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La Stampa Rassegna Stampa
24.06.2018 Tel Aviv: ecco come il sindaco difende la democrazia
Commento di Elena Loewenthal

Testata: La Stampa
Data: 24 giugno 2018
Pagina: 15
Autore: Elena Loewenthal
Titolo: «'Donne e uomini divisi in piazza' no del sindaco agli ortodossi»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 24/06/2018, a pag.15, con il titolo "'Donne e uomini divisi in piazza' no del sindaco agli ortodossi", il commento di Elena Loewenthal.

a destra: Piazza Rabin, Tel Aviv

Bene ha fatto Elena Loewenthal a riportare la decisione del sindaco di Tel Aviv, Ron Huldai, a non concedere al movimento Lubavitch l'uso di Piazza Rabin dopo aver visto  il programma della cerimonia in ricordo del rabbino americano Schneerson, dato che  prevedeva  la separazione tra uomini e donne, queste ultime racchiuse in una area separata e chiusa.
Israele protegge ogni forma di libertà religiosa, a condizione che non violi le leggi democratiche dello Stato. Un luogo pubblico ubbidisce alle leggi dello Stato, che non prevedono alcuna segregazione fra uomini e donne nei luoghi pubblici.

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Rav Schmeerson             Ron Huldai, sindaco di Tel Aviv

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Elena Loewenthal

Piazza Rabin è il grande cuore di Tel Aviv. Si chiamava piazza “Re d’Israele” prima del 4 Novembre 1995, quando qui si consumò il terribile assassinio del Primo Ministro per mano di un fanatico ebreo. Qui di sera il palazzo del Municipio si tinge a seconda delle occasioni: il due di giugno prende il nostro tricolore, ma nel novembre del 2015, all’indomani della strage del Bataclan, divenne la bandiera francese. In mancanza di ricorrenze, si può usare come schermo gigante per giocare a Tetris. Nella piazza antistante, forse la più grande di Israele, ci sono spesso grandi manifestazioni di massa. Ultimamente ha cantato qui Netta, reduce dalla vittoria a Eurovision. La polemica In questi giorni piazza Rabin è al centro di una polemica che sta coinvolgendo il Paese e non poca opinione pubblica ebraica nel mondo. Due blocchi in opposizione frontale, per un dibattito che va ben al di là della circostanza specifica: il comune di Tel Aviv, ma soprattutto il suo attivissimo sindaco Ron Huldai – la cui famiglia ha preso il cognome dal kibbutz Hulda da cui è originaria, baluardo del socialismo collettivista sionista in cui il sindaco è cresciuto insieme, fra gli altri, anche ad Amos Oz – non hanno concesso la piazza per una manifestazione organizzata dalla comunità ortodossa dei Lubatvitch. Che per festeggiare come ogni anno il loro “Messiah in the Square” – un’immensa riunione in memoria del Rebbe Menachem Mendel Schneerson, mancato nel 1994 – avevano chiesto la pubblica piazza con la condizione di porvi una divisione per separare gli uomini dalle donne. Di imporre cioè alle donne di sedersi in un’area separata e chiusa, per assistere all’evento intitolato quest’anno “Fede, Gioia, Redenzione”. Per l’ebraismo ortodosso, infatti, la mehitzah, la separazione fisica fra i sessi, è un imperativo in ogni occasione collettiva, lieta e non: non a caso ai matrimoni ortodossi si vedono gli uomini che ballano fra di loro, non con le donne. «In nessun evento pubblico è ammessa una segregazione di genere» ha annunciato il Sindaco, spiegando che a questo proposito la comunità Lubavitch è stata irremovibile. «Ma come» si domandano indignati gli ebrei osservanti tanto in Israele quanto in Diaspora, «proprio a Tel Aviv che appena qualche giorno fa era invasa dal gay pride? Dove sta la libertà? Questa sì che è emarginazione!». Ma Tel Aviv e il suo sindaco ultra-liberal non ammettono deroghe proprio alla libertà di essere quello che si è senza dover scendere a patti con la delimitazione del proprio spazio fisico e mentale. Con il risultato di indebolire l’immagine di Tel Aviv come città aperta a tutti.

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direttore@lastampa.it

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