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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2018 Israele: ritratto di un Paese felice, nonostante terrorismo e pressione internazionale
Commento di Rolla Scolari

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2018
Pagina: 25
Autore: Rolla Scolari
Titolo: «Israele felice nonostante tutto: per l'abbondanza di significato»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2018, a pag.25, con il titolo "Israele felice nonostante tutto: per l'abbondanza di significato" l'analisi di Rolla Scolari.

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Il conflitto israelo-palestinese non trova soluzione da 70 anni, come provano le ricorrenti violenze lungo il reticolato che separa Gaza e Israele, mentre nel Nord, sul confine con la Siria in guerra, sono più recenti disequilibri a tenere alta la tensione con il rafforzarsi dell’Iran atomico. Nel vicino Sud del Libano, Hezbollah rappresenta una costante minaccia per Israele.

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La copertina (Rubbettino ed.)


Come è possibile che un Paese da decenni anni nel mezzo di questa instabilità si trovi all’undicesimo posto nella lista del World Happiness Report, vicino a Costa Rica e Finlandia? Che sia quinto tra i Paesi dell’Ocse per soddisfazione dello stile vita, prima di Gran Bretagna e Stati Uniti? «Come può essere così?» per un Paese che non vive soltanto una realtà di guerra e terrorismo, ma anche di «governi instabili, corruzione, abuso di potere, condanna internazionale, servizio militare obbligatorio, alte tasse, mancanza di alloggi a prezzi accessibili, scuole affollate, immigrazione massiccia», è la domanda cui cerca risposta Giulio Meotti, giornalista del Foglio, nel suo Israele. Ultimo Stato europeo (Rubbettino, pp. 169, € 13).

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«L’origine paradossale della felicità israeliana», scrive, è forse spiegata da uno studio del Jewish People Policy Institute: «Risiede in un modello culturale opposto a quello ormai in voga in Occidente. Questo studio ha rivelato che l’83% dei cittadini ebrei di Israele considera la propria nazionalità “significativa” per l’identità. L’80% dice che la cultura ebraica è “significativa”. Più dei due terzi (69%) cita la tradizione ebraica come importante. Tutti questi fattori rafforzano la ragion d’essere dello Stato ebraico».

Ciò che rende «dannatamente» felici gli israeliani, spiega Meotti, scarseggia oggi all’Occidente: il significato. Per gli ebrei, Israele non è un posto qualsiasi in cui vivere, è l’unico luogo possibile. È in questa «abbondanza di significato» che per l’autore Israele diventa lezione per un Occidente che «sta attraversando un periodo di immensa confusione causata da una sorta di sfiducia nella nostra identità: il politicamente corretto, il multiculturalismo, un floscio secolarismo che si inginocchia di fronte a islamisti che promuovono la più fanatica incarnazione della fede. L’Occidente è quello che è grazie alle sue radici bibliche. Se l’elemento ebraico di quelle radici è rovesciato e Israele è perso, allora anche noi siamo persi».

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