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La Stampa Rassegna Stampa
05.06.2018 Giordania: Dopo sei giorni di proteste si dimette il premier Mulki
Commento di Giordano Stabile

Testata: La Stampa
Data: 05 giugno 2018
Pagina: 14
Autore: Giordano Stabile
Titolo: «Dopo sei giorni di proteste si dimette il premier Mulki»

Riprendiamo dalla STAMPA di oggi, 05/06/2018, a pag. 14, con il titolo "Dopo sei giorni di proteste si dimette il premier Mulki", il commento di Giordano Stabile.

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Giordano Stabile

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Le proteste ad Amman, in Giordania

Le proteste in Giordania fanno cadere la prima testa, quella del primo ministro, e Re Abdullah interviene di persona per placare la rabbia scatenata dalle misure di austerità imposte dal Fondo monetario internazionale. Ieri il sovrano ha “accettato” le dimissioni del premier Hani Mulki e ha affidato l’incarico di formare un nuovo governo al ministro dell’Istruzione, Omar al-Razzaz, più propenso ai compromessi. Abdullah ha anche deciso di cancellare il prossimo viaggio all’estero, di fronte alla peggiore crisi nei suoi 19 anni di regno. In Giordania il re ha poteri molto estesi, può fare e disfare i governi e le leggi, e gode dell’immenso prestigio di essere un discendente della stessa tribù del Profeta. Il siluramento del primo ministro era nell’aria dopo che il principale quotidiano “Al-Rai” aveva riportato alcune frasi del sovrano che giudicava «ingiusto far pagare le conseguenze delle riforme soltanto ai cittadini». Di fronte alle 200mila persone scese in piazza tra sabato e domenica al grido «non ci piegheremo mai al Fondo monetario», un segnale andava dato. Anche perché è la classe media a scendere in piazza, e non le masse manovrate dai Fratelli musulmani nei periodi di scontento, e questo è più preoccupante per la tenuta delle istituzioni.
Le manifestazioni sono continuate anche ieri e domani è previsto uno sciopero generale indetto da 33 sindacati. Impiegati e piccoli imprenditori si attendono ora una retromarcia sulle riforme. Alla guida del governo dal maggio 2016, il premier era riuscito a ottenere prestiti per 723 milioni di dollari in cambio di un aggiustamento delle finanze pubbliche. Gli spazi di manovra sono stretti: in cambio delle linee di credito del Fondo monetario il governo si è impegnato ad adottare riforme strutturali e a ridurre il debito pubblico dal 94 per cento del Pil del 2015 al 77% entro il 2021.

Alternative difficili
Il nuovo premier ha lavorato alla Banca Mondiale e fa parte della stessa generazione di tecnocrati salita al potere con il giovane re. Sarà difficile trovare alternative all’abolizione dei prezzi calmierati e l’imposizione di tasse su 165 prodotti, compresi carburanti, elettricità e acqua, che hanno eroso il potere d’acquisto delle classi salariate, come pure all’aumento delle tasse alle imprese dal 20 al 40 per cento. Il primo obiettivo sembra quello di passare la fase critica del Ramadan, che trasforma le passeggiate del dopo iftar in altrettante marce di protesta.

 

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