Rami Hamdallah.

La morsa Israele-Egitto
Hamas ha accettato anche perché la morsa Israele-Egitto-Usa l’ha messa con le spalle al muro. Il Cairo ha chiuso il valico di Rafah e ormai nella Striscia mancano anche le bombole di gas che servono per cucinare. Pochi giorni fa il trio di mediatori formato da Jared Kushner, Jason Greenblatt e l’ambasciatore David Friedman ha dato un ultimatum in codice con una lettera sul «Washington Post»: o Hamas accetta la riconciliazione, nel qual caso ci sarà la ricostruzione di Gaza e massicci aiuti umanitari, o perderà ogni copertura e Israele avrà mano libera. Netanyahu e i suoi ministri hanno cominciato una raffica di visite al confine. Il titolare della Difesa Avigdor Lieberman ha minacciato «una guerra peggiore che nel 2014» se non fossero cessati i lanci di aquiloni-molotov e razzi. Un’ultima pressione per indurre Hamas a quella che assomiglia a una resa. La leadership politica sembra disposta ad accettare. L’ala militare no.

 

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