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La Stampa Rassegna Stampa
16.07.2018 Roberto Fico: il Presidente della Camera a Bruxelles si occupa di esteri. Impeachment?
In un paese serio sarebbe d'aobbligo. Cronaca di Ilario Lombardo

Testata: La Stampa
Data: 16 luglio 2018
Pagina: 6
Autore: Ilario Lombardo
Titolo: «Conte punta a patti bilaterali. Fico rilancia ed evoca sanzioni»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 16/07/2018, pag.6, con il titolo "Conte punta a patti bilaterali. Fico rilancia ed evoca sanzioni" la cronaca di Ilario Lombardo.

Roberto Fico è andato a Bruxelles nelle vesti di Presidente della Camera. E' nelle sue prerogative intervenire in politica estera?
In un Paese serio il comportamento del Presidente della Camera provocherebbe subito una richiesta di impeachment, con conseguenti dimissioni. Questo in un Paese serio dove l'opposizione fa il proprio mestiere. L'Italia lo è ancora da quando al governo siedono i 5 stelle?

Ecco l'articolo:

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Ilario Lombardo

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Roberto Fico

Non è per niente facile essere Giuseppe Conte. Essere cioè un premier costretto a barcamenarsi tra gli equilibri di governo, dove siede un ministro dell’Interno che guarda con favore ai Paesi del patto di Visegrad, e le esigenze nazionali tante volte espresse dal presidente del Consiglio, che cozzano contro le politiche scelte da quegli stessi Paesi.

E così Conte che fa, di fronte al primo ministro ceco Andrej Babis che alla lettera inviata a tutti i 27 leader dell’Ue dal premier italiano risponde che redistribuire i migranti come chiede Roma è una strada «per l’inferno»? Tace. Conte preferisce concentrarsi sulle buone notizie: prima Malta e Francia, poi la Germania, infine il Portogallo e la Spagna acconsentono a prendersi una quota degli immigrati bloccati sulle navi ferme di fronte a Pozzallo. Conte tace come tace Matteo Salvini, che con Babis non mostra la stessa solerzia avuta nel botta e risposta con il premier maltese Joseph Muscat, offeso, come ha avuto modo di dire al presidente del Consiglio, dai continui post sui social del ministro dell’Interno italiano.

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Nonostante gli interessi contrastanti, Salvini continua a giocare di sponda con i partner dell’Est, un tassello fondamentale nel progetto di una nuova egemonia europea, dove l’obiettivo sul lungo termine è puntare a zero immigrazione o frontiere chiuse. È questo il disegno che unisce Visegrad alla Lega di Salvini e agli altri sovranisti d’Europa. Il ragionamento è semplice: se non entra nessuno non ci sarà bisogno di parlare di redistribuzione e di solidarietà interna all’Ue. Se invece se ne parla, si dà per scontato, secondo Salvini, che i flussi d’immigrati dal Mediterraneo continueranno e sarà l’Italia la prima a doversene fare carico.

La strategia del premier
Con un occhio di riguardo verso Salvini, ma consapevole che proprio i toni del leghista non hanno portato grandi risultati, Conte evita di inscenare un corpo a corpo con un altro leader europeo. Ai muscoli mostrati sui social preferisce la mediazione, la politica, il dialogo diretto. Il premier si gode il successo di aver convinto altri Paesi a farsi carico dei migranti e vuole trasformare questo precedente in metodo. Sa che dalla gabbia delle regole di Dublino non se ne esce e allora, con spirito più pragmatico, segue una scorciatoia. Da Chigi filtra che da ora in poi si lavorerà in «un’ottica europea multilivello», l’unica possibile secondo Conte e in grado di recepire i principi di responsabilità reciproca formalizzati al Consiglio europeo di venti giorni fa. Per costruire «l’Europa solidale» il premier punta ad accordi bilaterali, che di volta in volta confermino quei principi e sgravino l’Italia dal peso dell’accoglienza. Con chi ci sta: difficilmente con Visegrad.

La disponibilità della Germania, fanno sapere fonti di Palazzo Chigi, non era così scontata. Eppure, spiegano, Conte è stato chiaro e ha fatto sapere alla cancelliera Angela Merkel che l’Italia avrebbe fatto sbarramento ai movimenti secondari dei richiedenti asilo, che avevano fatto domanda qui e poi si erano spostati in Germania. È un nodo che Conte ha affrontato oscillando spesso da posizioni spontaneamente più soft e aperturiste a una chiusura netta, che sa tanto di pegno da pagare alla linea dura di Salvini. In tutta l’area della maggioranza di governo sono solo in due a far sentire la propria voce contro il premier ceco.

L’imbarazzo dei grillini
Il primo è il sottosegretario agli Esteri, Manlio di Stefano: «Forse non ha ancora colto il senso di cosa significhi far parte dell’Unione. Non ci si può riempire le mani quando si tratta di beneficiare economicamente dall’Europa e lavarsele quando ci sono problemi da affrontare a viso aperto. Il premier Babis e i Paesi Visegrad, devono seguire l’esempio. Altrimenti ripensino seriamente la loro funzione all’interno dell’Ue». Ma è il presidente della Camera, Roberto Fico, da sempre contraltare di Salvini in tema di migranti, a rispolverare la linea del M5S, sovrastata dai tweet del titolare dell’Interno: «La strada verso l’inferno è non saper accogliere tutti insieme in un’ottica di solidarietà. Ribadisco che chi non accetta quote va sanzionato pesantemente». Fico evoca la procedura di infrazione che già un anno fa era stata sventolata dalla commissione Ue contro il blocco dell’Est. E tanto per far capire che il messaggio è diretto all’amico italiano di Visegrad, il presidente della Camera risponde così a chi su Twitter gli faceva notare che è Salvini, alleato con il M5S, il punto di riferimento di Polonia, Repubblica Ceca e Ungheria: quei Paesi «sono senza dubbio parte del problema».

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direttore@lastampa.it

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